Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19282 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/08/2017, (ud. 05/04/2017, dep.02/08/2017),  n. 19282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28429/2013 proposto da:

N.G.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LEONARDO GREPPI 77, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

RUGGERO BIANCHI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PIETRO REFERZA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati DONATELLA MORAGGI,

MARIA LETIZIA NUNZI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 823/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 05/08/2013 R.G.N. 718/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, e ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONIO RUGGERO BIANCHI in proprio e per delega

Avvocato PIETRO REFERZA;

udito l’Avvocato DONATELLA MORAGGI.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 5 agosto 2013) respinge l’appello proposto da N.G.P. avverso la sentenza n. 158/2012 del Tribunale di Teramo, di rigetto della domanda della N. – ex segretaria comunale, transitata alle dipendenze dell’INAIL, con decorrenza 2 novembre 1998, per effetto della procedura di mobilità prevista dal D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, art. 18 – diretta ad ottenere l’inquadramento nel ruolo unico della dirigenza, a partire dall’i gennaio 2005, in applicazione della L. n. 311 del 2004.

La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:

a) alla ricorrente non è applicabile l’invocata normativa legislativa e quella della contrattazione collettiva in essa richiamata perchè al momento della loro rispettiva entrata in vigore il trasferimento della N. all’INAIL era da tempo concluso e definito sulla base della disciplina all’epoca vigente;

b) da ciò si desume che la ricorrente già da tempo di molto anteriore rispetto alla normativa richiamata in ricorso non era più segretaria comunale, ma dipendente dell’INAIL.

2. Il ricorso di N.G.P. domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato motivo; resiste, con controricorso, l’INAIL.

3. La causa, la cui discussione è stata originariamente fissata per l’udienza del 13 settembre 2016, è stata in quella sede rinviata a nuovo ruolo, in attesa del completamento del complesso processo di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, di cui alla Legge Delega 7 agosto 2015, n. 124, cui ha fatto espresso riferimento la sentenza delle Sezioni Unite 19 gennaio 2016, n. 784 e che, all’epoca, sembrava imminente.

4. All’udienza del 5 aprile 2017 la causa è stata ancora una volta rinviata a un nuovo ruolo, non essendo ancora intervenuto il suindicato completamento del complesso processo di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche.

5. Il 24 maggio 2017, il Collegio riconvocato nella medesima composizione, in assenza delle attese novità normative, nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo ha deciso la causa, come appresso indicato.

6. L’INAIL ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., in prossimità dell’udienza del 13 settembre 2016 e N.G.P. ha, a sua volta, depositato memoria in prossimità dell’udienza del 5 aprile 2017, chiedendo, fra l’altro, un ulteriore rinvio a nuovo ruolo “a data successiva all’emanazione del decreto legislativo”, di attuazione della delega in materia di dirigenza pubblica di cui alla L. 7 agosto 2015, n. 124, art. 11, comma 1 (c.d. riforma Madia), di cui la Corte costituzionale, con sentenza 25 novembre 2016, n. 251, ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi del ricorso.

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 48 e 49.

Si contesta l’interpretazione data dalla Corte aquilana alle disposizioni richiamate e si sottolinea che mentre il comma 48 cit. riguardava i segretari comunali che avevano ancora detta qualifica al momento dell’entrata in vigore della legge (1 gennaio 2005), invece il comma 49 sarebbe stato dettato per porre rimedio alla disparità di trattamento venutasi a creare con riguardo all’accesso alla dirigenza tra diverse categorie di segretari comunali, a seconda che la relativa procedura di mobilità verso altra Amministrazione si fosse svolta prima o dopo il 16 maggio 2001, data di entrata in vigore del CCNL di Comparto 1998-2001, il cui art. 32 prevedeva l’attribuibilità della qualifica dirigenziale ad alcune categorie di segretari comunali nelle quali era compresa anche la N., alla quale presso l’INAIL è stata attribuita la 9^ qualifica impiegatizia.

2. A tale ultimo proposito la ricorrente, nella memoria, per il caso in cui la prospettata interpretazione non venga condivisa dal Collegio, chiede a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale del citato art. 1, comma 49, per contrasto con l’art. 3 Cost., essendo priva di razionale giustificazione la disparità di trattamento ivi prevista tra dipendenti le cui situazioni erano sostanzialmente identiche.

2 – Esame delle censure.

3. Il motivo è infondato.

4. La questione controversa – riguardante l’interpretazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 48 e 49 e la relativa applicabilità anche alle procedure di mobilità già concluse alla data di entrata in vigore della medesima L. n. 311 del 2004 cit. – presentando il requisito di particolare importanza previsto dall’art. 374 c.p.c., comma 2, è stata recentemente decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenze n. 784, n. 785, n. 786, tutte del 3 novembre 2016).

