Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19282 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. I, 07/07/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 07/07/2021), n.19282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25455/2015 proposto da:

Fiere Internazionali di Bologna S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

delle Quattro Fontane n. 161, presso lo studio dell’avvocato Ricci

Sante, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Anglani

Angelo, Toffoletto Alberto, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

H.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Tintoretto n.

88, presso lo studio dell’avvocato Miani Giuseppe, rappresentato e

difeso dagli avvocati Conte Riccardo, Olivetti Elena, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e

L.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3186/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 21/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2021 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 3186/2015, depositata in data 21/7/2015, ha respinto l’impugnazione proposta avverso il lodo arbitrale, reso, in data 21/12/2009, giudizio arbitrale avviato da H.R. per ottenere la declaratoria di risoluzione di un contratto, denominato “(OMISSIS)”, stipulato in data 28/6/2006, tra Fiere Internazionali di Bologna spa (di seguito, Bologna Fiere), L.R. e H.P. – avente ad oggetto la realizzazione di un progetto, della durata di alcuni anni, relativo alla creazione di una rassegna artistica da tenersi a (OMISSIS) denominata “(OMISSIS)”, nonchè l’impegno ad attribuire a H. sia una quota di partecipazione pari al 15% del capitale sociale di una nuova società, costituenda tra le tre parti contrattuali, che avrebbe gestito le manifestazioni (OMISSIS), sia il ruolo di Advisor Board nella suddetta società, – per inadempimento di Bologna Fiere, e la condanna di detta società al risarcimento dei danni, con domanda riconvenzionale della società Bologna Fiere di risoluzione dell’accordo, per inadempimento dello H., e di risarcimento danni.

L’arbitro, per quanto qui ancora interessa, aveva dichiarato risolto il contratto per inadempimento della Bologna Fiere, condannando quest’ultima al pagamento a H. della somma complessiva di Euro 3.694.278,00, a titolo di risarcimento del danno per lucro cessante e compenso equitativo per il valore della sua partecipazione azionaria nella Newco.

In particolare, i giudici di merito hanno ritenuto che: a) il vizio di nullità, ex art. 829 c.p.c., n. 4, per ultrapetizione o mancata corrispondenza tra giudicato ed oggetto del patto compromissorio, era infondato, avendo l’Arbitro ritenuto, nell’ambito della valutazione delle conseguenze risarcitorie inerenti l’esecuzione del contratto e collegate alla violazione di obblighi di ritenzione inerenti ad un complesso rapporto di collaborazione e di sottintesa fiducia reciproca, quale quello instaurato tramite l’Accordo in oggetto, contrattualmente rilevante il comportamento tenuto da Bologna Fiere, per non avere difeso il proprio direttore artistico H. dal discredito pubblico determinato, all’interno della manifestazione di (OMISSIS), da altro gallerista, ammesso alla Fiera di (OMISSIS) dalla stessa Bologna Fiere, N.E. (il quale aveva, falsamente, accusato l’ H. di avere utilizzato il suo ruolo, di curatore artistico della manifestazione predetta, per interessi personali), causa questa della esclusione del primo dall’evento (OMISSIS) e da ogni altra manifestazione di arte contemporanea; b) del pari, insussistente il vizio di nullità, ex art. 829 c.p.c., n. 4, per eccesso di potere, violazione del contraddittorio e dell’ordine pubblico processuale, per avere l’Arbitro “inventato obblighi contrattali ed inadempimenti imputabili a Bologna Fiere” e deciso secondo equità, discostandosi dai principi di dritto, avendo la società impugnante, invece, confuso la parte della decisione concernente la determinazione del danno, svolta secondo i consueti criteri equitativi, con quella riguardante la responsabilità contrattuale, svolta sulla base dei principi di diritto relativi all’ampiezza degli obblighi di protezione in ambito contrattuale; c) il vizio di motivazione, ex art. 829 c.p.c., n. 5 – per avere l’Arbitro “stravolto” il contenuto di una lettera, del novembre 2007, con cui gli organizzatori della manifestazione (OMISSIS) comunicavano a H. l’impossibilità di farlo partecipare alla fiera – era infondato, atteso che la motivazione del lodo era coerente e puntuale, avendo l’Arbitro ritenuto rilevante, ai fini risarcitori, la condotta, nel settembre/ottobre 2007, “anteriore” quindi alla lettera suddetta, di Bologna Fiere, dominus dell’evento di (OMISSIS) e controparte dello H. nel contratto di collaborazione in oggetto, la quale aveva “alimentato” gli addebiti mossi dal gallerista N. “con la sospensione di H.P. dalle funzioni di una posizione rilevante a lui assegnata nell’ambito della fiera di (OMISSIS)”, in un contesto “ristretto e sensibile ai rumors come quello del mercato dell’arte”; d) anche la dedotta nullità per violazione del principio del contraddittorio, ex art. 829 c.p.c., n. 7, era infondata, considerato che le parti non avevano scelto di applicare all’arbitrato le norme processuali fissate nel codice di rito per l’audizione delle testimonianze, che tale inosservanza non era stata eccepita nel corso dell’istruttoria dinanzi all’arbitro e che la parte impugnante aveva avuto il medesimo spazio difensivo in sede istruttoria.

