Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19265 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 17/07/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piegiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7603-2016 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,

UNIVERSITA’ E RICERCA, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE

SOCIALI, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE, tutti rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso cui Uffici domiciliano ope legis in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI N. 12;

– ricorrenti principali –

contro

– UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio degli avvocati MARCO MARAZZA e

DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

S.M., T.A.P., B.L., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIO CESARE 61, presso lo

studio dell’avvocato ANGELA FATTORUSSO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE MAZZOTTA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 8000/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/12/2015 R.G.N. 7838/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 4 dicembre 2015, in parziale riforma della decisione di primo grado pronunciata sul ricorso proposto da S.M., T.P.A. e B.L. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, del Ministero della Salute, del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè della Università Cattolica del Sacro Cuore presso cui avevano frequentato corsi di specializzazione in medicina nel periodo 2002-2006, ha dichiarato il diritto degli appellanti all’incremento annuale (a partire dal 1 gennaio 2003) ed alla indicizzazione triennale di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991 degli importi percepiti a titolo di borse di studio, condannando “gli appellati al pagamento delle relative differenze retributive”;

2. i medici avevano agito – per come riferisce la sentenza impugnata – per sentir dichiarare il loro “diritto a percepire, a titolo risarcitorio per inadempimento dello Stato nell’esecuzione della normativa Europea, le differenze retributive commisurate al trattamento contrattuale di un medico di prima nomina o, in via subordinata, di uno specializzando con contratto di formazione lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 1999; in via subordinata lamentavano il mancato adeguamento dell’ammontare della borsa di studio al tasso programmato di inflazione”;

3. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso in via principale con due motivi la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri dell’Istruzione, Università e Ricerca, del Lavoro e Politiche sociali, della Salute, dell’Economia e delle Finanze; hanno resistito con controricorso i medici intimati, articolando altresì ricorso incidentale affidato a 4 motivi, illustrati da memoria; ha resistito ad entrambi, con distinti controricorsi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore formulando altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, pure illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo del ricorso principale dell’Avvocatura dello Stato si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sul difetto di legittimazione sostanziale passiva delle Amministrazioni “in ordine alla domanda di corresponsione della borsa di studio ed al suo conseguente aggiornamento”;

con il secondo motivo dello stesso ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 37,comma 3, per avere la Corte territoriale omesso di riconoscere “il difetto di legittimazione sostanziale passiva dell’Amministrazione statale” estranea al “diritto alla rideterminazione triennale delle borse di studio” rispetto al quale detta legittimazione avrebbe dovuto necessariamente individuarsi nell’Università erogante gli importi in questione;

2. con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso principale dell’Avvocatura dello Stato per inesistenza della notifica effettuata presso il procuratore del giudizio di primo grado sostituito nel giudizio di appello da altro procuratore, ha denunciato violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 37, comma 3, e del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 per non avere la Corte territoriale dichiarato “il difetto di legittimazione passiva dell’Università” sulla quale non potrebbero gravare esborsi che invece fanno carico al Servizio Sanitario Nazionale;

3. con il primo motivo del ricorso incidentale dei medici si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.nonchè dell’art. 234 TUE per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla richiesta di pregiudiziale comunitaria sollevata sia in primo che in secondo grado;

con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni della Costituzione, di legge e della direttiva comunitaria n. 16/93 “per mancato riconoscimento della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato e/o comunque sul mancato riconoscimento di adeguata retribuzione”;

con il terzo motivo (erroneamente numerato come secondo) si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che di plurime norme della Costituzione e del codice civile, per avere la Corte di Appello omesso di pronunciarsi sul “diritto alle spettanze retributive e contributive derivanti dal rapporto di lavoro ex art. 2126 c.c.”;

con il quarto motivo (erroneamente numerato come terzo) si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che della disciplina comunitaria, per non essersi la Corte romana pronunciata in ordine alla domanda di “risarcimento del danno e/o corresponsione di giusta indennità per ritardato adempimento della direttiva n. 16/93”;

