Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19279 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. I, 07/07/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 07/07/2021), n.19279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16573/2015 proposto da:

C.G.B., C.S.C. ( C. e S. Costruzioni)

S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, Via della Mercede n. 11, presso

lo studio dell’avvocato Angelico Cinzia, che li rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.M.E., T.B., domiciliati in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi da se medesimi unitamente agli avvocati De

Montis Anna Maria, D.M. Aldo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

contro

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 238/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2021 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza n. 238/2015, depositata il 9/4/2015, – in controversie riunite promosse: a) con citazione del 2001, da C.G. e C.S.C. srl, nei confronti di T.B. ed D.M.E., per sentire accertare la loro responsabilità per avere, in qualità di arbitri, condannato, in solido, il C. e la società dallo stesso rappresentata al pagamento, in favore di M.D., di Lire 1.307.306.250, sebbene fosse scaduto il termine per l’adozione del lodo, giusta notifica dell’istanza di decadenza, tanto che il lodo era stato dichiarato nullo dalla Corte d’appello di Cagliari (con sentenza, passata in giudicato, del 1998, come dedotto nel presente ricorso per cassazione), con condanna degli stessi al risarcimento del danno ingiusto derivato agli attori dalla ritardata adozione del lodo; b) con citazione del 2002, dall’avv. M., ricorrente nel procedimento arbitrale, nei confronti dei medesimi convenuti T. e D.M., per il risarcimento dei danni dallo stesso subiti, in conseguenza sempre dell’inosservanza da parte degli arbitri del termine per la pronuncia del lodo, – ha parzialmente riformato, solamente in punto di spese processuali, compensando per un terzo delle spese di primo grado, la decisione del Tribunale di Cagliari, che aveva respinto sia la domanda attorea sia la riconvenzionale dei convenuti.

In particolare, i giudici d’appello, per quanto qui ancora interessa, hanno sostenuto che erano infondati o inammissibili: 1) il primo motivo di appello, in punto di erroneità della declaratoria di proroga del termine per l’adozione del lodo, desunta, in primo grado, dalla sottoscrizione di un verbale di udienza del dicembre 1996 (con conseguente ininfluenza della successiva notifica agli arbitri dell’eccezione di decadenza), da parte dell’avvocato, difensore del C. e della C.S.C., munito di procura speciale con i più ampi poteri anche di transigere, inclusa la possibilità di concedere un differimento del termine per l’adozione del lodo arbitrale; 2) il secondo motivo, in punto di applicazione del principio di non contestazione in ordine alla prospettazione dei convenuti in merito all’avvenuta proroga tacita del termine per la pronuncia del lodo, doglianza inammissibile per carenza di interesse, essendo la decisione di primo grado fondata su motivazione complessa ed articolate e, in particolare, sull’accertata esistenza di una proroga in forma scritta del termine per l’adozione del lodo, statuizione questa confermata; 3) il terzo motivo (con assorbimento del quarto), con il quale ci si doleva dell’erroneità dell’esclusione della responsabilità risarcitoria del collegio arbitrale sul presupposto dell’avvenuta proroga del termine per la pronuncia del lodo, proroga comunque asseritamente intervenuta allorchè l’originario termine era già scaduto, atteso che, invece, correttamente il Tribunale aveva ritenuto che, al 17/12/1996, sottoscrizione del verbale ultimo, con il quale il termine era stato prorogato al 17/3/1997, il termine da prorogare era ancora pendente, in forza della sottoscrizione di precedenti verbali di udienza, implicanti proroghe del termine. Ad avviso della Corte territoriale, meritava invece accoglimento il quinto motivo di appello, in punto di mancata compensazione delle spese processuali, nonostante la soccombenza reciproca delle parti, essendo stata respinta anche la domanda riconvenzionale risarcitoria avanzata dai convenuti T. e D.M..

