Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19264 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 19264 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: VARRONE LUCA

ORDINANZA

sul ricorso 11509-2014 proposto da:
PREVOSTO DARIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO
BUOZZI 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARTUCCELLI, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE LEUZZI;
– ricorrente contro

IAFP FLLI PELLITTERI SNC , CARACCIOLO PIERO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 670/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 26/03/2013;

1.

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Ìf

Data pubblicazione: 19/07/2018

C.C. 23.03.2018
N. R.G. 11509/2014
Rel. Varrone

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/03/2018 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 28 febbraio 2005 Dario Prevosto

averle fornito prestazioni e materiali idraulico per un ammontare di
euro 13.890,28 e di aver ricevuto in pagamento solo un acconto di
euro 2500, chiedendo pertanto la condanna al pagamento della
restante somma di euro 11.390,28.
1.2 La società convenuta, costituitasi in giudizio, contestava
quanto riportato nella citazione e rilevava che, relativamente al
cantiere di Valmanera, l’incarico era stato conferito al fornitore
personalmente dal signor Piero Caracciolo, proprietario dell’immobile
che, pertanto, chiamava in causa.
1.3 Piero Caracciolo si costituiva in giudizio ed eccepiva
l’indeterminatezza della domanda contro di lui proposta.
1.4 Con sentenza del 6 giugno 2008 il Tribunale di Asti
dichiarava inammissibile il giuramento decisorio deferito da parte
attrice e respingeva la domanda attorea, inoltre, respingeva la
richiesta risarcitoria per lite temeraria avanzata dal terzo chiamato in
causa e condannava la parte attrice alla rifusione delle spese di lite a
favore del convenuto e del terzo.
2. Dario Prevosto proponeva impugnazione avverso la suddetta
sentenza, dolendosi del fatto che il giudice non avesse provveduto
sull’istanza di ammissione delle prove orali nell’immediato, con
ordinanza e, inoltre, del fatto che il giudice avesse ritenuto privi del
carattere della decisività i capitoli dedotti come giuramento, perché,
al contrario, la capitolazione indicava in modo dettagliato il periodo e

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citava in giudizio la società I.A.F.P. F.11i Pellitteri snc, assumendo di

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Rei. Varrone

luogo di effettuazione delle commesse, i particolari delle forniture, i
lavori eseguiti e il relativo corrispettivo.
Le parti appellate, costituitesi in giudizio, domandavano
l’integrale conferma della sentenza.

2009 ammetteva il giuramento decisorio sui capitoli dedotti
dall’appellante e, all’udienza del 13 maggio 2009, il legale
rappresentante della società appellata prestava giuramento.
All’udienza del 22 novembre 2012 le parti presentavano le conclusioni
e la parte appellante produceva una denuncia querela chiedendo la
sospensione del processo.
2.2 La Corte d’Appello di Torino, preliminarmente, dichiarava
l’inammissibilità del documento relativo alla denuncia querela a carico
di Carmelo Pellitteri prodotto dall’appellante in sede di precisazione
delle conclusioni, in quanto ai sensi dell’articolo 345, terzo comma,
c.p.c. non potevano essere prodotti nuovi documenti salva la loro
indispensabilità. Nel caso di specie tale requisito non sussisteva
perchè, secondo la giurisprudenza di legittimità, la prestazione del
giuramento suppletorio così come di quello decisorio, ai sensi
dell’articolo 2738 c.c., implicando una presunzione iuris et de iure, in
ordine all’esistenza dei fatti che ne hanno formato oggetto, svincola
l’esito del giudizio civile da quello dell’eventuale processo penale per
falsità del giuramento stesso, la cui definizione può soltanto costituire
titolo per le pretese risarcitorie da avanzare verso chi abbia giurato il
falso. Sicchè in tali casi deve considerarsi erronea la sospensione
necessaria del procedimento civile, non ricorrendo alcun caso di
pregiudizialità.
2.3 La Corte d’appello di Torino, nel merito, respingeva l’appello.
Il giudice del gravame osservava come Carmelo Pellitteri avesse

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2.1 La Corte d’Appello di Torino, con ordinanza del 21 gennaio

