Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19260 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.02/08/2017),  n. 19260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9399/52016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G. in proprio e nella qualità di titolare

dell’omonima ditta individuale G.G. – P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/1/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ANCONA, depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. in fattispecie relativa ad accertamento induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), a carico di G.G., titolare di impresa individuale, per l’anno d’imposta 2005 – scaturito dal raffronto tra le indicazioni contenute nel rogito di vendita di un immobile (prezzo di vendita Euro 150.000,00, mutuo fondiario di Euro 180.000,00), la proposta di acquisto rinvenuta presso l’acquirente L.A. (prezzo di vendita Euro 215.000,00 con caparra penitenziale di Euro 32.000,00) e l’assegno bancario di Euro 32.000,00 emesso dall’acquirente in favore del G. – la C.T.R. ha rigettato l’appello dell’amministrazione avverso la sentenza di primo grado favorevole al contribuente, affermando che “gli elementi presuntivi acquisiti, anche se gravi, non possono essere ritenuti univoci e concordanti, e l’Ufficio avrebbe dovuto, partendo dalle presunzioni, eseguire riscontri contabili e finanziari per dimostrare che quanto presunto era provato con i movimenti della circolazione finanziaria utilizzata tra acquirente e venditore”, tanto più che l’acquirente era stata sottoposta a verifica, perciò concludendo che “non vi è prova certa che la vendita sia stata effettuata per l’importo indicato nella proposta di acquisto rinvenuta presso la sig.ra L., e risultano plausibili le argomentaioni dell’appellato secondo cui tale documento è stato creato dall’acquirente per accedere ad un mutuo di importo superiore al prezzo della compravendita”;

2. l’Agenzia delle entrate impugna la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e art. 2697 c.c., in quanto, a fronte dei “molteplici elementi indiziari” riscontrati dallo stesso giudice d’appello, sarebbe stato preciso onere del contribuente dimostrare l’insussistenza di ricavi maggiori di quelli accertati dall’ufficio, mentre la decisione si è fondata sulla mera “plausibilità” di un’illazione – la precostituzione di un documento falso per accedere ad un mutuo più elevato del prezzo dell’immobile – smentita dallo stesso rogito, ove il mutuo era comunque di importo superiore al prezzo dichiarato;

3. all’esito della Camera di consiglio, il Collegio ha disposto adottarsi la motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. va preliminarmente respinta l’eccezione di “inesistenza giuridica del ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate per omesso conferimento all’Avvocatura dello Stato della procura speciale alle liti”, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte per cui, in base al T.U. n. 1611 del 1933, art. 43, “l’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata (per quel che qui interessa) da disposizione di legge: in tali casi, la rappresentanza e la difesa sono assunte dall’Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva”, senza che sia “nemmeno richiesto il conferimento di apposita procura, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato” (Cass. Sez. 5, 25679/16, 3427/10, 11227/07, 12152/05, 7329/03; cfr. Cass. S.U. 23020/05);

5. va altresì disattesa l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso formulata a pag. 6 del controricorso, poichè la censura non pretende una rivalutazione del merito, ma critica l’applicazione dei criteri in tema presunzioni e riparto dell’onere della prova, dunque un giudizio non in fatto ma in diritto (v. Cass. 131156/14, 17535/08);

6. nel merito la censura è fondata, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte per cui, in tema di accertamento induttivo o analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), “l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato… è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatoci, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultane esposte” – laddove integranti presunzioni anche semplici, purchè gravi, precise e concordanti – “mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate”, “con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente” (Cass. sez. 5, 23550/14, 15027/14, 14068/14, 23626/11), con la precisazione che, ad esempio, la cd. “contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, anche se rinvenuta presso terzi, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e legittima di per sè, a prescindere da ogni altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli” (Cass. sez. 6-5, 14150/16);

7. questa Corte ha altresì più volte ribadito che “in tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senta accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento” (Cass. Sez. 6-5, 9108/12; conf. 5374/17); del resto, era stato già chiarito che “nella prova per presunzioni, il giudice del merito, se è libero di scegliere gli elementi che ritiene attendibili e rispondenti all’accertamento del fatto ignoto ed a valutarne la gravità e concludenza, deve però esaminare organicamente e globalmente i fatti considerati per non incorrere nell’errore di diritto, censurabile in sede di legittimità, dell’esame isolato dei singoli elementi presuntivi al fine di ritenere la loro irrilevanza” (Cass. S.U. 584/08);

8. la C.T.R. non si è attenuta a detti principi, in quanto non ha valutato complessivamente i numerosi elementi indiziari allegati dall’amministrazione, ma si è concentrata sull’atto di compravendita, per concludere che esso “non chiarisce, di per sè solo, se l’intero ricavato del mutuo sia stato utilizzato per l’acquisto dell’immobile”, ed ha valorizzato invece oltre misura le “argomentazioni plausibili” del contribuente, di fatto esonerandolo dall’onere probatorio e finendo per sindacare le scelte istruttorie interne dell’ufficio, nella pretesa di ulteriori verifiche.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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