Avverso la suddetta pronuncia, notificata il 24/4/2015, C.G.B. e C.S.C. ( C. e S. Costruzioni) srl propongono ricorso per cassazione, notificato il 23-30/6/2015, affidato a tre motivi, nei confronti di T.B. ed D.M.E. (che resistono con controricorso, tra il 7 e l’11/9/2015) e di M.D. (che non svolge difese). I controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano: a) con il primo motivo, la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 1392 c.c. e art. 84 c.p.c., e art. 820 c.p.c., u.c., sia in materia di proroga del termine per la pronuncia del lodo, sia in materia di poteri del difensore, ex art. 84 c.p.c., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che fosse preclusa al procuratore delle parti soltanto la disposizione diretta o indiretta del diritto oggetto del giudizio, che la procura alle liti, in concreto conferita, includesse anche il potere del difensore di concedere un differimento del termine per l’emissione del lodo, che la sottoscrizione dei verbali delle udienze arbitrali da parte dell’avv. S., procuratore speciale del C. e della società, implicasse proroga espressa del suddetto termine, mentre la proroga del termine concordata da difensori “non muniti di mandato speciale, comprensivo di ogni più ampio potere”, come nella specie (ove vi era solo il conferimento dello specifico “potere di transigere e conciliare la controversia”, non è vincolante per la parte che abbia negato il proprio consenso alla proroga del termine, nella specie gli attuali ricorrenti; b) con il secondo motivo, sia l’errata e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 115 e 100 c.p.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, in punto di ritenuta, erroneamente, da parte del giudice di primo grado, mancata tempestiva contestazione da parte degli attori, attuali ricorrenti, in ordine al fatto che l’Avv.to S., difensore del C. e della C.S.C., fosse legittimato anche ad esprimere il consenso per la proroga del termine per la pronuncia del lodo, in forza di procura speciale asseritamente conferita dalle parti stesse, avendo la Corte d’appello ritenuta inammissibile, per carenza di interesse, la corrispondente doglianza, per violazione del principio di non contestazione da parte

del Tribunale, così omettendo di considerare i fatti decisivi da cui sarebbe emersa la specifica contestazione delle circostanze da parte degli attori C. e società C.S.C., che avevano dedotto, peraltro, l’inesistenza di una proroga del termine per la pronuncia del lodo a fondamento della stessa azione di responsabilità proposta; c) con il terzo motivo, sia l’errata e falsa applicazione degli artt. 112,91 e 92 c.p.c., in punto di liquidazione delle spese processuali, sia l’omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte d’appello erroneamente interpretato il contenuto del motivo di appello, con il quale essi chiedevano non la parziale compensazione delle spese di lite liquidate in primo grado, ma la compensazione – integrale – delle spese processuali oggetto dell’autonomo giudizio instaurato dal C. e dalla C.S.C. nei confronti dei convenuti T. e D.M., riunito a quello promosso dal M. nei loro riguardi, e che non poteva essere soddisfatto con un’unica liquidazione delle spese dei due giudizi riuniti.

2. La prima censura è infondata.

Occorre preliminarmente precisare che, nel presente giudizio, avente ad oggetto domanda, proposta nei confronti di due membri del collegio arbitrale (essendo il terzo membro deceduto), di risarcimento dei danni subiti dalle parti del giudizio arbitrale, definito con lodo dichiarato nullo, anche perchè pronunciato dopo la scadenza del termine ex art. 820 c.p.c., non si è posta questione circa la preclusione del giudicato, esterno, sulla nullità del lodo, perchè pronunciato oltre il termine.

Già peraltro questa Corte, con la sentenza n. 7702/2005, indicata dai ricorrenti, con la quale è stato definito il giudizio avente ad oggetto opposizione di terzo proposta, ex art. 404 c.p.c., dagli arbitri avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 164/1998, dichiarata inammissibile, aveva chiarito che “la nullità del lodo tardivamente depositato, che costituisce presupposto dell’autonoma azione di responsabilità nei confronti degli arbitri promossa dalla parte danneggiata dall’esito del giudizio di impugnazione per nullità si pone, quindi, come mero fatto storico, privo degli effetti del giudicato rispetto alla pretesa risarcitoria avanzata nei con fronti del terzo, e non comporta perciò alcun pregiudizio dell’esercizio del diritto di difesa poichè dall’incontestabilità della pronuncia di nullità del lodo derivante dall’accoglimento dell’impugnazione proposta da una delle parti del giudizio arbitrale non discende alcuna responsabilità oggettiva a carico degli arbitri chiamati a rispondere dei danni, i quali possono contestare sia il mancato rispetto del termine di decadenza, adducendo che nel computo della sua durata non si è tenuto conto delle cause di sospensione o di interruzione previste dall’art. 820 c.p.c., ovvero che la loro incidenza è stata erroneamente calcolata, sia l’imputabilità del ritardo, dimostrando che il tardivo deposito del lodo è dipeso da un impedimento di carattere oggettivo che abbia ostacolato il regolare sollecito svolgimento dei lavori precludendo altresì la rinuncia all’incarico per giustificati motivi, secondo quanto dall’art. 813 c.p.c., comma 2, a causa, ad esempio, di un malore sopraggiunto che abbia impedito la tempestiva deliberazione del lodo in conferenza personale di tutti gli arbitri”.

