Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19278 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 02/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.02/08/2017),  n. 19278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22502-2013 proposto da:

PFIZER ITALIA S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO

TOFFOLETTO, ALDO BOTTINI e FEDERICA PATERNO’, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.L. C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA

CICCOTTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHRISTIAN LUCIDI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 295/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 02/04/2013, R. G. N. 231/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BENEDETTA GAROFALO per delega orale FRANCO

TOFFOLETTO;

udito l’Avvocato SABINA CICCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 2 aprile 2013, la Corte d’appello di Ancona rigettava l’appello proposto da Pfizer Italia s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato l’illegittimità del primo dei plurimi contratti di somministrazione di lavoro a termine stipulati dalla società (quale utilizzatrice dalla somministrante Adecco Italia s.p.a.) con M.L. dal 22 marzo 2004 e l’esistenza da tale data di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, condannando Pfizer Italia s.r.l. al ripristino del rapporto e alla corresponsione, a titolo indennitario ai sensi delLA L. n. 183 del 2010, art. 32, di dodici mensilità della retribuzione globale (con riferimento a quella lorda mensile di Euro 1.200,00), oltre accessori di legge.

A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva la ricorrenza delle ragioni di contingente utilizzazione della lavoratrice, giustificanti il ricorso ai (ben sedici) suddetti contratti, come confermato anche dalla indeterminatezza delle mansioni in essi indicate, con evidente dissimulazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Con atto notificato il 3 (10) ottobre 2013, la società ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste la lavoratrice con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3 e n. 4, artt. 112 e 113 c.p.c., per nullità della sentenza in difetto delle conclusioni delle parti e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto giustificanti la decisione, comportanti omissione di pronuncia e mancanza di motivazione su punti decisivi prospettati dalle parti, nell’impossibilità di una valutazione di correttezza dell’iter logico – giuridico.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, per esclusione, tra i requisiti del contratto di somministrazione di lavoro, della temporaneità dell’esigenza datoriale bastandone la sola indicazione, dovendo essere invece temporalmente predeterminata l’utilizzazione del lavoratore, con evidente confusione con la disciplina del contratto a termine: in ogni caso, non essendo stati neppure superati i limiti fissati (nel contratto a termine di 36 mesi e in quello di somministrazione di 54 mesi in un arco temporale di 69, ai sensi dell’art. 3 CCNL del contratto di categoria del 2006), per l’utilizzazione complessiva della lavoratrice per 22 mesi in un arco di sei anni.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, art. 21, comma 1, lett. c) e art. 27, comma 1, per la sufficiente indicazione nel contratto di somministrazione di lavoro (neppure specifica, come invece nel contratto di lavoro a termine) delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo: legittimamente individuate nei contratti in questione dalle causali di “punte di più intensa attività” ovvero di “picchi di attività”, secondo la previsione dell’art. 3, lett. d), p.to 2) del CCNL di settore.

4. Con il quarto, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 1 e art. 41 Cost., per indebito sindacato giudiziale nel merito della scelta imprenditoriale, sotto il profilo della negata idoneità probatoria della deduzione di effettività delle causali indicate nei contratti stipulati con la lavoratrice.

5. In via preliminare, deve essere ritenuta l’ammissibilità del ricorso, in quanto tempestivamente consegnato per la notificazione in data 1 ottobre 2013 (come da stampigliatura in calce ad esso) e quindi entro il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza, a norma dell’art. 327 c.p.c., comma 1, nel testo applicabile ratione temporis: e ciò per la nota scissione degli effetti della notificazione a mezzo posta per il notificante e per il destinatario (Cass. s.u. 26 luglio 2004, n. 13970; Cass. 3 luglio 2014, n. 15234; Cass. 24 aprile 2015, n. 8395).

6. Il primo motivo, relativo a violazione o falsa applicazione degli art. 132 c.p.c., n. 3 e n. 4, artt. 112 e 113 c.p.c., per nullità della sentenza in difetto delle conclusioni delle parti e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto giustificanti la decisione, è infondato.

6.1. L’omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa, infatti, la sua nullità soltanto quando le conclusioni formulate non siano state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte. Quando invece dalla motivazione della sentenza risulti, come appunto nel caso di specie, che le conclusioni delle parti, nonostante l’omessa o erronea trascrizione, siano state esaminate e decise, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza (Cass. 22 giugno 2015, n. 12864). 6.2. La motivazione della sentenza impugnata, che, come noto, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, non è nel caso di specie inesistente: posto che le ragioni, sia pure concisamente esposte, consentono di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione. Sicchè, non è integrata la nullità denunciata sotto il profilo dell’error in procedendo, che non può essere mai dichiarata se l’atto abbia raggiunto il suo scopo, per il principio di strumentalità della forma (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; 10 novembre 2010, n. 22845).

7. Il secondo motivo (violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, per esclusione tra i requisiti del contratto di somministrazione di lavoro della temporaneità dell’esigenza e non dell’utilizzazione del lavoratore) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il terzo (violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, art. 21, comma 1, lett. c) e art. 27, comma 1, per sufficienza della sola indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, individuate nelle causali “punte di più intensa attività” o “picchi di attività”) e con il quarto (violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 1 e art. 41 Cost., per indebito sindacato giudiziale nel merito della scelta imprenditoriale sotto il profilo di negata idoneità probatoria della deduzione di effettività delle causali indicate).

7.1. Essi sono inammissibili.

7.2. Pur vera la sostanziale irrilevanza della temporaneità delle esigenze organizzative (Cass. 15 luglio 2011, n. 15610) e la sufficiente specificazione dell’individuazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo nelle causali di “punte di più intensa attività” ovvero di “picchi di attività” (Cass. 6 ottobre 2014, n. 21001; Cass. 15 luglio 2011, n. 15610), i motivi non colgono tuttavia la effettiva ratio decidendi della sentenza.

Essa riguarda la mancata dimostrazione di effettività delle esigenze indicate per il ricorso al lavoro in somministrazione (per le ragioni succintamente ma chiaramente esposte dall’ultimo capoverso di pg. 4 al primo di pg. 5 della sentenza), che è precipuo oggetto del controllo giudiziale, il quale non si può estendere al sindacato delle scelte tecniche, organizzative e produttive dell’utilizzatore, ma che deve essere concentrato sulla verifica di effettività delle ragioni che giustificano il ricorso alla somministrazione (Cass. 27 ottobre 2015, n. 21916, esattamente in termini in quanto resa su sentenza della Corte d’appello di Ancona in analoga controversia di Pfizer Italia s.p.a.; Cass. 1 agosto 2014, n. 17540; Cass. 8 maggio 2012, n. 6933; Cass. 15 luglio 2011, n. 15610). 7.3. I tre motivi congiuntamente scrutinati risultano pertanto generici, non confutando la suindicata ratio decidendi: sicchè violano la prescrizione, appunto a pena di inammissibilità, dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

8. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza e distrazione al difensore anticipatario, secondo la sua richiesta.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore anticipatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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