Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19268 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 17/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA DIFESA, MINITESTO DELL’INTERNO, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, tutti rappresentati e difesi

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

ope legis, in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

M.P., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1432/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/01/2017 R.G.N. 698/2014.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con la sentenza n. 1432 del 2016, la Corte d’Appello di Milano, In riforma solo in relazione alla decorrenza dal primo gennaio 2006 anzichè dal 1.1.2008 dell’assegno vitalizio L. n. 407 del 1998, ex art. 2, ha quindi sostanzialmente confermato la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva accolto, con la sola decorrenza sopra indicata, la domanda proposta nei confronti dei Ministeri dell’Interno e della Difesa da M.P., fratello del sotto tenente M.P.M., militare di leva comandato in missione di lancio con paracadute, rimasto vittima della sciagura aerea avvenuta nel tratto di mare della (OMISSIS);

la domanda aveva ad oggetto il riconoscimento del diritto del congiunto quale superstite di vittima del dovere ad essere inserito nell’apposito elenco di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 3, comma 3, al fine di fruire dei benefici consistenti: nella speciale elargizione di cui alla L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 1, nell’assegno vitalizio ai sensi della L. n. 206 del 2004, art. 5, commi 3 e 4, a decorrere dall’1.1.2010, nonchè nella fruizione dell’assistenza psicologica L. n. 206 del 2004, ex art. 6, comma 2; nell’esenzione della partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica e nel riconoscimento del beneficio di cui alla L. n. 203 del 2000, art. 1, sancito dalla L. n. 206 del 2004, art. 9;

la Corte di merito, dopo aver ripercorso la motivazione del tribunale, ha ritenuto infondati i motivi dell’appello principale che tendevano alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, all’affermazione della insindacabilità del giudizio sulla eccezionalità della tragedia espresso dal Comitato previsto dal D.P.R. n. 243 del 2006, art. 6, ed alla erroneità dell’interpretazione dei fatti che aveva condotto alla loro sussunzione nella previsione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564; è stato accolto l’appello incidentale nei termini di cui sopra;

avverso tale sentenza ricorrono per cassazione entrambi i Ministeri sulla base di due motivi;

resiste M.P. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il primo motivo di ricorso deduce, per diversi profili, violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma 1, lett. b. e c), assumendo l’insussistenza di un evento verificatosi nel corso di missione e caratterizzato da particolari condizioni ambientali ed operative;

il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 6, in ragione del fatto che sarebbe compito esclusivo dell’apposito Comitato per la verifica delle cause di servizio accertare la riconducibilità delle infermità alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione;

i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

va, preliminarmente, osservato che non costituisce oggetto del ricorso per cassazione la questione della sussistenza in capo al contro ricorrente dei requisiti della convivenza e della dipendenza economica dal fratello, vittima del dovere, che costituiscono elementi necessari della fattispecie (vd. Cass. SS.UU. n. 22753 del 2018) fondati anche su elementi di fatto evidentemente ritenuti esistenti dalla sentenza impugnata, con valutazione non oggetto di critica da parte dei ricorrenti, e non suscettibili di rilievo d’ufficio;

la controversia verte sull’interpretazione della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 564, secondo cui: “Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563, coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”;

questa Corte di legittimità (v., fra le più recenti, Cass. 16 aprile 2018, n. 9322, Cass. SS.UU., 22 giugno 2017, n. 15485 e numerose successive conformi) ha più volte esaminato le norme al cui interno si colloca la fattispecie, precisandone i criteri applicativi nei termini che seguono;

la L. 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 563, stabilisce che per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità;

al successivo comma 564, dell’articolo si precisa che sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563, coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative;

in seguito, in attuazione di quanto stabilito dalla stessa L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, è stato emesso, con D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, che all’art. 1, comma 1, prevede che ai fini del presente regolamento, si intendono: a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206; b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto;

da tale quadro normativo si ricava che il legislatore ha ritenuto di intervenire con due diverse disposizioni, ossia la L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564, individuando nel comma 563, talune attività che, essendo state ritenute dalla legge pericolose, se hanno comportato l’insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere; ai sensi del comma 564, i benefici previsti per le vittime del dovere spettano anche ai “soggetti equiparati”, ossia a coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività (enumerate nelle lettere da a) a f) e sopra richiamate) che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività, che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali;

il modello di selezione delle attività che è possibile equiparare, ai sensi del comma 564, non opera attraverso la tipizzazione di singole attività così caratterizzate, ma volutamente risulta formulata una fattispecie aperta, che tutela tutto ciò che sia avvenuto (per eccezionali situazioni) in occasione di missioni di qualunque natura; è stata, dunque, adottata una nozione lata del concetto di missione, nel senso che la stessa riguarda tutti i compiti e le attività istituzionali svolte dal personale militare, che si attuano nello svolgimento di funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti esiti militari;

qualunque tipo di attività e compito istituzionale può portare, in caso di infermità, ai benefici in questione ed è, dunque, essenziale – per la vittima del dovere che abbia contratto un’infermità in qualunque tipo di servizio, non essendo sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio – che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di “particolari condizioni”, che è un concetto aggiuntivo e specifico;

