Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19269 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 19269 Anno 2018
Presidente: GIUSTI ALBERTO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 29429-2015 proposto da:
D’ANGELO CAMILLO, nato a Mozzagrogna (Ch) il 25.03.1944 (C.F.:
DNGCLL44C25F785Y), residente in Varazze, alla Via Emilio Vecchia n.
1, ed elettivamente domiciliato in Savona, alla Via Paleocapa nn.19/10,
presso lo studio dell’Avv. Giovanni Stagnaro del Foro di Savona (C.F.:
STGGNN62P16A145I), in forza di mandato conferito in calce al ricorso;
– ricorrente contro

UTG SAVONA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 440/2015 del TRIBUNALE di SAVONA,
depositata il 15/04/2015;

Ric. 2015 n. 29429 sez. 52 – ud. 04-05-2018 -1-

Data pubblicazione: 19/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/05/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Il 4 gennaio del 2012, i Carabinieri di Stella contestavano a

ebbrezza), provvedendo al ritiro della sua patente di guida. In data
21 gennaio 2012 la Polizia Stradale di Albenga contestava al
medesimo D’Angelo la violazione dell’art. 216, co. 6, CdS, in quanto
circolava nonostante la

patente

di

guida

gli

fosse

stata

ritirata con il fermo amministrativo del Kimco tg. BV77092.
In data 23 gennaio la Prefettura di Savona notificava al trasgressore
ordinanza con cui disponeva la sospensione della patente di guida
nei confronti del predetto per la durata di tre mesi.
I predetti provvedimenti venivano impugnati dal D’Angelo dinanzi al
Giudice di Pace di Varazze.
Alla prima udienza dell’Il dicembre del 2012 nessuno compariva,
con la conseguenza che il giudice rinviava la causa all’udienza del 2
luglio 2012.
Anche a tale udienza nessuno presenziava.
Nonostante la richiesta di rinvio dell’avv. Stagnaro (difensore del
ricorrente), motivata dalla necessità di accompagnare il figlio a visita
neurologica, il Giudice di Pace, nell’assenza delle parti, tratteneva la
causa a sentenza rigettando il ricorso, perché infondato.
Camillo D’Angelo proponeva appello avverso la sentenza n. 15/13,
sostenendo che il provvedimento impugnato era stato adottato in
violazione degli artt. 3, 22 e 23 della I. n. 689/81, dal momento che
il giudice aveva trattato e deciso la causa nonostante il legittimo
impedimento del suo difensore e l’assenza delle parti.

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Camillo D’Angelo la violazione dell’art. 186 CdS (guida in stato di

La Prefettura eccepiva, in via preliminare, l’incompetenza del
Tribunale ex art. 25 c.p.c. e, nel merito, chiedeva il rigetto del
gravame.
Il Tribunale di Savona, con sentenza del 15.4.2015, ha rigettato

1. era infondata l’eccezione di incompetenza territoriale del
Tribunale di Savona, per essere competente ex art. 25
c.p.c. il Tribunale di Genova, atteso che, ai procedimenti
d’appello avverso le sentenze emesse dal giudice di pace in
materia di opposizione a sanzioni amministrative, non si
applica la regola del “foro erariale” stabilita nell’art. 7 del
r.d. 30 ottobre 1933, n. 16/1 relativa alle controversie in
cui sia parte un’Amministrazione dello Stato;
2. nel merito,

condivisibilmente il Giudice di Pace aveva

respinto l’istanza di rinvio proposta dal difensore di parte
appellante, atteso che l’istante non aveva neppure dedotto
l’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad
un collega;
3. premesso che sia all’udienza dell’ 11 dicembre 2012 che a
quella del 2 luglio 2013 nessuno era comparso, il Giudice di
Pace avrebbe dovuto pronunciare “ordinanza” di convalida
ex art. 7 d.lgs. 150/11 del provvedimento opposto e
provvedere sulle spese;
4. tuttavia, non era derivato alcun nocumento alla parte
attrice dal fatto che il giudice avesse pronunciato, anzichè
l’ordinanza di convalida, una sentenza;
5. parte appellante non aveva indicato alcuna ragione per la
quale il Giudice di Pace non avrebbe dovuto convalidare i

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l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

provvedimenti impugnati.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D’Angelo
Camillo, sulla base di tre motivi.
La Prefettura di Savona non ha svolto difese.

Preliminarmente deve essere rilevata l’inammissibilità

dell’appello a suo tempo interposto avverso la sentenza del
giudice di pace.
Infatti, trattandosi di giudizio già intrapreso in primo grado dopo
l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 150/2011 (il ricorso al giudice di
pace risulta depositato in data 20/2/2012) trova applicazione il
principio, affermato da questa Corte, per il quale (cfr. Cass. n.
25061/2015) il giudizio di opposizione a verbale di accertamento
di violazione di norme del codice della strada, instaurato
successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011, è
soggetto al rito del lavoro, sicchè l’appello avverso la sentenza di
primo grado, da proporsi con ricorso, è inammissibile ove l’atto
sia stato depositato in cancelleria oltre il termine di decadenza di
trenta giorni dalla notifica della sentenza o, in caso di mancata
notifica, nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., senza che
incida a tal fine che l’appello sia stato irritualmente proposto con
citazione, assumendo comunque rilievo solo la data di deposito di
quest’ultima.
Ne consegue che nella fattispecie l’appello andava introdotto con
ricorso e non come invece avvenuto con citazione, così che, avuto
riguardo alla data di pubblicazione della sentenza del giudice di
prime cure (2 luglio 2013), sebbene la notifica dell’appello sia
intervenuta in data 17/2/2014, l’atto è stato poi depositato in