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Rel. Varrone

riconosciuto come vere le circostanze di cui ai capitoli di prova 1, 2 e
4, non rilevando che, anziché usare le parole “Giuro”, avesse detto
che la circostanza dedotta era vera. Egli, dunque, aveva riconosciuto
di aver commissionato al Prevosto i lavori indicati in tali capitoli

capitali sub 3, 5, e 6.
Dunque la confessione resa limitatamente ai lavori indicati non
poteva condurre all’accoglimento dell’appello, in quanto l’acconto di
euro 2500, pacificamente versato, era sufficiente al pagamento delle
consegne oggetto di ammissione.
3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione Dario Prevosto sulla base di due motivi, le parti intimate
non si sono costituite.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: «violazione o falsa
applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c. n. 3) – Art 233 – 238 239 c.p.c.».
Il ricorrente riporta l’esatto contenuto dei capitoli nei quali era
stato articolato il deferito giuramento decisorio, al fine di evidenziare
la contraddittorietà della sentenza della Corte d’Appello.
La corte territoriale, infatti, aveva ritenuto irrilevante il mancato
giuramento sulle circostanze di cui ai capitoli 1,2 e 4, in quanto, pur
non essendo state rispettate le forme del giuramento, era stata
comunque riconosciuta la veridicità di quanto dedotto.
1.2 Secondo il ricorrente poiché il giuramento decisorio è uno
strumento probatorio da cui dipende direttamente la decisione della
causa, costituendo una prova legale, deve essere considerato
unitariamente, sicché il fatto che il Pellitteri aveva rifiutato di prestare
giuramento su parte dei capitoli, limitandosi ad affermare che i fatti in

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mentre aveva negato tale circostanza rispetto ai lavori indicati ai

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Rel. Varrone

essi indicati erano veri, da un lato non lo esimeva dal fornire anche su
di essi l’impegno rituale e dall’altro determinava la nullità dell’intero
giuramento e l’applicabilità dell’art. 239 c.p.c. relativo alla mancata
prestazione del giuramento o al suo rifiuto.

In primo luogo il motivo non coglie la

ratio decidendi della

sentenza impugnata. I giudici del gravame, infatti, non hanno
affermato che il rappresentante della società appellata aveva prestato
un giuramento decisorio parziale, ma al contrario, hanno ritenuto che
al di là della differente formula usata, «giuro» o «è vero» il
giuramento era stato correttamente svolto e vi era stata solo una
parziale ammissione dei lavori effettivamente commissionati. In
particolare, l’appellata aveva ammesso che i lavori erano stati
ordinati solo in relazione ai capitoli n. 1, 2 e 4, ovvero proprio quelli
rispetto ai quali il ricorrente lamenta il mancato esperimento delle
formalità di rito, mentre per quelli dove le suddette formalità erano
state rispettate, la controparte aveva negato di aver commissionato i
lavori.
1.4 La tesi prospettata dal ricorrente è, in ogni caso, infondata in
base alla giurisprudenza di questa Corte cui il collegio intende dare
continuità secondo la quale: «In tema di giuramento decisorio, non
comportano nullità la mancata verbalizzazione della formula e
l’omessa pronuncia della parola “giuro”, atteso che detta nullità,
ipotizzabile solo nei casi tipizzati dalla legge a norma dell’art. 156
cod. proc. civ., non è prevista dagli artt. 238 e 239 cod. proc. civ.,
sempre che l’atto presenti tutti i requisiti formali indispensabili per il
raggiungimento dello scopo per il quale è stato introdotto, a norma
dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.
(Sez. L, Sentenza n. 27026 del 12/11/2008).

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1.3 D motivo è infondato.

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Rel. Varrone

Nella specie, anche se nella verbalizzazione è stata omessa la
parola “giuro” limitatamente ai capitoli di prova n. 1, 2 e 4, la
dichiarazione prestata dal Pelitteri ha chiarito in maniera non
equivocabile che i lavori erano stati ordinati, confermando le

interesse a far valere la violazione della formula visto il valore
confessorio delle dichiarazioni rese, mentre la decisione della causa è
dipesa dai capitoli di prova rispetto ai quali le formalità di rito sono
state rispettate.
Nessun fondamento ha, infine, la tesi del ricorrente circa il fatto
che l’omissione della formalità del rito del giuramento rispetto ad un
capitolo di prova renda nullo l’intero giuramento, anche rispetto ai
capitoli nei quali alcuna violazione si è verificata.
Al contrario, il richiamato principio generale secondo cui “non
può pronunciarsi la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del
processo, se la nullità non è comminata dalla legge” (art. 156 c.p.c.,
comma 1) impone anche di affermare la validità del giuramento con
riferimento ai capitoli di prova rispetto ai quali è stato correttamente
espletato, a condizione che possa essere raggiunto il fine cui tende
questo speciale mezzo di prova, costituito dalla decisione totale
o parziale della lite, in modo che, a seguito della prestazione
del giuramento stesso, altro non resti al giudice che verificare l’an

