Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19281 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14393-2018 proposto da:

G.F., C.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

CARSO 14, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO STRAFFI,

rappresentati e difesi dagli avvocati RICCARDO GILARDONI, GIOVANNA

BERNAZZOLI;

– ricorrenti –

contro

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE CAGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2467/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.C. chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Firenze G.F. e C.L., nella loro qualità di agenti della Polizia Municipale di Firenze, chiedendo di accertare la falsità del verbale di accertamento n. (OMISSIS), redatto dai convenuti il 4 maggio 2000, a seguito di intervento in un sinistro stradale che aveva coinvolto il P. alla guida del suo ciclomotore.

Il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva dei verbalizzanti, in quanto non legittimati a contraddire nel giudizio di falso.

Condannava l’attore al pagamento delle spese di lite.

Il tribunale disponeva la prosecuzione del giudizio nei confronti del Comune di Firenze, ch’era stato chiamato in causa su istanza dei convenuti.

La Corte d’appello di Firenze riformava la sentenza, riconoscendo la legittimazione passiva dei verbalizzanti rispetto alla querela di falso, in applicazione del principio di Cass. n. 13190/2006.

Essa riconosceva che, nonostante il giudizio di falso si fosse concluso in modo favorevole per il P., sussisteva ugualmente l’interesse di lui all’impugnazione, in considerazione della condanna alle spese disposta a suo carico dalla sentenza di primo grado.

Per la cassazione della sentenza il G. e la C. hanno proposto ricorso, affidato a due motivi.

Il P. ha resistito con controricorso.

Il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione degli artt. 70,158 e 221 c.p.c., a causa del mancato intervento nel giudizio del pubblico ministero, che è obbligatorio nel giudizio di falso.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 105,221 c.p.c.

Si rimprovera alla corte d’appello di avere riconosciuto la legittimazione passiva dei verbalizzanti rispetto al giudizio di falso, che invece ha come solo legittimato passivo colui che potrebbe avvalersi del documento come mezzo di prova.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza del secondo motivo (manifestamente infondato il primo motivo), con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In vista dell’adunanza le parti hanno depositato memorie.

Il primo motivo è infondato.

Nei procedimenti in cui sia previsto l’intervento obbligatorio del P.M., la nullità derivante dalla sua omessa partecipazione al giudizio si converte in motivo di gravame ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c., che, tuttavia, può essere fatto valere solo dalla parte pubblica (a cui compete anche il corrispondente e specifico motivo di revocazione art. 397 c.p.c., n. 1), dovendosi escludere che sussista una concorrente legittimazione delle altre parti. (Cass. n. 16361/2014).

E’ fondato il secondo motivo.

Secondo il tradizionale orientamento di questa Suprema Corte la “querela di falso deve essere proposta soltanto contro chi voglia servirsi del documento impugnato, per fondarvi una domanda o un’eccezione e non anche contro coloro che non intendono concretamente avvalersene e neppure contro l’autore vero o presunto della falsificazione” (Cass. n. 330/1967; conf. n. 223/1967; n. 2070/1963; n. 3260/1971; n. 1275/1977).

La corte d’appello ha ritenuto di diversamente, riconoscendo tout coltri la legittimazione passiva dei verbalizzanti equivocando sul significato di quanto affermato da Cass. n. 13190/2006.

In quella occasione la Corte fu chiamata a pronunciare in un caso in cui la querela di falso era stata proposta in via principale avverso una relazione igienico sanitaria redatta da dipendenti Usl, al fine di fare accertare la non corrispondenza al vero di quanto attestato nella suddetta relazione. Al contempo, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio, era stato richiesto, con ulteriore domanda, il risarcimento del danno discendente dalla falsità accertata dell’atto.

Furono chiamati nel giudizio l’Usi e i verbalizzanti.

Contro la sentenza d’appello, con fermativa della sentenza di primo grado con cui la querela fu rigettata, la querelante ha proposto ricorso per cassazione, impugnando, fra l’altro, la statuizione con la quale la corte di merito aveva negato che i convenuti avessero interesse ad interloquire nel giudizio di falso.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 16361 del 2006 in esame, ha innanzitutto escluso che nel giudizio di falso possano proporsi altre domande, anche se dipendenti dalla domanda di accertamento della falsità del documento, argomentando in base all’autonomia del giudizio di falso ed all’efficacia erga onmes dell’accertamento della falsità.

Ha quindi rigettato il ricorso, correggendo la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.c., comma 2, in base al rilievo che l’efficacia erga omnes della querela non esclude che al relativo giudizio possano partecipare tutti coloro che da esso potrebbero subire in ipotesi qualche effetto, “non potendosi astrattamente negare l’interesse dei verbalizzanti a resistere sia alla querela di falso, il cui eventuale accoglimento avrebbe potuto costituire il presupposto su cui basare una possibile separata azione di danni nei loro confronti, sia alla stessa azione di risarcimento del danno, per sentirne dichiarare l’improponibilità”.

In tali affermazioni la corte di merito ha pensato di poter scorgere l’incondizionato riconoscimento della legittimazione passiva, rispetto alla querela, anche in capo a chi sia indicato quale autore materiale della falsità.

Nella memoria del controricorrente si sostiene che il principio affermato da Cass. n. 13190/2006 “impedisce soltanto di accogliere, nel medesimo giudizio di querela di falso, una domanda diversa rispetto a quella di querela, ma non esclude affatto l’interesse degli autori materiali della falsità a partecipare al giudizio per resistere alla querela, dal cui accoglimento potrebbe derivare una separata azione di risarcimento del danno nei loro confronti” (così testualmente la memoria del controricorrente pagine 3 e 4).

Tale interpretazione non può condividersi.

L’inciso di Cass. n. 13190 del 2006, espresso in termini di possibilità e in funzione di un’esigenza di tutela dei verbalizzanti, va al più considerato quale riconoscimento della possibilità che il pubblico ufficiale sia legittimato a intervenire in via adesiva nel giudizio di querela di falso (intervento peraltro già ammesso dalla risalente giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 4703/1958), mentre è certamente arbitrario ravvisare in esso il superamento del precedente orientamento, secondo il quale il legittimato passivo rispetto alla querela di falso deve individuarsi rispetto al rapporto giuridico con riferimento al quale il documento spiega la sua efficacia.

A tale orientamento, che ha trovato conferma anche nella giurisprudenza successiva a Cass. 13190/2006 (Cass. n. 18232/2007) e con il quale la Corte d’appello non si è minimante confrontata, contentandosi dell’inciso in via di ipotesi formulato da Cass. n. 13190/2006, la Corte ritiene di doversi uniformare.

Il ricorso, pertanto, in relazione al secondo motivo, deve essere accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, che si atterrà al seguente principio di diritto:

“legittimato passivo rispetto alla querela di falso civile è solo il soggetto che del documento intende valersi in giudizio e non già l’autore del falso o chi comunque sia concorso nella falsità”.

La corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo; accoglie il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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