Avverso la suddetta pronuncia, notificata il 23/7/2015, la Fiere Internazionali di Bologna spa propone ricorso per cassazione, notificato il 21-23/10/2015, affidato a cinque motivi, nei confronti di H.P. (che resiste con controricorso) e di L.R. (che non svolge difese; vi è notifica alla persona, in Svizzera, in data 23/10/2015-16/11/2015, essendo il medesimo rimasto contumace nel giudizio dinanzi alla Corte d’appello). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., artt. 101,244,253,816 bis e 829 c.p.c., in relazione alla dedotta violazione dei principi di difesa e del contraddittorio nel giudizio arbitrale, operanti anche prima della Riforma 2006, per mancata articolazione della prova testimoniale in capitoli separati e specifici, ex art. 244 c.p.c., essendo stata la relativa prova ammessa genericamente, con riferimento ad alcuni documenti prodotti in giudizio, e, in sede di assunzione, essendosi consentito ai testimoni di esprimere mere valutazioni, in violazione dell’art. 253 c.p.c., nonchè per l’attribuzione, da parte dell’Arbitro, di valenza di fatto notorio a mere dicerie, la liquidazione equitativa del danno, in difetto di domanda dello H., l’alterazione delle regole di riparto degli oneri probatori tra le parti, ed essendo stata la questione della violazione delle norme processuali pure dedotta nel giudizio arbitrale, ma avendo l’Arbitro ritenuto che le norme processuali non fossero applicabili trattandosi di arbitrato internazionale, mentre la Corte di merito avrebbe negato l’applicabilità delle norme sul contraddittorio, stante la volontà espressa dalle parti, nell’ambito dell’autonomia privata, sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi, in relazione alle contestazioni mosse da Bologna Fiere sulla conduzione dell’istruttoria in sede arbitrale; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’interpretazione, da parte dell’Arbitro ma condivisa dalle Corte d’appello, della comunicazione del 6/11/2007 di (OMISSIS), a mezzo della quale il comitato organizzatore di tale manifestazione si limitava comunicare all’ H. di non poterlo accogliere per mancanza di spazi espositivi disponibili, nonchè del suo collegamento, sotto il profilo causale, alla successiva sospensione dall’incarico di direttore artistico della manifestazione (OMISSIS), comunicata il 16/1/2008 da Bologna Fiere a H., ritenuto unico evento imputabile alla Bologna Fiere causativo del danno; c) con il terzo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, stante l’omessa ed illogica motivazione o la motivazione apparente in ordine ai rilievi mossi dall’impugnante Bologna Fiere, di merito, sul fatto che l’Arbitro avesse travalicato il proprio mandato, decidendo non secondo diritto ma nell’ambito dei principi di equità, nonchè avesse attribuito efficacia causale ad un evento successivo, la sospensione dall’incarico di curatore artistico della manifestazione (OMISSIS), nel gennaio 2008, rispetto ad evento anteriore, l’esclusione dello H., ad opera di soggetti terzi rispetto a Bologna Fiere, dall’evento (OMISSIS), nel novembre 2007, o processuali; d) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375,1223 c.c., in relazione al rigetto del vizio di ultrapetizione, per l’avere l’Arbitro, a fronte di una domanda di accertamento della responsabilità contrattuale di Bologna Fiere “per mancata disclosure dei dati contabili”, come da obbligo assunto nell’accordo denominato “(OMISSIS)”, delineato una responsabilità contrattuale di diversa specie, “fraintendendo” l’effettiva portata delle doglianze di H., sulla base di un asserito “obbligo di protezione” dell’ H., discendente dal principio generale di buona fede, ex art. 1175 c.c., ma intesa come “salvaguardia della posizione della controparte nella società” erga omnes, nel mercato dell’arte, e comunque non attinente all’espletamento dell’attività rientrante nel programma della rassegna (OMISSIS) del 2008, imputando inoltre alla Bologna Fiere una condotta omissiva, senza verificare l’esistenza di un danno, del nesso di causalità e della prevedibilità dell’evento, in violazione delle norme sulla responsabilità contrattuale; e) con il quinto motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi, rappresentati dall’essere intervenuta la sospensione dello H. dalla Fiera di (OMISSIS), nel gennaio 2008, quando nel mercato dell’arte soggetti terzi rispetto a Bologna Fiere (il gallerista parigino N., come da sue dichiarazioni rese in atti, con le quali aveva accusato lo H. di sfruttare gli incarichi conferitigli, anche nell’ambito dell’evento (OMISSIS), per interessi lucrativi personali) avevano già animato polemiche, nella seconda metà del 2007, sulla condotta dello H., con una conseguente reputazione negativa, nonchè dall’essere intervenuta la sospensione dello H. dall’evento (OMISSIS), anteriormente, nel novembre 2007, come da documenti in atti, sulla base di una decisione del Comitato di (OMISSIS), e dal fatto che lo H. non aveva mai fornito chiarimenti circa la coincidenza tra le opere di artisti da lui acquistati in veste di mercante d’arte ed artisti da lui esposti, in qualità di curatore della rassegna (OMISSIS) 2007, presenti nel catalogo della rassegna.

