Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19260 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. III, 22/09/2011, (ud. 27/06/2011, dep. 22/09/2011), n.19260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15438/2009 proposto da:

FONDIARIA SAI – S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo Dirigente

Dott. S.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI

QUATTRO VENTI 162, presso lo studio dell’avvocato DEL CASTELLO

ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato CANESSA Carlo giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LICEO ARTISTICO L.B. ALBERTI (già Firenze (OMISSIS)) in

persona del

Dirigente Scolastico pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO da

cui è difeso per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 795/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Seconda Seconda Civile, emessa il 8/5/2008, depositata il 15/05/2008,

R.G.N. 1099/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/06/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato LAURA LUCIDI per delega dell’Avvocato CARLO CANESSA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Fondiaria – SAI S.p.A. – in relazione a controversia per il risarcimento dei danni causati ad essa locatrice dalla riconsegna, nell’ottobre 1997, di immobile in pessimo stato manutentivo da parte del Liceo, conduttore del medesimo fin dal 1971 – propone ricorso sulla base di sei motivi, illustrati con memoria, avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze depositata il 15 maggio 2008 che, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di risarcimento dei danni, in quanto dalle risultanze processuali era emerso che dal 2004 l’immobile era stato concesso in locazione ad altro conduttore che lo aveva completamente ristrutturato per adibirlo ad albergo; ciò lasciava legittimamente presumere l’insussistenza di un danno patrimoniale per il locatore, che avrebbe, perciò, dovuto dimostrare in giudizio di avere eliminato lo stato di deterioramento prima della ristrutturazione ad opera del nuovo conduttore ed a proprie spese. Resiste l’istituto scolastico con controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

2. Nel proprio ricorso, la Fondiaria deduce i seguenti motivi:

2.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1587, 1588, 1590 c.c., artt. 113, 115 e 116 c.p.c., e chiede alla Corte “se in caso di rilascio dell’immobile locato da parte del conduttore, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di restituzione della cosa locata alla scadenza del contratto e dell’insorgenza dell’obbligo risarcitorio per inesatta riconsegna, debba essere valutato lo stato dell’immobile all’atto della restituzione ovvero quello risultante da nuova locazione decorsi sette anni da tale restituzione”.

2.2. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo (relativo all’esistenza del grave deterioramento all’immobile nel 1997 ed alle ragioni per cui tali danni non avrebbero comportato una perdita risarcibile).

2.3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1590 c.c., artt. 112, 113, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e chiede alla Corte se “il conduttore sia o meno obbligato al risarcimento contrattuale in favore del locatore, se risulti accertato, al momento della consegna dell’immobile, l’esistenza di un deterioramento della cosa locata da lui arrecato superiore a quello corrispondente all’uso del bene in conformità del contratto, ovvero se costituisca una particolare circostanza che lo esima dall’obbligazione risarcitoria il fatto che il locatore abbia posto in essere una nuova locazione decorsi sette anni da tale restituzione”. Nella parte finale della trattazione del motivo – e senza che ciò venga espresso nel quesito – deduce che avrebbe dovuto presumersi lo svolgimento dei lavori di ripristino ad opera del locatore, senza specificare se e quando, a parte la conclusionale in appello, la circostanza fosse stata rappresentata nei precedenti gradi ed in quale maniera avrebbe potuto contribuire all’assolvimento dell’onere probatorio.

2.4. Violazione degli artt. 1590, 2697 2727, 2729, 2730 e 113 e 115 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo e chiede alla Corte se “nel caso di specie, il ricorso alla prova presuntiva sia stato effettuato in violazione delle norme di cui in rubrica ovvero se il ragionamento seguito sia viziato per l’assenza della pluralità di elementi caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza”. Il vizio di motivazione denunciato riguarderebbe la presunzione di mancata eliminazione, a spese del locatore, dello stato di deterioramento, ritenuta dal ricorrente mancante dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (senza ulteriori specificazioni o deduzioni).

2.5. Violazione degli artt. 99 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c., e chiede alla Corte se “nel caso di specie, la Corte di appello avesse dovuto o meno dare corso all’ammissione dei mezzi istruttori richiesti dall’appellante al fine di verificare l’esistenza o meno delle particolari circostanze che esentavano il conduttore dal corrispondere il risarcimento dei danni per l’obbligazione inadempiuta di consegna del bene locato”.

2.6. Nullità della sentenza e del procedimento in relazione alla violazione dell’art. 112 c.p.c., posta in essere dalla sentenza di appello e chiede alla Corte se “ponga in essere un error in procedendo la sentenza di appello che ometta di pronunciarsi su tutti i capi di appello ritualmente proposti”.

3. I motivi sono tutti inammissibili.

3.1. Il secondo motivo è privo del prescritto “momento di sintesi”, così come la seconda parte del quarto motivo, con cui viene anche dedotto un vizio motivazionale. Difetta, pertanto, rispetto a dette censure, la “chiara indicazione” del “fatto controverso” e delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall’art. 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002). L’individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte.

3.2. Il sesto motivo si rivela inammissibile per l’assoluta genericità ed assertività del relativo quesito (che chiede se sia viziata la sentenza che ometta di pronunciare su tutti i capi dell’appello ritualmente proposti), dovendosi ribadire l’indirizzo (Cass. S.U. n. 26020/08) che ha ritenuto inammissibili motivi ai cui quesiti sarebbe dovuta seguire una risposta affermativa che si risolveva in un’ovvia asserzione. Nella specie, il mancato riferimento, neanche sintetico, alla fattispecie non mette in grado questa Corte di valutare se sussistesse l’obbligo di pronuncia, da parte del giudice di appello, in relazione all’individuazione delle censure ed all’assorbimento o implicito rigetto delle stesse, specie ove si consideri la ratio decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata: nonostante la prova del danno materiale – cui si riferiscono i capi dell’appello asseritamente non considerati – non consta la prova, da parte del locatore, dell’effettiva perdita patrimoniale.

3.3. Inoltre i quesiti, come sopra formulati nei restanti motivi (1^, 3^, 5^ e parte del 4^) che deducono violazione di legge, si rivelano inidonei. Una formulazione del quesito di diritto adeguata alla sua funzione richiede, come noto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007, n. 7253). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare. Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati alla fine dei predetti motivi, dato che non contengono adeguati riferimenti alla fattispecie oggetto della sentenza impugnata, nè espongono le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s’invoca l’applicazione, si limitano ad enunciazioni di carattere generale ed astratto che, che presuppongono tutte una ricostruzione delle risultanze di causa in senso difforme da quella operata dalla Corte territoriale, non riconducibili quindi all’effettiva ratio decidendi adottata dalla sentenza, sicchè non consentono di dare risposte utili a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420).

3.4. Senza contare che, in rapporto al primo, al terzo ed al quinto motivo, si deve ribadire che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010; 4178/07;

10316/06; 15499/04). In detti motivi, infatti, l’assunta violazione di legge si basa sempre e presuppone una diversa ricostruzione delle risultanze di causa, censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detti motivi (v. precedente paragrafo 3.1.).

3.5. Nè va tralasciato – quanto al quarto motivo – che spetta, in ogni caso, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato (come nella specie), sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi comunque rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi – come operato nel presente giudizio – a sostenere la grave carenza del ragionamento espresso dal giudice di merito, ma deve indicare e fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio (Cass. n. 8023/09; 15737/03).

5. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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