Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19265 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. III, 22/09/2011, (ud. 15/07/2011, dep. 22/09/2011), n.19265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BA.MA. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MASSANO MARIO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDONI MAURIZIO

giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI S.P.A. (già UAP ASSICURAZIONI S.P.A.)

(OMISSIS) in persona del suo procuratore Dott. M.

R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 123,

presso lo studio dell’avvocato FRANCIOSA SANDRO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BERTOLI CLAUDIO giusto mandato in

atti;

– controricorrente –

e contro

UCI UFFICIO CENTRALE ITALIANO S.C. A R.L., B.P.,

B.E., HDI ASSICURAZIONI S.P.A., D.A.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 644/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/06/2008 R.G.N. 1198/05 e 1222/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato FRANCIOSA SANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 2 agosto 2004 il Tribunale di Brescia accertò che il sinistro stradale all’origine della controversia era addebitale alla concorrente responsabilità di Ba.Ma. e di B.P., deceduto in conseguenza delle gravi lesioni subite.

Con sentenza in data 27 febbraio – 16 giugno 2008 la Corte d’Appello di Brescia confermava il capo della sentenza impugnata relativo alla ripartizione di responsabilità, condannava il Ba. e la U.A.P. S.p.A., quest’ultima entro i limiti del massimale pari ad Euro 25.823,11, a pagare Euro 119,312,78 a favore di B.E. ed Euro 23.823,11 a favore di B.P.; condannava costoro, ciascuno in ragione della quota ereditaria, a pagare Euro 144.504,48 a favore del Ba..

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: la polizza assicurativa era stata prodotta ritualmente dalla U.A.P. e, quindi, occorreva tenerne conto ai fini della individuazione del massimale.

Avverso la suddetta sentenza il Ba. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Axa Assicurazioni, società incorporante la U.A.P., ha resistito con controricorso.

I B., l’UCI, l’H.D.L. e D.A.D. non hanno espletato difese.

Il S. ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Si premette che il ricorso de quo è soggetto, ratione temporis (avuto riguardo alla data di deposito della sentenza impugnata: 18 febbraio 2009), alla disciplina del D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha introdotto l’art. 366-bis c.p.c. Secondo questa norma i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunciata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi, in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3.1 – Il primo motivo denuncia violazione, falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c..

Con la censura, che riguarda esclusivamente il rapporto processuale tra il Ba. e la U.A.P. (ora Axa) Assicurazioni, il ricorrente assume che la polizza assicurativa, il cui esame da parte della Corte territoriale è risultato determinante ai fini dell’applicazione del massimale assicurato in essa indicato, non risultava mai essere stata ritualmente prodotta, essendo solo comparsa stranamente nel fascicolo d’appello della controparte, con la conseguenza che non poteva essere utilizzata. Premesso che l’art. 345 c.p.c., nella dizione ratione temporis vigente (l’atto introduttivo del giudizio di primo grado risale al 1991), consentiva la produzione di nuovi documenti in appello, è agevole rilevare che la tesi del ricorrente trova anticipata risposta nella sentenza impugnata. Questa ha spiegato che già nel costituirsi avanti al Tribunale la U.A.P. aveva opposto il massimale di polizza, indicato in L. 50.000.000 e che l’eccezione era stata reiterata al momento della costituzione in appello. La Corte territoriale ha speso più di tre pagine per indicare le ragioni che l’hanno indotta a ritenere legittima la produzione del documento e, quindi, la piena utilizzabilità del medesimo.

In questa sede il ricorrente ripropone le proprie tesi, ma non offre argomentazioni specifiche atte a contrastare l’accertamento in fatto e la soluzione giuridica della Corte bresciana.

D’altra parte il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, ma chiede una verifica della negata correttezza della sentenza impugnata, peraltro dando per scontata una situazione di fatto difforme da quella da essa ritenuta.

3.2 – Il secondo motivo lamenta violazione, falsa applicazione dell’art. 1917 c.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Anche questa censura riguarda il rapporto processuale con la compagnia assicuratrice. Ci si duole che la Corte territoriale non abbia immotivatamente accolto la domanda di rivalutazione del massimale che si assume essere stata avanzata tanto dai danneggiati B., quanto dall’assicurato S..

La censura risulta connessa alla precedente e ne segue le sorti.

Infatti il ricorrente non assume e, soprattutto, non dimostra – come, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, avrebbe dovuto – di avere formulato la necessaria, esplicita domanda di mala gestio, ma si limita ad argomentare in termini generici. Ne risente il quesito che, ancora una volta, postula una verifica della sentenza impugnata e non l’enunciazione di un principio di diritto, mentre manca del tutto il momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria.

4. – Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza, essendo privi di pregio i rilievi contenuti nella memoria circa la notifica del controricorso, poichè risulta il nominativo dell’ufficiale giudiziario che l’ha eseguita.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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