iuratum sit e senz’altro accogliere o respingere la domanda sul punto
che ha formato oggetto del giuramento
(Sez. 3, Sentenza n. 1878 del 14/06/1972).
In definitiva la Corte d’Appello, nel pieno rispetto della
giurisprudenza richiamata, ha ritenuto valido il giuramento prestato
dalla controparte con motivazione congrua e non sindacabile nel
merito da questa Corte.

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circostanze per lui pregiudizievoli. Il ricorrente, quindi, non ha alcun

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Rel. Varrone

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: «violazione o
falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n.3, c.p.c.) art. 2697
C.C.».

Secondo il ricorrente la sentenza impugnata avrebbe violato il

quanto la controparte aveva ammesso di aver commissionato una
parte dei lavori oggetto della controversia e in particolare le opere
eseguite con la commessa del 10 luglio 2004 località Viatosto.
Il ricorrente in sede di impugnativa aveva evidenziato come la
pronuncia emessa in primo grado fosse comunque riformabile in
quanto il giudice di prime cure aveva gli elementi per accogliere
almeno parzialmente la domanda attrice. Gli atti depositati in causa
dalla convenuta conducevano all’affermazione del riconoscimento dei
lavori e delle forniture eseguiti da Prevosto presso i cantieri citati e
comprensivi dell’impianto di carico e scarico dei bagni cucina e caldaia
nel cantiere di Viatosto e, dunque, il Pellitteri avrebbe dovuto versare
ancora all’attore il corrispettivo per tali opere.
Il ricorrente, come evidenziato anche nell’atto di appello, riporta
il seguente passo della memoria istruttoria della controparte: «vero
che parte convenuta diede in sub appalto a parte attorea soltanto
l’impianto di carico e scarico bagni e cucine e caldaie nel cantiere di
Viatosto».
Dalla documentazione e dalla memoria istruttoria come sopra
riportata, secondo il ricorrente, si ricaverebbe che fin dalla sua
costituzione in giudizio la controparte aveva riconosciuto, seppur
parzialmente, l’incarico attribuito.
La Corte d’Appello avrebbe dovuto, dunque, accogliere il motivo
in applicazione dei principi della non contestazione in riferimento
all’onere probatorio contenuto nell’articolo 2697 c.c.

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citato art. 2697 c.c. in relazione al principio di non contestazione, in

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Rel. Varrone

2.1 n motivo è infondato.
In primo luogo deve confermarsi che il principio di non
contestazione di cui agli artt. 115 e 416, comma 2, c.p.c., riguarda
solo i fatti cd. primari, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto

prodotta dalla controparte che costituisce prova diretta atteso che
l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni
presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti e non
nella produzione documentale (Sez. 3, Sent. n. 22055 del 2017 e
Sez. L, Sent. n. 17966 del 2016).
Inoltre il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda
denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della
prova derivante dall’assenza di contestazioni della controparte su una
determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto
della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi,
evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale
assenza di contestazioni sul punto (Sez. 6 3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017).
2.2 II ricorrente, nel caso di specie, oltre a richiamare la
documentazione prodotta dalla controparte e senza fare alcun cenno
al contenuto della comparsa di risposta, si è limitato a riportare un
brevissimo passo della memoria istruttoria dalla cui lettura non è
possibile ricavare alcuna ammissione o non contestazione della
pretesa avversa, rimanendo del tutto equivoco il senso della frase e il
contesto difensivo nel quale la stessa si collocava.
3. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.
4. Non è luogo a pronuncia sule spese in quanto la parte intimata
non si è costituita.

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azionato, e non si applica né alle mere difese né alla documentazione

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Rel. Varrone

5. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale

quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso, nulla sulle spese;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del
contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1
bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
civile in data 23 marzo 2018.
IL PRESIDENTE
Una Matera

Il Fi narici Giudiziario
r:R. NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

19 LUG. 2018

dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-

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