Tanto premesso, assumono i ricorrenti che, ai sensi dell’art. 820 c.p.c., comma 4, il consenso alla proroga del termine per l’emissione del lodo deve risultare da atto scritto e deve essere espresso personalmente dalle parti o dai difensori muniti di procura speciale. Nella specie, non risulterebbe che tale procura speciale vi fosse, sicchè all’intesa raggiunta dai difensori non si poteva attribuire l’effetto di prorogare il termine per la decisione della controversia.

La Corte d’appello, confermando la statuizione di primo grado, ha ritenuto che, dal tenore della procura speciale, conferita il 5/8/1995, dal C. e dalla C.S.C. srl all’avvocato S., “a rappresentarli e difenderli nel presente giudizio e in quello eventualmente d’appello e gradi successivi, esecuzione compresa, con facoltà di transigere e conciliare, di rinunciare agli atti e di accettare rinunzie, nonchè di chiamare in causa e di farsi sostituire”, si dovesse desumere la piena capacità dell’avvocato S., che aveva sottoscritto, in qualità di procuratore speciale del C. e della società, il verbale di udienza del 17 dicembre 1996, con il quale, da ultimo, le parti avevano espresso in forma scritta il loro consenso alla proroga del termine per la pronuncia del lodo fino al 17 marzo 1997, data prevista per il deposito della consulenza tecnica, atteso che il termine originario che scadeva il 25 ottobre 1996 (stante la proroga di legge di quello di legge, di centottanta giorni, scadente il 22/4/1996, conseguente all’ammissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti) era stato già prorogato al 17 dicembre 1996.

Ora, ai sensi dell’art. 820 c.p.c., comma 4, nel testo risultante dalle modificazioni introdotte dalla L. 5 gennaio 1994, n. 25, applicabile “ratione temporis”, il consenso alla proroga del termine per la decisione da parte degli arbitri, risultante da atto scritto, deve essere espresso personalmente dalle parti o “dai loro difensori muniti di procura speciale”, senza, tuttavia, che sia necessaria la contestualità delle rispettive manifestazioni di volontà (Cass. 6069/2004; Cass. 17022/2011).

In ambito di arbitrato irrituale, di natura negoziale, si è poi affermato il principio per il quale (cfr. Cass. n. 574/1985) i difensori delle parti coinvolte nel procedimento arbitrale hanno il ruolo di meri consulenti delle stesse, essendo essi privi di quell’autonomia che è propria del loro ministero nell’ambito di un processo, sicchè la proroga del termine concordata dai difensori, non muniti di mandato speciale, non è vincolante per la parte che abbia negato il proprio consenso alla proroga medesima.

Tale principio è stato poi confermato, sempre in tema di arbitrato libero, da Cass. n. 24562/2011 (in termini anche Cass. 22994/2018), che ha però precisato come la proroga possa essere concordata sia dai difensori muniti di procura speciale, comprensiva della facoltà di transigere e dei più ampi poteri, che necessariamente includono anche la possibilità di concedere un differimento del termine per l’emissione del lodo, sia dai difensori privi di mandato speciale, essendo in tal caso necessario che le parti non abbiano negato il proprio consenso alla proroga medesima, aggiungendo, poi, che il relativo accertamento, risolvendosi nella ricostruzione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato (si legge: “La proroga può anche essere concordata dai difensori delle parti, ma se questi non sono muniti di mandato speciale perchè la relativa decisione sia vincolante per la parte è necessario che essa non abbia negato il proprio consenso alla proroga medesima. Il rappresentante della parte che sia munito di procura speciale, comprensiva del potere di transigere e di ampi poteri in merito all’individuazione del modo migliore per chiudere la controversia la cui decisione sia stata deferita ad un Collegio arbitrale, si deve ritenere investito anche del potere di concedere agli arbitri un differimento del termine per remissione del lodo, concordato con l’altra parte. L’accertamento relativo alla sussistenza dei suddetti elementi, risolvendosi nella ricostruzione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato”). Il riferimento al “rappresentante della parte” non può essere inteso come relativo al rappresentante legale della parte e non al difensore.

Tutte le pronunce citate evidenziano che la proroga può essere chiesta anche dai difensori privi di procura speciale, purchè le parti non abbiano negato il proprio consenso alla proroga medesima, e non risulta, nella specie, che i ricorrenti abbiano negato il proprio consenso alla proroga (prima della notifica, nel febbraio 1997, dell’eccezione di decadenza ex art. 821 c.p.c., ovviamente). A fortiori, in caso di arbitrato rituale – ricorrente nella specie – il difensore munito, come nel caso concreto, di ampi poteri, può concordare la proroga del termine per il lodo.

