Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19251 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. II, 16/09/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 16/09/2020), n.19251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20514/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE CAROTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cron. 4550/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA,

depositato il 28/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con ricorso al Tribunale di Venezia, S.M., cittadino del (OMISSIS), proponeva opposizione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di Verona di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione internazionale sussidiaria e di quella umanitaria. Innanzi la Commissione il richiedente aveva dichiarato di essere nato e vissuto a (OMISSIS) e di essere stato costretto ad abbandonare il proprio Paese d’origine perchè, dopo la morte del padre, la sua famiglia era divenuta bersaglio di comportamenti violenti da parte dei compaesani (il fratello del richiedente era deceduto in un incidente stradale volontariamente causato da alcuni compaesani e la sorella era stata avvelenata dai vicini). Il ricorrente lamentava che la Commissione avesse ritenuto scarsamente attendibile il proprio racconto e insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 o, quanto meno, del diritto di asilo ex art. 10 Cost..

2. Con decreto n. 4550 del 28 maggio 2019 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso. Circa la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, il Tribunale rilevava che si trattava di una vicenda privata pertanto esulante dai motivi di persecuzione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8; quando alla richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria, condivideva le valutazioni della Commissione circa il carattere generico, non circostanziato e contraddittorio del racconto del richiedente, escludendo così le ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b) e riteneva non sussistente a (OMISSIS), città di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza generalizzata; rilevava che non erano state allegate specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria; infine, sulla domanda di riconoscimento del diritto di asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., comma 3, affermava che, poichè il diritto è compiutamente attuato e regolato dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non c’è alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto costituzionale.

3. Avverso il decreto di rigetto propone ricorso per cassazione S.M..

Resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso, articolato in quattro motivi, va dichiarato inammissibile.

La procura al difensore per il giudizio in cassazione, apposta su foglio separato e spillato in calce del ricorso, è incompleta in quanto, non essendo indicata la data di rilascio in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dare conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”.

Questa Corte – che ha già statuito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. 17717/2018) – ha affermato che in materia di protezione internazionale “il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco (o in calce) o dalla sequenza notificatoria” (Cass. 1043/2020).

2. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.100, oltre spese prenotate a debito.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Seconda Sezione Civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2020

 

 

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