Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19261 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. II, 16/09/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 16/09/2020), n.19261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21203/2019 proposto da:

M.S., ammesso al patrocinio a spese dello Stato,

rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanbattista Scordamaglia,

con studio Petilia Policastro in via Arringa n. 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), rappresentato e difeso ope legis

dall’Avvocatura generale dello Stato, con sede in Roma, Via Dei

Portoghesi 12;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REPUBBLICA CATANZARO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2277/2018 della Corte d’appello di Catanzaro,

depositata il 27/12/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da M.S., cittadino del (OMISSIS), avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro che respingendo il suo gravame ha confermato il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), nonchè del diritto al riconoscimento della protezione umanitaria;

– a sostegno delle domande il richiedente aveva allegato di provenire dal Bangladesh ed in particolare da (OMISSIS) e di fare il contadino; precisava che il padre era il presidente del (OMISSIS) del suo villaggio; dopo la morte del padre avvenuta il (OMISSIS), egli aveva subito minacce da appartenenti al partito al potere (OMISSIS) affinchè aderisse a quella formazione politica; a causa del suo rifiuto veniva picchiato e ricoverato in ospedale per un mese; successivamente veniva informato che i membri dell'(OMISSIS) lo stavano ancora cercando e perciò decideva di lasciare il suo Paese;

-la corte d’appello respingeva l’impugnazione del richiedente, avverso l’ordinanza di rigetto del tribunale, evidenziando come il racconto dei fatti che avevano determinato la fuga dal Paese non fosse credibile, ed, anzi, fosse privo di riscontri, impreciso e contraddittorio e, pertanto, non poteva essere preso in considerazione per fondare nè la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato nè la fattispecie della protezione sussidiaria previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nè a quella della violenza indiscriminata di cui del citato art. 14, lett. c), che, anche a prescindere dalla credibilità del richiedente, sulla base delle fonti ufficiali consultate non era ravvisabile in relazione al distretto di Kishoreganj dal quale il ricorrente proviene;

– la corte territoriale escludeva, altresì, la sussistenza di una specifica situazione di vulnerabilità che potesse giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso l’intimato Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per avere la corte territoriale errato nel ritenere il racconto del richiedente non veritiero, confuso e contraddittorio, nonostante lo sforzo fatto dal medesimo per circostanziare i fatti accadutigli;

– la censura è infondata;

– la valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo deve avvenire alla stregua dei parametri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ovvero tenendo conto dello sforzo compiuto per circostanziare il racconto (lett. a), la motivazione fornita per giustificare la mancanza di elementi significativi (lett. b), la coerenza, plausibilità e non contraddittorietà delle dichiarazioni (lett. c), la tempestiva presentazione della domanda di protezione (lett. d), l’attendibilità (lett. e);

– ove tali parametri complessivamente valutati facciano ritenere veritiere le dichiarazioni del richiedente, l’accertamento giudiziale della domanda deve essere condotto in base al principio dell’attenuazione dell’onere della prova, sancito dal combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (cfr. Cass. 8282/2103);

– nel caso in esame la valutazione della credibilità del richiedente è stata improntata ai suddetti criteri nel corso di tutta l’istruttoria della domanda di protezione, e cioè sia nella fase avanti alla Commissione territoriale che avanti al Tribunale ed è stata richiamata in più punti della sentenza impugnata (cfr. pag. 4, 5, 6 e 7) sicchè la censura, formulata in termini di illegittimità della valutazione, finisce per attingere in realtà l’apprezzamento di fatto del giudice del merito (cfr. Cass. 3340/2019; id. 21141/2019) e non la correttezza del procedimento di valutazione;

– pertanto, la censura in esame deve essere respinta;

– con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 8, art. 14, comma 1, lett. b), in relazione alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato ed alla protezione sussidiaria, per essere state rigettate all’esito di un incompleto esame della fattispecie allegata; il collegio avrebbe cioè motivato il rigetto sulla sola base della non credibilità e contraddittorietà delle dichiarazioni, senza procedere all’acquisizione di informazioni desunte dall’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria incombente sul l’organo giudicante;

– la censura è infondata;

-la corte territoriale fa esplicito riferimento (inizio di pag. 8 della sentenza) ai rapporti COI (country of origin information) più recenti sul Bangladesh e rinvenibili sul sito dell’EASO (European Asylum Support Office) che suffragano la conclusione che l’instabilità sociale rilevata nel Paese non caratterizzi anche il distretto di Kishoreganj dal quale il richiedente proviene; nè il ricorrente ha allegato informazioni di contrario avviso rispetto a quelle utilizzate dalla corte territoriale;

– con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, per avere la corte territoriale erroneamente argomentato la mancata allegazione di situazioni di violazione dei diritti fondamentali;

– assume il ricorrente che la corte avrebbe omesso di valutare le situazioni che concretizzano una soggettiva condizione di vulnerabilità, la quale non può essere esclusa per il solo diniego della protezione internazionale, giacchè il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è frutto di una autonoma valutazione della condizione soggettiva del richiedente;

– la censura è inammissibile perchè il ricorrente non allega, a fondamento della critica che muove alla statuizione del giudice del gravame, una specifica condizione di vulnerabilità a carattere umanitario non potendo la condizione economica di contadino e le comprensibili difficoltà della ripresa della propria attività, in caso di rimpatrio forzoso, giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (cfr. Cass. 23757/2019);

– l’esito sfavorevole di tutti i motivi di impugnazione giustifica il rigetto del ricorso;

– in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente è condannata alla rifusione delle spese a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente che liquida in Euro 2100,00 per compensi oltre spese prenotate e prenotante a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2020

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