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2.

cancelleria (momento in relazione al quale va verificata la
tempestività dell’appello per quanto sopra detto) solo in data
27/02/2014, risultando quindi tardivo in relazione alla indicata
data di pubblicazione della sentenza di primo grado, considerata

327 c.p.c. come novellato dalla legge n. 69/2009, e tenuto altresì
conto del periodo di sospensione feriale.
Trattasi peraltro di conclusione che si conforma ad un
orientamento costante nella giurisprudenza di questa Corte,
essendosi affermato: (a) per un verso, che nelle controversie
soggette al rito del lavoro, l’inammissibilità dell’impugnazione,
perché depositata in cancelleria oltre il termine di decadenza, non
trova deroga nell’ipotesi in cui l’appello sia stato irritualmente
proposto con citazione anziché con ricorso, laddove l’atto, pur
suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 156, ultimo comma, cod.
proc. civ., non venga depositato entro il termine per proporre
impugnazione (Cass., Sez. lav., 10 luglio 2015, n. 14401); (b) per
l’altro verso, che, in forza del d.lgs. n. 150 del 2011, ai giudizi di
opposizione ad ordinanza-ingiunzione e a quelli di opposizione a
verbali di accertamento di violazioni del codice della strada,
introdotti dopo il 6 ottobre 2011, si applica il rito del lavoro, e in
particolare l’art. 434 cod. proc. civ., sicché, in detti giudizi,
l’appello deve essere proposto in forma di ricorso, con le modalità
e nei termini ivi previsti, e ai fini della tempestività del gravame
vale la data di deposito dell’atto introduttivo (Cass., Sez. VI-2, 7
novembre 2016, n. 22564).

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l’applicabilità alla fattispecie del termine semestrale di cui all’art.

Nè appare possibile superare la decadenza maturata a carico
dell’appellante disponendo la conversione del rito, introdotto con
citazione invece che con ricorso, e facendo conseguentemente
applicazione, in grado di appello, dell’art. 4, comma 5, del d.lgs.

che «gli effetti sostanziali e processuali della domanda si
producono secondo le norme del rito seguito prima del
mutamento».
Infatti, tale norma non può trovare qui applicazione, essendo
riferita – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte
(Cass., Sez. VI-1, 6 luglio 2016, n. 13815; Cass., Sez. VI-1, 16
febbraio 2017, n. 4103; Cass., Sez. VI-1, 12 maggio 2017, n.
11937; Cass., Sez. VI-1, 16 maggio 2017, n. 12133) – al solo
mutamento del rito disposto in primo grado, non già in grado di
appello, atteso che – come già è stato chiarito da Cass., Sez. VII., 18 agosto 2016, n. 17192 – l’art. 4 dispone la salvezza degli
effetti processuali della domanda secondo le norme del rito
seguito prima del mutamento nel contesto di una disposizione che
prevede, al comma 2, che la conversione del rito venga
pronunciata «non oltre la prima udienza di comparizione delle
parti». La norma in esame riguarda il solo caso in cui il giudizio
sia stato erroneamente instaurato in primo grado secondo un rito
difforme da quello previsto dalla legge, e non può quindi essere
estesa all’ipotesi in cui l’errore sia caduto sulle modalità di
proposizione dell’appello, essendosi correttamente svolto il primo
grado nelle forme prescritte.
Ne discende l’inammissibilità dell’appello proposto.

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n. 150 del 2011, che per il caso di mutamento del rito prevede

Da ciò consegue altresì che, in assenza di un’espressa decisione
del giudice di appello che abbia negato l’esistenza della causa di
inammissibilità, questa Corte deve rilevare d’ufficio
l’inammissibilità maturata (cfr. ex multis e da ultimo, Cass. n.

avvenire d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, senza che
possa ritenersi precluso il suo rilievo ad istanza della parte
interessata per effetto della sua precedente inerzia o per effetto
del mancato svolgimento di attività difensiva in sede di
legittimità).
Ne discende che la sentenza impugnata dev’essere cassata senza
rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, c.p.c. perché l’appello
non poteva essere proseguito.
Da tanto deriva altresì che resta ferma la decisione resa dal primo
giudice.
Nulla a provvedere per le spese del presente grado, atteso il
mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato in
questa sede, mentre quelle del giudizio di appello seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché l’appello ed il ricorso sono stati proposti successivamente
al 30 gennaio 2013 ed il primo è dichiarato inammissibile,
sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge
di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13
del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente,

Ric. 2015 n. 29429 sez. 52 – ud. 04-05-2018 -7-

15370/2016, per la quale la rilevazione del giudicato formale può

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per le due impugnazioni.
PQM

Cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il giudizio di

rimborso delle spese del giudizio di appello in favore dell’intimato
che liquida per il giudizio di appello in complessivi C 2.500,00 per
compensi, oltre spese prenotate a debito;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito
dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte del ricorrente del
contributo unificato dovuto per l’appello e per il ricorso a norma
dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio del 4 maggio 2018
Il Presidente

et,d1,z,vL

onario Giudiziede
Ti?

DEPOSITATO IN

Roma,

NERI

CANCaLERI A

9 LUG. 2018

appello non poteva essere proseguito e condanna il ricorrente al

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