2. La prima censura è infondata.

La Corte d’appello ha ritenuto infondato il vizio dedotto dall’impugnante Bologna Fiere di nullità del lodo per violazione dell’art. 829 c.p.c., nn. 7 e 9, rilevando che le parti non avevano scelto l’osservanza rigorosa delle norme processuali e che comunque il principio del contraddittorio e della parità di trattamento era stato rispettato, avendo avuto Bologna Fiere il medesimo spazio difensivo in sede istruttoria.

Ora, quando non siano state fissate le regole procedimentali, gli arbitri del giudizio arbitrale possono regolare il procedimento nel modo ritenuto più opportuno purchè, come espressamente stabilito dall’art. 816 c.c., prima della Novella 2006, ed ora dall’art. 816 bis c.p.c., sia rispettato il principio del contraddittorio e, perciò, consentito alle parti il dialettico svolgimento delle rispettive deduzioni e controdeduzioni, nonchè la collaborazione nell’accertamento dei fatti mediante il reperimento delle prove e la confutazione di quelle avversarie, cosi da contribuire al convincimento del giudice non solo nel momento iniziale del processo, ma anche nel corso del procedimento (Cass. 11936/2011).

Questa Corte ha poi chiarito che “in tema di arbitrato, qualora le parti non abbiano determinato, nel compromesso o nella clausola compromissoria, le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l’articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno, anche discostandosi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, con l’unico limite del rispetto dell’inderogabile principio del contraddittorio, posto dall’art. 101 c.p.c., il quale, tuttavia, va opportunamente adattato al giudizio arbitrale, nel senso che deve essere offerta alle parti, al fine di consentire loro un’adeguata attività difensiva, la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di esaminare ed analizzare le prove e le risultanze del processo, anche dopo il compimento dell’istruttoria e fino al momento della chiusura della trattazione, nonchè di presentare memorie e repliche e conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse” (conf. Cass. 8331/2018; 5243/2019).

Va anche osservato che, come più volte statuito da questa Corte, nell’arbitrato rituale, ove le parti non abbiano vincolato gli arbitri all’osservanza delle norme del codice di rito, è consentito alle medesime di modificare ed ampliare le iniziali domande, senza che trovino applicazione le preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c., salvo il rispetto del principio del contraddittorio (Cass. 28189/2020; Cass. n. 2717/2007; e Cass. n. 8937/2000).

Ora, tali principi sono stati osservati dalla Corte d’appello, la quale ha rilevato che era corretta la decisione dell’Arbitro sulle forme del processo in assenza di diverso accordo delle parti prima del processo, alla luce della libertà delle forme che caratterizza quindi il giudizio arbitrale, e che il principio del contraddittorio era stato pienamente rispettato nel giudizio arbitrale, con pari trattamento delle parti, anzitutto nella formulazione delle istanze istruttorie e poi in sede di assunzione delle prove anche testimoniali.

Peraltro, il motivo presenta anche profili di inammissibilità in quanto non si indicano specifici punti dei verbali in cui il diritto d difesa della parte Bologna Fiere sarebbe stato leso.