la nozione di “particolari condizioni ambientali o operative” è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006, nel senso che si intendono: “… condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”;

con le circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento che abbia comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto;

le Sezioni unite della Corte, con la già richiamata sentenza n. 15485 del 2017, cit., nonchè Cass. n. 28587 del 2018, in riferimento alla vicenda simile alla presente, di cadetto militare deceduto nel corso di un incidente aereo, hanno confermato la decisione della Corte territoriale che aveva accertato la grave negligenza del pilota e, quindi, del maggior rischio cui era stato esposto il defunto cadetto nel corso di un volo di ambientamento, preventivamente e debitamente autorizzato e, dunque, la sussistenza della condizione legittimante la configurazione dell’ipotesi contemplata dalla suddetta norma del “sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”;

sul significato da attribuire alle previsioni normative concernenti i due fondamentali presupposti relativi alla “missione di qualunque natura” e alle “particolari condizioni ambientali od operative”, come ha segnalato di recente Cass. n. 4238 del 2019, la sentenza n. 759/2017 di questa Corte di cassazione ha effettuato un’approfondita e puntuale esegesi della normativa primaria e regolamentare, alla quale questo Collegio intende dare continuità;

essa ha affermato che il concetto di “missione di qualunque natura” deve essere inteso in un senso che possa essere correlato “sia ad un’attività di particolare importanza, connotata da caratteri di straordinarietà o di specialità; sia ad un’attività che tale non sia e risulti del tutto “ordinaria” e “normale”, cioè, in definitiva, rappresenti un “compito”, l’espletamento di una “funzione”, di un “incarico”, di una “incombenza”, di un “mandato”, di una “mansione”, che siano dovuti dal soggetto nel quadro dell’attività espletata”;

quanto al concetto di condizioni ambientali ed operative “particolari”, le Sez. Unite hanno anzitutto affermato che la disposizione regolamentare cit., la quale definisce invece “le circostanze come straordinarie” potrebbe apparire esorbitante dai limiti indicati dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, che demandavano alla fonte regolamentare soltanto il compito di disciplinare “i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze” e non di precisare tramite attività definitoria i concetti espressi dalla legge nel comma 564. Pertanto, secondo le stesse S.U., la formulazione del regolamento deve essere intesa nei limiti in cui non possa esorbitare dal rapporto con la legge e pertanto assegnandole un significato corrispondente a quello della legge: la quale sul punto va intesa nel senso che la condizione ambientale ed operativa “particolare” “è quella collocantesi al di fuori del modo di svolgimento dell’attività “generale”, id est “normale” in quanto corrispondente a come l’attività (in quel caso addestrativa ndr) era previsto si svolgesse”;

la posizione giuridica di diritto soggettivo dei beneficiari delle prestazioni deve dunque essere necessariamente tutelata pienamente dinanzi al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 24 Cost., anche laddove si tratta di accertare l’integrazione del presupposto delle particolari condizioni ambientali ed operative che, quindi, non rientrano nel novero delle valutazioni riservate alla discrezionalità tecnica degli organi amministrativi di accertamento della causa di servizio;

nel caso di specie, come si evince dallo stesso ricorso a pagina 5, il decesso del sottotenente M.P.M. è avvenuto sul colpo, insieme al decesso di altri militari, in seguito allo schianto in mare nei pressi delle (OMISSIS), del velivolo militare (Hercules C130 dell’aeronautica militare inglese RAF), sul quale si trovava in qualità di trasportato nel corso della missione “(OMISSIS)” che prevedeva il lancio con paracadute previsto nell’ambito di un addestramento Interforze NATO;

la sentenza impugnata ha ritenuto che dalla documentazione offerta ed allegata al volume “(OMISSIS)”, relativo alla tragedia della (OMISSIS), si traesse il convincimento che le modalità di espletamento del volo avessero integrato i presupposti applicativi del citato comma 564, che, come si è detto, richiedono una esposizione a rischio superiore rispetto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e tale conclusione è, per quanto sopra detto, conforme alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità;

a tale giudizio di merito posto in essere dalla sentenza impugnata, al quale in questa sede di legittimità non viene posta specifica censura, va pure accostato l’elemento interpretativo costituito dal dato che la L. n. 37 del 2002 ha previsto il conferimento del grado superiore, a titolo onorifico, ai paracadutisti della “(OMISSIS)” caduti nelle acque della (OMISSIS)”, a titolo di tributo d’onore alla memoria, con ciò rendendosi evidente, anche per il legislatore, la eccezionalità dell’evento rispetto al normale espletamento del servizio;

in conclusione, la sentenza impugnata, conformatasi a tutti i principi sopra richiamati, è immune da censure e il ricorso va rigettato;

le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte in favore dell’avvocato A. Bava che ha reso la prescritta dichiarazione in calce alla memoria del 4.4.2019;

stante la non debenza, da parte delle amministrazioni pubbliche ricorrenti, del versamento del contributo unificato, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater, introdotto dalla Legge 24 dicembre 201, n. 228, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile (v. Cass. SU n. 9938 del 2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e spese forfettarie nella misura del quindici per cento, oltre alle spese accessorie di legge, da distrarsi in favore dell’avv. A. Bava.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara insussistenti i presupposti per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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