Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19248 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. III, 22/09/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 22/09/2011), n.19248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8160-2009 proposto da:

INTESA SANPAOLO SPA (OMISSIS), quale incorporante Sanpaolo IMI spa

incorporante a sua volta Banco Napoli spa, in persona del funzionario

Sig. Dott. C.C., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA C. NERAZZINI 5, presso lo studio dell’avvocato BOCCHINI

DILETTA (studio Pazienza), rappresentato e difeso dall’avvocato LANNI

MARIA, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

O.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA NOMENTANA 91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE,

rappresentato e difeso dall’avvocato BEATRICE LUIGI giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

CO.AN.PI., CO.FR., RO.NU.,

CO.AN., EREDI DI c.a. COLLETTIVAMENTE ED

IM PERSONALMENTE, P.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 56/2009 del TRIBUNALE di BENEVENTO, Sezione

Civile, emessa il 5/01/2009, depositata il 14/01/2009; R.G.N.

2414/2005.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M. in persona, del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

O.A. (e con lui a.c.) propose opposizione avverso l’atto di precetto con il quale l’istituto di credito S.Paolo, nella qualità di mandatario della SGA s.p.a., aveva intimato il pagamento della somma di oltre un milione e duecentomila euro, lamentandone la nullità per violazione del principio del ne ibis in idem (altro e precedente precetto, per il pagamento della somma de qua, era stato, difatti, azionato dal mandatario del creditore) e l’erroneità del calcolo degli interessi. Il tribunale di Benevento, qualificata l’opposizione come proposta ex art. 615 c.p.c. (ed esclusane, conseguentemente, la natura di opposizione agli atti esecutivi), la accolse, sul rilievo secondo il quale i titoli posti alla base del precetto avevano già costituito oggetto di una precedente azione in executiviis da parte del Banco di Napoli, anch’essa in corso (e in fase di fissazione della vendita dei beni pignorati), senza che avesse rilievo la circostanza della fusione per incorporazione del Banco di Napoli con il Sanpaolo, fusione cui (al di là e a prescindere, va rilevato, dell’interpretazione dell’art. 2504 attualmente adottata dalle sezioni unite di questa Corte), non poteva legittimamente riconnettersi la conseguenza processuale paventata dall’istituto di credito opposto, atteso che la mandante SGA, senza necessità di ulteriore precetto, subentrava – in proprio o attraverso altro mandatario – alla procedura esecutiva in corso.

La sentenza è stata impugnata dalla Intesa Sanpaolo con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi e illustrato da memoria.

Resiste con controricorso O.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia falsa applicazione del dato normativo – contraddittorio e parziale esame degli atti di causa – falsa applicazione delle norme in tema di qualificazione della domanda con violazione dell’art. 112 c.p.c. – erronea o comunque falsa applicazione degli artt. 615 e 611 c.p.c. dell’erronea interpretazione offerta e sostanziata dal tribunale – art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Il motivo (pur volendo prescindere dai non marginali profili di inammissibilità che esso presenta, sia sotto l’aspetto del difetto di autosufficienze in relazione alla mancata riproduzione in parte qua del documento di cui si lamenta l’erronea valutazione da parte del giudice di merito, sia in punto di incertezza della formulazione del quesito con cui si conclude l’esposizione della doglianza, sia sotto l’aspetto del cumulo di diverse censure ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) è comunque privo di pregio, avendo il giudice del merito, con apprezzamento scevro da errori logico-giuridici, correttamente e condivisibilmente qualificato l’opposizione proposta dall’ O. come opposizione all’esecuzione e non agli atti esecutivi, siccome funzionale alla contestazione dell’an e non del quomodo della procedura esecutiva, per essere stato contestato in radice il diritto di procedervi da parte dell’opponente.

La motivazione sfugge, pertanto, a qualsivoglia censura di diritto formulatale in questa sede.

Con il secondo motivo, si denuncia falsa applicazione del dato normativo – contraddittorio e parziale esame degli atti con erronea qualificazione della domanda giudiziale introduttivo.

Questo motivo non può in alcun modo sottrarsi alla scure dell’inammissibilità tout court, atteso che, in evidente spregio dei princìpi più volte affermati da questa corte regolatrice, esso si conclude con la formulazione di ben 7 quesiti di diritto tra essi del tutto eterogenei, così patentemente violando il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. – che impone al ricorrente l’onere di distinguere tra le varie censure che sì intende muovere alla sentenza impugnata se (come nella specie) del tutto eterogenee, facendone oggetto, ciascuna, di un singolo motivo (legittimamente destinato a concludersi con più quesiti volta che essi abbiano ad oggetto la medesima questione di diritto, sia pur proposta sotto angolature diverse). Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 7200, di cui Euro 200 per spese generali, per ciascuno dei controricorrenti.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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