Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19256 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.02/08/2017),  n. 19256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 515-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

DENZA 50-A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA LAURENTI, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati

GIOVANNI MARIA FONTANA e GIACOMO SARTI ROSATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2123/2/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’annosa vicenda che ne occupa (ampiamente riepilogata negli scritti difensivi delle parti) prende origine dal passaggio in giudicato, per mancata impugnazione, della sentenza n. 3222/82 della C.T. di 1 grado di Firenze, la quale ha dichiarato inammissibili – per difetto di sottoscrizione – i ricorsi proposti dal contribuente avverso avvisi di rettifica Iva relativi agli anni 1975-1979;

2. in base ad essa, con sentenza n. 160/90 la C.T. di 1^ grado di Firenze ha ritenuto non operante la definizione agevolata L. n. 516 del 1982, ex art. 16, (condono fiscale) che il contribuente aveva opposto alle successive ordinanze-ingiunzione, ma tale decisione è stata riformata dalla C.T. di 2 grado di Firenze, che ha dichiarato “illegittime le ingiunzioni di pagamento Iva, per intervenuta definizione ai sensi del D.L. n. 429 del 1982 convertito in L. n. 516 del 1982”;

3. tale decisione è stata confermata dalla Commissione tributaria centrale – sezione di Firenze, la quale, invocando con la sentenza qui impugnata i precedenti di Cass. 1052/08, 2212/06 e 1700/01, ha ritenuto che “in tema di condono fiscale, la pendenza della lite deve intendersi in senso formale, e non viene esclusa da una successiva pronuncia di inammissibilità o improcedibilità… atteso che, per l’applicabilità delle norme sul condono, non è richiesta la pendenza della lite sul rapporto sostanziale”, altrimenti “si vanificherebbe la ratio della legge che è appunto quella di chiudere il contenzioso per il solo fatto della pendenza dello stesso, prescindendo dalla fondatezza delle apposite ragioni” e, nel caso di specie, “alla data di presentazione della dichiarazione integrativa (15/12/1982) la lite avverso gli avvisi di rettifica IVA era ancora pendente poichè i termini di impugnativa erano stati sospesi fino al 15/3/1983”;

4. l’amministrazione ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.” – alla luce del giudicato esterno costituito dalla sentenza di questa Corte n. 22568/12 che aveva affermato l’inesistenza, in mancanza di sottoscrizione, dei ricorsi contro gli avvisi di rettifica dai quali erano scaturite le ingiunzione di pagamento notificate nel 1985, aventi la stessa origine di quelle qui in esame, notificate nel 1989 – ed in subordine la “violazione e falsa applicazione della L. n. 516 del 1982, art. 25”, con riguardo alla nozione ivi presupposta di “lite pendente” non integrata dalla fattispecie di “ricorso inesistente”;

5. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto la motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. il secondo motivo di ricorso merita accoglimento, con assorbimento del primo, alla luce dell’orientamento di questa Corte per cui “In tema d’IVA, la pendenza d’impugnazione contro l’avviso di accertamento, che, ai sensi del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 25 comma 1 (convertito, con modificazioni in L. 7 agosto 1982, n. 516), consente al contribuente di optare per il condono previsto da detto decreto, è segnata dalla presentazione di atto potenzialmente idoneo a devolvere alla competente commissione tributaria il sindacato sul provvedimento impositivo, e, pertanto, prescinde dall’eventualità che tale atto sia affetto da vizi d’inammissibilità ostativi all’esame nel merito, mentre resta esclusa solo in ipotesi d’inesistenza dell’atto medesimo, la quale è ravvisabile a fronte della radicale carenza, riscontrabile in ogni tempo e sede, dei requisiti di forma o di contenuto indispensabili per la sua riconducibilità nelle previsioni del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15 e 17 (nella specie, a causa dell’omessa sottoscrizione del ricorso introduttivo, non emendata da successive iniziative processuali)” (Cass. sez. 1, sent. n. 865/96);

6. ancor più esplicitamente si è affermato che “In tema di imposta di registro, non può essere considerata “Pendente”, ai fini dell’applicazione retroattiva dell’istituto della cosiddetta valutazione automatica ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la controversia introdotta davanti alla Commissione tributaria, con ricorso privo della sottoscrizione del contribuente (o di chi lo rappresenta), in quanto la mancanza della sottoscrizione, impedendo l’individuazione del soggetto che chiede la tutela giurisdizionale, rende il ricorso inammissibile (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 15,22,25) e perciò inidoneo a determinare l’instaurazione del rapporto processuale” (Cass. sez. 1, sent. n. 8385/96); ed anche più recentemente si è ribadito che “Per “lite pendente”, suscettibile di estinzione attraverso la definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, deve intendersi anche quella introdotta da un ricorso inammissibile od improcedibile, mentre tale non può ritenersi quella introdotta da un ricorso inesistente, perchè privo dei requisiti minimi di forma o contenuto” (Cass. sez. 5, sent. n. 431/13).

7. da ultimo, ed in termini più generali, le Sezioni Unite di questa Corte hanno introdotto in argomento il tema del limite dell’abuso del processo, affermando che “In tema di condono fiscale, il presupposto della lite pendente sussiste, salve le ipotesi di abuso del processo, in presenza di un’iniziativa giudiziaria del contribuente non dichiarata inammissibile con sentenza definitiva e potenzialmente idonea a consentire il sindacato sul provvedimento impositivo, indipendentemente dal preventivo riscontro della ritualità e fondatezza del ricorso” (Cass. S.U. sent. n. 643/15; conf. sez. 6-5 ord. n. 12619/16);

8. la sentenza impugnata va quindi cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente e la sua condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo; le peculiarità processuali della vicenda giustificano invece la compensazione delle spese relative ai gradi di merito.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente, che condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Compensa le spese dei gradi di merito.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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