3. La seconda censura è inammissibile.

La valutazione dei fatti e delle prove, istituzionalmente rimessa al giudice di merito, non è censurabile in sede di controllo di legittimità (qual è quello esercitato, nella fase rescindente, dal giudice dell’impugnazione per nullità di un lodo arbitrale ex art. 829 c.p.c.), salvo che tale valutazione non sia logicamente e congruamente motivata. In forza dello stesso principio, come chiarito da questa Corte, il controllo di legittimità non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari, ma solo la sua congruenza dal punto di vista della logica e del rispetto dei principi di diritto che regolano tale mezzo di prova (Cass. 12652/1997).

In tema di prova presuntiva, in forza dello stesso principio, il controllo di legittimità, cui va assimilato quello esercitato, nella fase rescindente, dal giudice dell’impugnazione per nullità di un lodo arbitrale ex art. 829 c.p.c., non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari, ma solo la sua congruenza dal punto di vista della logica e del rispetto dei principi di diritto che regolano tale mezzo di prova (Cass. n. 5139/1980).

Ora, sebbene nel motivo non sia contestato espressamente un vizio di motivazione illogica e contraddittoria, deve rilevarsi che alcuna contraddittorietà o illogicità è da ravvisarsi nella motivazione della Corte di merito, laddove si è ritenuto corretto e logicamente articolato l’iter argomentativo della decisione arbitrale, nella parte in cui si era dato rilievo causale al silenzio, nel periodo settembre – dicembre 2007, di Bologna Fiere, controparte di H. nel contratto di collaborazione in oggetto e che disponeva della documentazione contabile per una immediata e pubblica smentita, di fronte alle gravi accuse (di essersi appropriato dei proventi economici della Fiera) mosse dal concorrente N. allo H., nella seconda metà del 2007, che ne avevano comportato l’esclusione dall’evento (OMISSIS) 2007 e 2008, comunicatagli nel novembre 2007 dal Comitato organizzatore di (OMISSIS), cui si poteva poi ricollegare la successiva sospensione dall’incarico svolto da H. nella manifestazione (OMISSIS) 2008.

4. La terza e la quarta doglianza, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono infondate.

Premesso che il fatto che la difesa dello H. non avesse mai invocato la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede da parte di Bologna Fiere ma solo l’obbligo di comunicazione dei dati contabili è rimasta mera affermazione generica della ricorrente, smentita dal controricorrente, la Corte d’appello ha ritenuto che l’Arbitro abbia motivatamente liquidato il risarcimento del danno sul presupposto dell’inadempimento di Bologna Fiere agli obblighi contrattuali di buona fede, diligenza e correttezza, nell’ambito del complesso rapporto di collaborazione e fiducia reciproca, per non avere adeguatamente difeso, in un contesto quale il mercato dell’arte, estremamente ristretto e sensibile, il proprio direttore artistico per l’evento (OMISSIS) dal discredito pubblico determinato dalle false accuse del concorrente gallerista N., pure presente all’interno della manifestazione (OMISSIS), la cui gestione era oggetto dell’Accordo inter partes del 2006. In ordine poi al profilo relativo al giudizio espresso dall’arbitro secondo equità e non secondo diritto, la Corte d’appello ha rilevato che l’impugnante confondeva il punto della decisione arbitrale relativo alla determinazione del danno, liquidato in via equitativa, con quello attinente l’accertamento della responsabilità contrattuale di Bologna Fiere, svolto secondo diritto, sulla base delle domande e delle risultanze documentali testimoniali.

Ora va ribadito, in relazione ai limiti del controllo da parte del giudice dell’impugnazione sulla motivazione del lodo arbitrale, che il vizio di contraddittorietà della motivazione del loro arbitrale è deducibile con impugnazione per nullità solo quando si concreti in una inconciliabilità fra parti del dispositivo (art. 829 c.p.c., n. 4) ovvero in un contrasto fra parti della motivazione di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della “ratio decidendi”, traducendosi in sostanziale mancanza della motivazione stessa (art. 829 c.p.c., n. 5).

Ed in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, il giudice di legittimità non può esaminare direttamente la pronuncia arbitrale, ma solo la decisione emessa nel giudizio di impugnazione, per verificare se essa sia adeguatamente e correttamente motivata in relazione ai motivi di impugnazione del lodo, con la conseguenza che il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità della motivazione della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo (Cass. 7588/1999; Cass. 15057/2000; Cass. 11950/2003; Cass. 10809/2015; Cass. 25189/2017).

Come osservato dalle S.U. di questa Corte (Cass. S.U. 22232/2016) “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

In realtà, i motivi sottendono una censura di insufficienza motivazionale che non può essere più avanzata, in sede di legittimità, attesa la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione.

Quanto poi dedotto dalla ricorrente nel corpo del quarto motivo, non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicchè il riferimento alle norme in tema di responsabilità contrattuale e di obblighi di correttezza e buona fede appare palesemente inconferente, giacchè quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui l’Arbitro, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti.

