Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19258 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. III, 22/09/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 22/09/2011), n.19258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16088/2009 proposto da:

AZIENDA AGRICOLA ANNESE DI FERA GIUSEPPINA SAS (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante p.t. Sig.ra F.G. (già

Azienda Agricola Annese Onofrio & F.lli S.A.S. e AZIENDA

AGRICOLA

PETRAROLO DEI FRATELLI ANNESE SS (OMISSIS), in persona del suo

legale rappr. p.t. Sig. A.T., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio dell’avvocato CERASA

ETTORE MARIA, rappresentati e difesi dall’avvocato GRATTAGLIANO

Filippo giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona dei legali

rappresentanti Avv. T.G. e Dott. S.e.R.,

comunque, dei suoi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, V. CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato

BERNARDINI SVEVA, rappresentato e difeso dall’avvocato BUCCIERO

Ettore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 705/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI,

Sezione Seconda Civile, emessa il 23/11/2007, depositata il

30/06/2008; R.G.N. 1105/2003.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato GRATTAGLIANO FILIPPO;

udito l’Avvocato PRASTARO ERMANNO per delega dell’Avvocato BUCCIERO

ETTORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 30/6/2008 la Corte d’Appello di Bari respingeva il gravame interposto dalla società Azienda Agricola Annese di Fera Giuseppina s.a.s. e dalla società semplice Agricola Petrarolo dei Fratelli A. nei confronti della pronunzia Trib. Bari 12/6/2002 di rigetto della domanda proposta nei confronti della compagnia Assicurazioni Generali s.p.a. di pagamento dell’indennizzo assicurative o di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di furti di olio.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Azienda Agricola Annese di Fera Giuseppina s.a.s. e dalla società semplice Agricola Petrarolo dei Fratelli A. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

Resiste con controricorso la compagnia Assicurazioni Generali s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo le ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione dell’art. 157 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunziano violazione o falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunziano violazione o falsa applicazione degli artt. 2937, 2944 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunziano violazione degli artt. 1363, 1366, 1375 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5 motivo denunziano insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, inammissibile.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti risultano formulati in termini dal medesimo difformi, non recando la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, e si palesano astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr.

Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; C) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” – secondo lo schema e nei termini più sopra indicati- delle relative “ragioni”, inaramissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/20C8, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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