Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19256 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. II, 16/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 16/09/2020), n.19256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20374/2019 proposto da:

J.A., rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO VARALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. cron. 4382/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA,

depositato il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. J.A., cittadino del (OMISSIS), proponeva al Tribunale di Venezia ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale di Verona del 24 gennaio 2018, che aveva respinto la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria. Innanzi alla Commissione il richiedente aveva dichiarato che in data 12 dicembre 2013 era stato testimone di un incidente stradale in cui un’auto del Governo aveva investito una donna in bicicletta, altre auto del Governo si erano fermate e il corpo della donna era stato caricato sull’auto che l’aveva investita; il richiedente era stato avvicinato da uomini del Governo, era stato costretto a salire su un auto e poi era stato portato in una stanza dove per sei giorni era stato picchiato e interrogato circa la donna e la propria famiglia; il 18 dicembre 2013 il richiedente era riuscito a fuggire dalla finestra della stanza; il giorno dopo gli uomini del Governo si erano recati a casa sua e avevano detto al padre che il ricorrente era accusato di aver commesso atti vandalici contro l’auto del Governo; il richiedente, quindi, aveva deciso di scappare dal Gambia.

2. Con decreto n. 4382 del 22 maggio 2019 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso.

3. Avverso il decreto di rigetto propone ricorso per cassazione J.A..

Si costituisce il Ministero dell’interno chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo denuncia “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3”: il Tribunale ha “escluso con poche righe la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b)” senza adeguatamente valutare la sussistenza di rischi effettivi per la sua incolumità in caso di rientro in Gambia.

Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse; è infatti diretto a contestare la ritenuta mancanza dei presupposti, in particolare quello di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), per la concessione della protezione sussidiaria e invece con il ricorso al Tribunale il richiedente si è limitato a chiedere il riconoscimento del diritto al rilascio di permesso per ragioni umanitarie (v. p. 2 del ricorso e p. 7 del provvedimento impugnato), situazione giuridica che ha consistenza di autonomo diritto soggettivo (v. Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 30658/2018).

b) Il secondo motivo contesta “violazione ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nullità della sentenza e per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11, 29, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3-bis, per non avere il Tribunale preso in considerazione la copiosa documentazione prodotta, inerente l’ottimo percorso di inclusione sociale, la condizione di vulnerabilità e la condizione di vita del ricorrente introdotte in giudizio, adottando sul punto una motivazione apparente/inesistente e, comunque, errata, non corrispondente a quanto dedotto in causa”: il Tribunale ha escluso il riconoscimento della protezione umanitaria in ragione della mancata, specifica prospettazione di una condizione di vulnerabilità e della mancata allegazione di elementi, omettendo di considerare fatti decisivi dai quali si desume l’integrazione sociale e lavorativa del ricorrente; il Tribunale avrebbe poi omesso di considerare il “traumatico tragitto” per giungere in Italia (che ha comportato due mesi di prigionia in Libia) e le condizioni di instabilità politica e di povertà del Gambia.

Il motivo è fondato. La valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria “deve essere ancorata a una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio” (così, ex multis, Cass. 9304/2019, v. Cass., sez. un., n. 29459/2019). In relazione alla vita del richiedente in Italia, il Tribunale di Venezia ha rilevato che “il ricorrente non ha depositato elementi di rilievo quanto all’integrazione sociale e lavorativa, non potendo ritenersi sufficienti, a tale scopo, la partecipazione a corsi di italiano nè di formazione che, seppur ammirevoli, non costituiscono indice di un adeguato grado di integrazione in Italia; nemmeno la stipula di brevi contratti a tempo determinato che non garantiscono nemmeno al ricorrente una retribuzione stabile possono ritenersi sufficienti”. Il Tribunale, parlando di corsi di italiano e di formazione e di brevi contratti a tempo determinato non ha considerato che il ricorrente – come risulta dai documenti allegati al ricorso – ha invece ottenuto il diploma di licenza conclusiva del primo ciclo di istruzione con buona votazione ed è iscritto ad un istituto tecnico commerciale, fatti decisivi al fine della valutazione dell’avvenuta integrazione del ricorrente in Italia e che impongono da parte del giudice di merito una rivalutazione della sua situazione ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Il provvedimento impugnato va cassato in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Venezia, che procederà alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine alla luce degli ulteriori fatti sopra menzionati; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alla spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo; cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2020

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