5. Il quinto motivo è inammissibile.

Occorre premettere, sui vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile nella specie, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass. n. 23940/2017).

Ora, in ordine al vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio e che sia stato oggetto di discussione tra le parti, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”, cosicchè “il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extra testuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (SSUU n. 8053/2014).

Nella specie, la ricorrente non specifica quale sia il fatto storico, distinto dalla questione di diritto, il cui esame sarebbe stato effettivamente omesso dalla Corte d’appello e denuncia, invece, una insufficiente/contraddittoria motivazione.

Invero, i fatti allegati nel motivo sono stati tutti esaminati dalla Corte d’appello, vale a dire le polemiche insorte dopo le accuse pubblicamente espresse dal concorrente N., nella seconda metà del 2007, che riguardavano il ruolo di H. nella manifestazione (OMISSIS) ed il suo rapporto contrattuale con Bologna Fiere (asseritamente, per essersi il primo “appropriato” di più della metà dei proventi della Fiera), l’esclusione dello H. dall’evento (OMISSIS) edizione 2008, l’esclusione dello H. dalla fiera di (OMISSIS) del 2008.

Semmai la ricorrente si duole della non corretta interpretazione che di questi fatti è stata data dall’Arbitro, sull’assunto dell’asserita incongruenza cronologica tra l’esclusione dello H. da (OMISSIS) e la sospensione dello stesso dagli incarichi di (OMISSIS), motivazione, secondo la ricorrente, erroneamente confermata dalla Corte di merito in sede di impugnazione del lodo arbitrale.

Ma la sentenza della Corte d’appello risulta conforme al consolidato orientamento di questo giudice di legittimità secondo il quale, in tema di impugnazione del lodo arbitrale: 1) il giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale costituisce un giudizio a critica limitata, proponibile soltanto per determinati errores in procedendo specificamente previsti, nonchè per inosservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto nei limiti indicati dall’art. 829 c.p.c., trovando in esso applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi, in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di tale regola può consentire al giudice, e alla parte convenuta, di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dalla menzionata norma (cfr. Cass. n. 23675/2013, con principio estensibile anche agli arbitrati successivi al D.Lgs. n. 40 del 2006); 2) avuto riguardo alla giurisprudenza formatasi in relazione alla sanzione di nullità prevista dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4 (nel testo vigente anteriormente alla Novella n. 40/2006), per il lodo contenente disposizioni contraddittorie, sostanzialmente corrispondente al nuovo art. 829 c.p.c., n. 11, tale nullità, si è chiarito, non corrisponde a quella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma va intesa nel senso che detta contraddittorietà deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà interna tra le diverse parti della motivazione, non espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo, può assumere rilevanza, quale vizio del lodo, soltanto in quanto determini l’impossibilità assoluta di ricostruire l'”iter” logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale (Cass. 3768/2006; Cass. 11895/2014; Cass. 1258/2016); 3) il difetto di motivazione, quale vizio riconducibile al vecchio art. 829 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 823 c.p.c., n. 3, è stato ravvisato soltanto nell’ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della “ratio” della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un “iter” argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, sì da risolversi in una non motivazione (Cass. 12232/2018; Cass. 6986/2007).

Ora, la Corte distrettuale, in applicazione coerente dei principi espressi da questa Corte, ha esaminato le doglianze avanzate con il gravame, con le quali era stata denunciata la mancanza o contraddittorietà della motivazione, escludendone la ricorrenza all’esito di un richiamo alle argomentazioni svolte dall’arbitro.

Stante in effetti la tassatività dei motivi di impugnazione del lodo arbitrale per nullità ai sensi dell’art. 829 c.p.c., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, se una motivazione del lodo c’è, condivisibile o meno che sia, essa è intangibile, essendo l’impugnazione del lodo arbitrale per nullità un’impugnazione a critica ristretta.

La ricorrente si limita a contestare la motivazione adottata dalla Corte d’appello ma reitera la propria deduzione, di merito, in ordine al fatto da si sarebbe dato rilievo causale ad un fatto, l’unico imputabile a Bologna Fiere, la sospensione dello H. dalla manifestazione (OMISSIS) 2008 successivo agli eventi occorsi nel 2007.

Ora, tale deduzione oltre a non corrispondere alla motivazione della Corte d’appello, per quanto sopra esposto, neppure risponde ai motivi di nullità tassativamente indicati dall’art. 829 c.p.c., attenendo alla valutazione dei fatti e delle prove.

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

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