Tale orientamento, è stato correttamente recepito dalla Corte d’appello, con la conseguente infondatezza del motivo, atteso che la sentenza di appello ha tratto elementi dal comportamento dei difensori, muniti di mandato speciale comprensivo della facoltà di transigere e quindi di ampi poteri, incluso quello di concedere agli arbitri un differimento del termine per remissione del lodo.

Peraltro, giova ribadire che, nella specie, non si verte in ipotesi di arbitrato irrituale, nel quale il termine si atteggia come limite interno all’esercizio dei poteri degli arbitri di risolvere la controversia tra i compromittenti e quindi, trattandosi di arbitrato rituale, il termine entro cui deve essere pronunciato il lodo poteva essere senz’altro prorogato anche dai difensori delle parti, nell’ambito dell’ampio mandato loro conferito.

3. Il secondo motivo è infondato: avendo la Corte d’appello ritenuto di confermare nella sua struttura essenziale la prima ratio decidendi (“l’avvenuta proroga del termine per la pronuncia del lodo e l’asserita legittimazione derivata dell’avv. S. ad esprimere il consenso alla proroga del termine in virtù di procura speciale a tal fine asseritamente conferitagli dal C. e da C.S.C. srl”, pag. 35 del ricorso, in nota 39), la ricorrente non aveva alcun interesse a porre nel nulla la seconda ratio decidendi (“l’asserita mancata contestazione da parte di C. e C.S.C. srl nei termini imposti dalla legge processuale delle affermazioni dei convenuti circa l’avvenuta proroga del predetto termine e la legittimazione derivata dell’avv. S. ad esprimere tale consenso”, pag. 35 del ricorso, in nota 40), con conseguente correttezza del decisum.

4. Il terzo motivo è, invece, fondato, nei sensi di cui in motivazione.

Invero, al di là di quale fosse l’esatto contenuto del motivo di appello (contestato, per quanto dedotto in ricorso, dai controricorrenti), la Corte d’appello ha ritenuto che, quanto alle spese di primo grado, le parti attrici nei distinti giudizi, il C. e la C.S.C. srl, da un lato, ed il M., dall’altro, erano risultate soccombenti negli autonomi giudizi dagli stessi separatamente promossi, riuniti, ma che, essendo stata rigettata anche la domanda riconvenzionale risarcitoria dei convenuti T. e D.M., doveva essere riformata la decisione di primo grado, in punto di liquidazione delle spese, addossate dal Tribunale per intero agli attori; la Corte di merito ha, invece, ritenuto di addossare le spese di primo grado solo per i due terzi a carico dei soccombenti C. e C.S.C. ed in favore del T. e del D.M., liquidate in Euro 12.310,00, di cui Euro 9.700 per onorari ed Euro 2.610,00 per diritti, compensandole, in forza di soccombenza reciproca parziale, per il residuo un terzo, sempre tra il C. e la C.S.C. srl, da una parte, ed il T. ed D.M., dall’altra.

Così facendo non ha considerato che, in primo grado, tutti e tre le parti attricii, C. e C.S.C., da un lato, e M., dall’altro, erano state condannati, in solido, al pagamento complessivo dell’importo di Euro 18.443,72, senza separata liquidazione per ogni singolo giudizio riunito, e che tale importo non poteva comunque costituire la base di calcolo delle spese da liquidare a carico del C. e della C.S.C., all’esito della compensazione parziale, contenendo anche la quota riferibile all’altro soccombente parziale, il M., nel procedimento di primo grado.

Questa Corte (Cass. 15860/2014; Cass. 7908/2001; Cass. 15954/2006) ha, in effetti, chiarito che “Il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l’autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni. Ne consegue che la congiunta trattazione lascia integra la loro identità, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise, mentre la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione a ciascun giudizio, atteso che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolti in quest’ultima soggetti che non sono parti in causa”.

Ne consegue che la congiunta trattazione lascia integra l’identità delle cause riunite, tanto che la sentenza che le decide simultaneamente, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise, mentre la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione a ciascun giudizio, atteso che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolti in quest’ultima soggetti che non sono parti in causa.

3. Per tutto quanto sopra esposto, respinti i primi due motivi del ricorso, va accolto, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso, respinti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

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