Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19271 del 29/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 29/09/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 29/09/2016), n.19271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7141/2015 proposto da:

D.B.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIULIO

CACCINI 1, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO DODARO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M.T., P.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MALLADRA 47B, presso lo studio

dell’avvocato ARNALDO FAIOLA, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1683/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato DOMENICO DODARO;

udito l’Avvocato ARNALDO FAIOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Nel presente giudizio si controverte in ordine al risarcimento dei danni provocati al locale oggetto di locazione ad uso non commerciale (ristorante, bar e pizzeria) dalla conduttrice D.B.M.L., a seguito di asportazione di migliorie ed addizioni al termine della locazione.

2. La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la D.B. al pagamento della somma di Euro 21.679,30 in favore degli eredi del locatore ( P.T.M., P.G. e P.F.A.) ed ha dichiarato compensate per metà le spese del doppio grado, ponendo il residuo a carico della D.B..

3. Contro la sentenza di appello propone ricorso per cassazione D.B.M.L., affidandolo a 2 motivi; resistono con controricorso P.T.M. e P.G., anche in qualità di eredi di P.F.A., nel frattempo deceduta. La ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c.; sostiene la ricorrente che la decisione della Corte d’appello sarebbe priva di fondamento probatorio, in contrasto con le risultanze della c.t.u. ed erronea negli accertamenti di fatto.

2. Il motivo è inammissibile a causa della sua genericità, della totale assenza di illustrazione della asserita violazione di legge ed altresì per il fatto che contiene censure di merito non ammissibili in sede di legittimità, tanto più a seguito dell’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis.

3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1371 c.c., con riferimento alla clausola numero 9 e alla clausola aggiunta al contratto di locazione.

4. Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte al punto precedente; innanzitutto, non sono sufficientemente illustrate le asserite violazioni di legge, essendo del tutto generici i richiami agli articoli del codice e del tutto opinabili le scelte interpretative della ricorrente, peraltro non consentite in questa sede di legittimità. Per il resto, il motivo, pur rubricato quale violazione di legge, contiene censure di merito (in ordine alla valutazione della volontà negoziale delle parti) che non possono trovare ingresso in cassazione, tanto più se si pone mente agli strettissimi limiti in cui è consentito, oggi, dedurre in questa sede il vizio della motivazione. Il ricorso per cassazione, infatti, è disciplinato, quanto ai motivi deducibili, dalla legge temporalmente in vigore all’epoca della proposizione dell’impugnazione, in base al generale principio processuale “tempus regit actum”. Poichè la sentenza di appello è stata pubblicata dopo il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, (vale a dire dopo l’11 settembre 2012), trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione restrittiva introdotta dell’art. 54, comma 1, lett. b), del suddetto D.L. (cfr. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 26654 del 18/12/2014, Rv. 633893). Ne consegue che solo in caso di assoluta mancanza o mera apparenza di motivazione, ipotesi evidentemente non ricorrente nel caso di specie, sarebbe consentito attaccare la motivazione del provvedimento di secondo grado. Anche il secondo motivo, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole in Euro 4.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso di spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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