4.1. Le Sezioni Unite, sulla base di un’approfondita ricostruzione del quadro normativo e contrattuale che ha regolato e regola le procedure di mobilità dei segretari comunali disciplinate, inizialmente, dal D.P.R. n. 465 del 1997, artt. 18 e 19 e successivamente dall’art. 32 del CCNL per i segretari comunali e provinciali 1998-2001, dalla L. 27 luglio 2004, n. 186 (che abrogò il D.P.R. n. 465 del 1997, art. 18), dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311 (interpretata autenticamente dalla L. n. 246 del 2005 – hanno ritenuto, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica e teleologica della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 49 – che disciplina la possibilità del reinquadramento e dell’accesso alla dirigenza a seguito del passaggio ad altra P.A. – che esso non si applica ai segretari comunali o provinciali trasferiti per effetto di procedure di mobilità già esaurite alla data di entrata in vigore della medesima L. n. 311 del 2004.

4.2. E’ stato così chiarito che la suddetta disposizione normativa si riferisce ai soli processi di mobilità eventuali e futuri, dovendosi ritenere che una diversa interpretazione sarebbe lesiva del principio costituzionale dell’accesso alla P.A. per concorso pubblico, applicabile anche alla dirigenza.

Tale circoscritto ambito di applicazione è stato ricavato, dalle Sezioni Unite, non solo da elementi testuali della disposizione normativa (quali: l’incipit del comma 49, che rinvia ai processi di mobilità disciplinati dal comma 48; lo stesso comma 48, collegato al blocco delle assunzioni previsto dal comma 47, che detta una disciplina derogatoria rispetto al CCNL di settore 1998-2001 che era rivolta al futuro, in quanto delimitata dalle regole che le Parti sociali, in sede di rinnovo del contratto collettivo, avrebbero voluto adottare; la previsione del limite del contingente di spesa contenuto nel comma 96, richiamato dal comma 49) ma altresì da una interpretazione sistematica e teleologica della normativa del 2004, da collocare nell’ambito di un graduale e costante processo di limitazione dell’accesso alla dirigenza delineato sia dal legislatore sia dalle Parti sociali.

4.3. A tale ultimo riguardo le Sezioni Unite hanno precisato che:

a) la regola dettata dal D.P.R. n. 465 del 1997, prevedeva – in caso di passaggio ad altra P.A. – l’attribuzione della qualifica di provenienza;

b) il CCNL 1998-2001 per i segretari comunali e provinciali ha, da una parte, rivisto il sistema di classificazione e, dall’altra, consentito l’accesso alla dirigenza solamente alle qualifiche più elevate;

c) la legge n. 186 del 2004 ha uniformato la mobilità dei segretari comunali e provinciali alla disciplina generale sulla mobilità dettata dal T.U. sul pubblico impiego (art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001);

d) la L. n. 311 del 2004, interpretata autenticamente dalla L. n. 246 del 2005, ha apportato ulteriori modifiche in senso restrittivo, prevedendo che, anche per i segretari comunali e provinciali delle qualifiche più elevate, l’accesso alla dirigenza non costituisse più la regola.

4.4. Di qui la conclusione che interpretare il comma 49 della L. n. 311 del 2004, art. 1, in maniera così estensiva da imporre una generalizzazione dell’accesso alla dirigenza sulla base dei due requisiti ivi previsti (servizio di segretario svolto per almeno tre anni ed esercizio dell’opzione per la mobilità prevista dal D.P.R. n. 465 del 1997) sarebbe fortemente contraddittorio rispetto all’evoluzione normativa e contrattuale riscontrata in materia di mobilità dei segretari comunali e provinciali.

Nè d’altra parte – anche a fronte della sussistenza di casi, seppur modesti, di procedure di mobilità in atto alla data dell’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004 – potrebbe correttamente invocarsi il principio di conservazione affermato dall’art. 1367 c.c., criterio sussidiario concernente l’interpretazione degli atti negoziali e non di quelli normativi.

5. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento giurisprudenziale espresso nelle decisioni sopra richiamate, che hanno ribadito le conclusioni alle quali questa Sezione era già pervenuta con le sentenze n. 165/2014, n. 1047/2014, n. 1324/2014, orientamento poi ribadito, fra l’altro, dalle recenti ordinanze n. 16521, n. 12035, n. 12034, n. 12033 e n. 7620 del 2016.

6. Le argomentazioni sviluppate dalle Sezioni Unite resistono alle difese svolte a corredo del motivo di censura che fanno principalmente leva sul dedotto carattere perequativo della disposizione contenuta nella L. n. n. 311 del 2004, richiamato art. 1, comma 49, che però non trova corrispondenza nelle ragioni sopra evidenziate.

7. D’altra parte, la questione di illegittimità costituzionale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 49, in riferimento all’art. 3 Cost., prospettata dalla ricorrente nella memoria è da considerare manifestamente infondata, oltre che per le ragioni già indicate dalle Sezioni Unite (vedi: punti 60-64 della sentenza n. 784/2016; punti 59-62 della sentenza n. 785/2016; punti 60-64 della sentenza n. 786/2016), per il principio costantemente affermato dalla Corte Costituzionale secondo cui “lo stesso naturale fluire del tempo è valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche” (vedi, fra le tante: Corte Cost. sentenze n. 254, n. 208 e n. 60 del 2014; n. 341 del 2007; ordinanze n. 25 del 2012; n. 224 del 2011; n. 61 del 2010; n. 170 del 2009; n. 212 e n. 77 del 2008), sicchè non è ipotizzabile una ingiustificata disparità di trattamento a fronte di una disciplina differenziata applicata alla stessa categoria di soggetti in momenti temporali diversi.

