Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19266 del 09/09/2010

Cassazione civile sez. III, 09/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 09/09/2010), n.19266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato LANIA ALDO, rappresentata

e difesa dall’avvocato CITTERIO ALESSANDRO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 262, presso lo studio dell’avvocato OLIVA STEFANO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 904/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

20/06/08, depositata il 03/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. MARINELLI Vincenzo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che e’ stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 3/7/2008 la Corte d’Appello di Torino, in accoglimento del gravame interposto dalla sig. M.A.M. e in riforma dell’impugnata sentenza del Tribunale di Torino, condannava la sig. V.G. al pagamento in favore della prima della somma di Euro 284.051,29, oltre ad interessi legali, a titolo di inadempimento di contratto di espromissione tra di esse intercorso.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la V. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico, complesso motivo.

Resiste con controricorso la M..

Con unico complesso motivo la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., degli artt. 1987, 1988 c.c., e dell’art. 1272 c.c. e segg. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso dovra’ essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366 bis e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilita’, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Quanto al vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si e’ precisato che l’art. 366 bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il motivo, relativamente alla parte la dove si denunzia vizio di motivazione, non prospetta la “chiara indicazione” – nei termini piu’ sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attivita’ esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresi’ carente di autosufficienza.

Relativamente alla parte la’ dove si denunzia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto il motivo, oltre che formulato in violazione del principio di autosufficienza, non reca invero il prescritto quesito di diritto.

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. e’ d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacche’ una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Il motivo si palesa pertanto privo dei requisiti a pena di inammissibilita’ richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo;

atteso che la relazione e’ stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente non ha presentato memoria, ne’ vi e’ stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2010

 

 

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