Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19276 del 29/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 29/09/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 29/09/2016), n.19276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24329/2013 proposto da:

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI

FROSINONE, (OMISSIS), in persona del Presidente legale rapp.te pro

tempre signor Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA S. COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIA MARINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DANILO IAFRATE giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.M., C.C., CE.CL.,

CE.CA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 107,

presso lo studio dell’avvocato OSVALDO VERRECCHIA, rappresentati e

difesi dagli avvocati DAVIDE TROIANO, EMILIO CHIAPPINI giusta

procura speciale della Dott.ssa M.K., Assistente

Amministrativo Consolare del Consolato Generale d’Italia Caracas del

(OMISSIS);

B.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

POGGIO CATINO 6, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GRAZIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato AURELIO COLELLA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.D., B.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5589/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, dep.

il 09/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato ANTONIO BIANCHI per delega;

udito l’Avvocato OSVALDO VERRECCHIA per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, he ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 9 ottobre-9 novembre 2012 la Corte d’appello di Roma, su appello presentato da N.M., C.C., Ce.Cl. e Ce.Ca. nei confronti di B.A.F., B.D. e B.S. e del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Frosinone avverso sentenza del 27 gennaio 2005 del Tribunale di Cassino – con cui era stata rigettata la domanda delle attrici, poi divenute appellanti, di risarcimento di danni da sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) in cui era morto il rispettivo coniuge e padre C.G. su una strada gestita dal suddetto Consorzio che all’epoca aveva come presidente B.F. di cui gli altri appellati erano gli eredi -, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato solidalmente gli appellati al risarcimento.

2. Ha presentato ricorso il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Frosinone sulla base di un unico motivo, che, ex art. 360, comma 1, n. 5, denuncia vizio motivazionale per omesso esame di fatto decisivo, altresì denunciando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2727 e 2729 c.c..

Si difendono con controricorso rispettivamente B.A.F. e N.M., C.C., Ce.Cl. e Ce.Ca.. N.M., C.C., Ce.Cl. e Ce.Cl. hanno depositato altresì memoria ex art. 378 c.p.c.; e memoria ex art. 378 c.p.c. è stata depositata anche dal ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è inammissibile.

L’unico motivo consiste nell’affastellamento disordinato di varie doglianze, prevalentemente poi finalizzate a suscitare una valutazione alternativa dell’esito probatorio da parte del giudice di legittimità. Esegue infatti il ricorrente una inammissibile commistione tra quella che è in realtà censura diretta in punto di fatto (e dunque già di per sè inammissibile) ed asserite violazioni del diritto. Quest’impostazione illogica, a ben guardare, la lascia intendere fin dall’effettivo incipit delle doglianze del motivo, cioè laddove, dopo avere dichiarato di condividere una parte del “ragionamento giuridico” del giudice d’appello, significativamente afferma che proprio decidendo nel merito la corte incorre in una serie di violazioni di legge (ricorso, pagina 6: “Nel momento in cui…la Corte d’Appello decide di entrare nel merito e valutare se “le risultanze processuali acquisite” siano tali da poter giungere ad una declaratoria di responsabilità anche del responsabile civile commette una serie di violazione di legge”). E dopo aver richiamato giurisprudenza attinente al vizio motivazionale secondo la formula previgente dell’art. 360 c.c., comma 1, n. 5, fingendo di ignorare che contro la sentenza in esame può essere denunciato soltanto il vizio motivazionale delineato dal dettato vigente di tale articolo, il ricorrente riporta ampiamente (da pagina 7 a pagina 10) il rapporto della polizia stradale, per concludere, come se l’avesse trascritto per sottoporlo alla valutazione di un giudice di merito, appunto con una censura di puro fatto: “In sostanza, il Consorzio aveva provveduto ampiamente, con segnaletica sia orizzontale che verticale, a segnalare la pericolosità della curva e imporre un bassissimo limite di velocità (30 Km orari). Cos’altro avrebbe dovuto fare?”. Tenta poi di tramutare la censura fattuale in una pretesa omessa motivazione, introducendo un ulteriore elemento del compendio probatorio, cioè le “CTU redatte in sede penale”, e in seguito ancora censura il vaglio del compendio lamentando che giudice d’appello non avrebbe valutato la sentenza penale n. 8133/90 rispetto ai terzi che non furono parti nel giudizio “anche in relazione ad altri elementi di giudizio presente negli atti di causa”. Devia successivamente d’improvviso da tali tematiche introducendo una generica censura che non attinge specificità alcuna neppure nella rubrica del motivo (ricorso, pagina 13: “Altresì non è stato precisato da parte del Giudice d’Appello in base a quale norma di diritto sostanziale lo stesso Consorzio ASI risulta corresponsabile ed in base a quale percorso argomentativo la stessa non risulti violata ed in che modo”), per poi affermare che la corte territoriale “omette, sostanzialmente, quelle ragioni di fatto e di diritto che costituiscono l’essenza della sentenza (art. 132 c.p.c., n. 4)” e ancora una volta mutare d’improvviso la tematica mediante argomentazioni sull’utilizzabilità della consulenza tecnica formatasi in altro procedimento. Così termina l’unico motivo del ricorso, realizzato quindi mediante una evidente e scoordinata commistione di pluralità di questioni che ictu curi non lo rendono conforme alla tipologia di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, con conseguente inammissibilità.

Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali ai controricorrenti, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012 , ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a N.M., C.C., Ce.Cl. e Ce.Ca. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 12.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre agli accessori di legge, e a rifondere ad B.A.F. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 12.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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