4. per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica devono essere esaminati tali motivi di ricorso incidentale che – oltre i profili di inammissibilità derivanti sia da una promiscua formulazione delle censure che si riferiscono ad una sequenza indeterminata di violazioni e falsa applicazione di norme senza che dall’illustrazione dei motivi sia decifrabile a i errori di diritto esse siano ascrivibili (v., in motivazione, Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016), sia dall’invocazione inappropriata dell’art. 112 c.p.c. rispetto a pronunce, implicitamente o esplicitamente rese dalla Corte territoriale – non possono trovare accoglimento anche per le ragioni che seguono;

rispetto al primo motivo la richiesta di rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione Europea su una questione pregiudiziale di diritto comunitario “non è configurabile come autonoma domanda, rispetto alla quale, nel caso di omessa specifica pronuncia, possa farsi questione del rispetto del principio di cui all’art. 112 c.p.c., ponendo tale richiesta una questione di diritto preliminare alla decisione sulla domanda di merito proposta dalla parte” (in termini: Cass. n. 5842 del 2010; più di recente v. Cass. n. 1624 del 2019 con richiami);

il secondo ed il quarto motivo, congiuntamente esaminabili per connessione, sono infondati alla stregua dell’orientamento già ribadito più volte da questa Corte secondo cui: “La disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti; tale diversità di trattamento non è irragionevole, in quanto il legislatore è libero di differire gli effetti di una riforma ed il fluire del tempo costituisce di per sè idoneo elemento di diversificazione della disciplina”; inoltre “la disciplina recata dalla direttiva 93/167CEE in ordine alle modalità ed ai tempi della formazione specialistica, in continuità con la direttiva 82/76/CEE, mira a garantire che i medici specializzandi dedichino alla loro formazione pratica e teorica tutta la propria attività professionale, ovvero nel caso degli specialisti in formazione a tempo ridotto, una parte significativa di quest’ultima, ma non obbliga gli Stati membri a disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato; la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione; 82. con il D.Lgs. n. 17 agosto 1999, n. 368 il legislatore ha dato attuazione della direttiva 93/16/CEE e nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991 ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale” (per tutte v. Cass. n. 4449 del 2018, cui si rinvia integralmente per ogni ulteriore aspetto; negli stessi sensi v. anche Cass. n. 15293 del 2018; Cass. n. 15294 del 2018; Cass. n. 15520 del 2018; Cass. n. 15637 del 2018; Cass. n. 16137 del 2018); il Collegio non ravvisa ragione per discostarsi da tale consolidato orientamento, più volte ancora di recente confermato (cfr. Cass. n. 5503 del 2019; n. 5502 del 2019; n. 24805 del 2018; n. 24804 del 2018; n. 24803 del 2018; n. 24802 del 2018; n. 24708 del 2018; n. 20419 del 2018; n. 6355 del 2018; n. 13445 del 2018); talune pronunce ritenute espressive di un diverso indirizzo (Cass. n. 8242 e n. 8243 del 2015), che riconoscerebbe anche agli specializzandi destinatari della borsa di studio il diritto al risarcimento del danno per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, in realtà interessano i medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, ai quali è stato riconosciuto il diritto risarcitorio per inadempimento dello Stato italiano alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE (come anche recentemente ribadito, con opportune precisazioni temporali, da: Cass. SS.UU. n. 20348 del 2018; Cass. SS.UU. n. 30649 del 2018), situazione che ha avuto termine con l’istituzione della borsa di studio;

quanto poi alla censura circa l’instaurazione di un rapporto di lavoro di natura subordinata la sentenza impugnata è coerente con il consolidato principio espresso da questa Corte secondo cui: “L’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nè del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante” (Cass. n. 20403 del 2009; conf. tra molte Cass. n. 18670 del 2017; Cass. n. 4449 del 2018, punto 83);

dall’esclusione della subordinazione deriva anche l’infondatezza del terzo mezzo atteso che l’art. 2126 c.c. postula quale fatto costitutivo l’esistenza di un rapporto in fatto qualificabile come di lavoro subordinato;