8. Ragioni analoghe portano ad escludere anche il contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della CEDU, giacchè – anche se in ipotesi si volesse prescindere dalla consueta applicazione, da parte della Corte EDU, della suddetta norma nelle sole ipotesi in cui vengano in rilievo altre norme sostanziali della Convenzione preposte a tutela dei diritti civili e politici dell’uomo e delle libertà fondamentali (fra le più recenti: Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo c. Italia, p. 54; 7 febbraio 2013, Fabris c. Francia, p. 47; 22 marzo 2012, Konstantin Markin c. Russia) – comunque va ricordato che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo è costante nell’affermare che una disparità di trattamento è discriminatoria solo qualora “manchi di una giustificazione oggettiva e ragionevole”, “quando non persegua un fine legittimo” ovvero quando non sussista “un rapporto di ragionevole proporzionalità tra i mezzi impiegati ed il fine perseguito” (vedi, per tutte: Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo c. Italia cit., p. 59; 25 ottobre 2005, Niedzwiecki c. Germania; 27 marzo 1998, Petrovic c. Austria, p. 30; 1° febbraio 2000, Mazurek c. Francia, p. 46 e 48).

Dette condizioni difettano nella specie perchè l’inquadramento della controricorrente è stato disposto nel rispetto della normativa all’epoca vigente, in relazione alla quale il diritto di opzione era stato esercitato, per cui nessuna compromissione dei diritti riconosciuti dalla CEDU – così come dalla nostra Costituzione – può essere ravvisata, posto che il trattamento più favorevole per gli appartenenti alla categoria, invocato quale termine di comparazione, è sopravvenuto in un momento in cui la procedura di mobilità dell’interessata si era conclusa, il che esclude ogni profilo discriminatorio della disciplina.

9. Neppure può trovare accoglimento la richiesta di un ulteriore rinvio della trattazione della causa in attesa del già prospettato processo in atto di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche (Legge Delega 7 agosto 2015, n. 124, non seguita dal decreto delegato sulla dirigenza; emendamenti allo schema di decreto legislativo di modifica al T.U. n. 165 del 2001), prevedente una rilevante riorganizzazione dell’Amministrazione statale centrale e periferica e, in particolare, interventi sia in materia di dirigenza pubblica sia sulla posizione dei segretari comunali e provinciali, con misure intese a definire la posizione dei segretari comunali interessati dal contenzioso in esame.

Infatti, le circostanze dedotte a sostegno della richiesta non fanno apparire certa nè imminente la risoluzione della questione, diversamente da quel che sostiene la controricorrente.

In particolare – pur dopo due rinvii a nuovo ruolo disposti da questa Corte quando il suddetto processo di riorganizzazione sembrava imminente, tanto che ad esso avevano fatto riferimento anche le Sezioni Unite nelle richiamate sentenze – il quadro normativo attualmente vigente è rimasto immutato e non offre elementi che possano incidere sull’interpretazione seguita dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, in quanto quello previsto – alla luce dei dettati principi di delega – è un intervento di modifica e rimodellazione di ampio respiro, che concerne tutti gli assetti del personale della P.A. (con eventuale delega a unificare, sopprimere ovvero istituire ruoli, gradi e qualifiche nonchè a rideterminare dotazioni organiche), secondo un criterio di semplificazione e di riconoscimento del merito e della professionalità.

10. Al riguardo giova pure ricordare che il principio della ragionevole durata del processo, che ha rilievo costituzionale (art. 111 Cost., comma 2, seconda parte), impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare attività processuali non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto del principio del contraddittorio, da garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a esplicare i propri effetti (vedi, per tutte: Cass. 1 marzo 2012, n. 3189 del 2012; Cass. 21 novembre 2012, n. 20422).

Ne consegue che al giudice è impedito di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio, imponendogli un particolare rigore nel bilanciamento delle opposte ragioni, soprattutto nel giudizio di cassazione, caratterizzato da impulso d’ufficio (vedi: sentenza n. 3189 del 2012 cit.), tanto più che, nella specie, già sono stati disposti ben due rinvii a nuovo ruolo proprio per attendere il completamento del complesso processo di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, di cui alla Legge Delega 7 agosto 2015, n. 124, che sembrava prossimo già a settembre 2016 e che ha subito un’ulteriore rallentamento dopo l’emanazione della sentenza 25 novembre 2016, n. 251 della Corte costituzionale.

3 – Conclusioni.

11. In sintesi, il ricorso deve essere respinto.

12. Le ragioni che hanno portato all’intervento delle Sezioni Unite, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione, dandosi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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