Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19277 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 16/09/2020), n.19277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10602/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

BNP Paribas Securities Services s.c.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.

Gabriele Escalar e Livia Salvini, con domicilio eletto presso il

loro studio, sito in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 9/28/12, depositata il 3 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre

2019 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 3 febbraio 201, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della BNP Paribas Securities Services s.a. per l’annullamento di una cartella di pagamento notificata in relazione all’omesso versamento di imposte dovute per l’anno 2001;

– il giudice di appello, dopo aver dato atto che il procedimento traeva origine da ricorso in riassunzione a seguito della cassazione di precedente sentenza della Commissione regionale, ha disatteso il gravame erariale, evidenziando che l’Amministrazione finanziaria aveva provveduto a “sgravare” importi maggiori di quelli di cui la stessa chiedeva la conferma nella propria costituzione in giudizio;

– il ricorso è affidato ad un unico motivo;

– resiste con controricorso la BNP Paribas Securities Services s.c.a., la quale deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso proposto l’Agenzia denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto che la pretesa erariale fosse stata integralmente estinta dalla contribuente, benchè quest’ultima non avesse fornito la relativa dimostrazione, avendo effettuato pagamenti solo per le somme iscritte a ruolo in linea capitale e non anche per i relativi interessi e sanzioni:

– il motivo è infondato;

– il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c. implica il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda;

– tale principio deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (cfr. Cass. 21 marzo 2019, n. 8048; Cass. 11 aprile 2018, n. 9002);

– esula, dunque, dall’ambito di operatività del principio in esame ogni profilo attinente alla valutazione dei fatti di causa operata dal giudice di merito alla stregua delle risultanze istruttorie legittimamente acquisite;

– orbene, la sentenza impugnata si sottrae alla censura prospettata in quanto si è pronunciata nell’ambito della domanda proposta e ha posto a fondamento della decisione i fatti allegati dalle parti;

– pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2020

 

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