5. il ricorso principale dell’Avvocatura dello Stato e quello incidentale dell’Università, che investono la sentenza impugnata esclusivamente nella parte in cui viene individuata in tutti i soggetti appellati la parte titolare, dal lato passivo, del rapporto controverso, possono essere trattati congiuntamente sulla base della ragione più liquida (da ultimo Cass. n. 10839 del 2019) e quindi anche a prescindere dalla eccezione di inammissibilità del ricorso principale per cassazione sollevata dalla Cattolica;

infatti questa Corte in proposito ha affermato il seguente principio:

in tema di borse di studio per i medici specializzandi, e relativi meccanismi di rivalutazione automatica, istituite dal D.Lgs. n. 257 del 1991, a4rt. 6 e finanziate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sulla base di un decreto interministeriale adottato dal MIUR e dai Ministri della Salute e dell’Economia, sussiste carenza di legittimazione passiva in senso sostanziale dell’Università degli Studi che ne provvede alla mera corresponsione materiale, senza che le possa essere imputato alcun comportamento inerte in tema di violazione degli obblighi di attuazione e recepimento delle direttive comunitarie in materia. Ne consegue che, trattandosi di questione attinente alla titolarità del rapporto controverso, rilevabile anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del giudizio, fermi i limiti del giudicato, qualora detto ente sia stato l’unico soggetto convenuto in giudizio, l’azione è improseguibile (in termini Cass. n. 18710 del 2016; v. pure Cass. n. 17682 del 2011; Cass. n. 12346 del 2016 e, più di recente, Cass. n. 19791 del 2017 e Cass. n. 15634 del 2018);

6. conclusivamente, alla luce di tale principio di diritto, il ricorso principale deve essere respinto (non avendo l’Avvocatura dello Stato proposto motivi di impugnazione attinenti il riconoscimento del diritto all’incremento annuale ed alla indicizzazione triennale delle borse, per cui su tali aspetti si è formato il giudicato) ed invececcolto quello incidentale dell’Università con decisione nel merito – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c., comma 23) – di rigetto delle domande formulate in primo grado dai medici nei confronti della Università Cattolica del Sacro Cuore; per quanto innanzi esposto (punto 4) deve essere respinto anche il ricorso incidentale di S.M., T.P.A. e B.L.;

7. il Collegio reputa sussistere le condizioni per compensare le spese del giudizio di legittimità tra le parti, sia per la reciproca soccombenza tra medici e pubbliche amministrazioni difese dall’Avvocatura dello Stato ma anche avuto riguardo alla complessa stratificazione del quadro normativo in ordine agli aggiornamenti delle borse di studio dei medici iscritti alle scuole di specializzazione; tale ultima ragione, estesa anche alla individuazione del titolare dal lato passivo del rapporto obbligatorio, induce alla compensazione delle spese per l’intero giudizio anche laddove questa Corte si è pronunciata nel merito respingendo le pretese nei confronti dell’Università;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per i medici ricorrenti in via incidentale; tale presa d’atto non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni ricorrenti in via principale, quali amministrazioni pubbliche difese dall’Avvocatura dello Stato istituzionalmente esonerata, per valutazione normativa della sua qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. SS. UU. n. 9938 del 2014; Cass. n. 5955 del 2014; Cass. n. 23514 del 2014; Cass. n. 1778 del 2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale delle Amministrazioni statali; rigetta il ricorso incidentale di S., T. e B.; accoglie il ricorso incidentale della Università Cattolica del Sacro Cuore e, cassando sul punto senza rinvio la sentenza impugnata, afferma il difetto di legittimazione passiva dell’Università stessa; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei medici ricorrenti in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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