Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19242 del 21/09/2011

Cassazione civile sez. I, 21/09/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 21/09/2011), n.19242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7938/2010 proposto da:

F.G. G.G., M.M., S.

L., GI.GI., I.E., S.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALBERICO II n. 11, presso lo

studio dell’avvocato SCARPA Angelo, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato QUERCI MASSIMO, giuste deleghe in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE ((OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto n. 471/08 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, del

31/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/02/2011 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Daniele Vannini (per delega avv.

Massimo Querci) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., G.G., M.M., S. L., Gi.Gi., I.E. e S. M. ricorrono avverso il decreto della corte d’appello di Firenze del 16 febbraio 2009 con il quale è stata rigettata la loro domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata di un giudizio promosso davanti al t.a.r. del Lazio con ricorso del 23 maggio 2001, non ancora deciso alla data del 23 giugno 2008 nella quale è stato presentato il ricorso ex L. n. 89 del 2001. La corte d’appello ha ritenuto che, poichè la domanda proposta davanti al giudice amministrativo aveva ad oggetto la tutela di E’ diritti relativi all’esercizio di funzioni di polizia esercitate all’estero (indennità si servizio esterno e di ordine pubblico, di presenza notturna e festiva, di servizio continuativo e di lavoro straordinario all’estero dipendenti dal servizio prestato come carabinieri partecipanti alla missione internazionale di pace in Bosnia Erzegovina del 2000), secondo la giurisprudenza della corte di Strasburgo, non poteva trovare applicazione l’art. 6, paragrafo 1 della CEDU. Il Ministero dell’economia non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorrenti censurano la decisione della corte territoriale per avere fatto applicazione di un orientamento giurisprudenziale della corte europea successivamente superato da parte della corte stessa e dall’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che anche i pubblici dipendenti possono invocare la tutela del loro diritto alla ragionevole durata dei processi che riguardano le loro situazioni giuridiche soggettive.

Il ricorso è fondato.

Come hanno correttamente osservato i ricorrenti, la corte europea diritti dell’uomo, con sentenza del 19 aprile 2007, Eskelinen c. Finlandia ha affermato che deve essere abbandonato il criterio “funzionale” adottato nella sentenza “Pellegrin c. Francia” per decidere sull’applicabilità delle garanzìe previste dall’art. 6 Cedu alle controversie in materia di pubblico impiego. Tale criterio, basato sulle responsabilità gravanti sul pubblico dipendente e sulla partecipazione all’esercizio di funzioni sovrane, è infatti eccessivamente rigido e prescinde dalla natura della specifica controversia oggetto di esame. Conseguentemente, a parziale modifica della precedente giurisprudenza, le controversie in materia di lavoro alle dipendenze delle p.a. fuoriescono dalla sfera dell’art. 6 solo se, da un lato, il diritto nazionale le esclude espressamente dalle garanzie del processo equo e, dall’altro lato, tale esclusione è oggettivamente giustificata da motivi di interesse generale.

Peraltro, questa Corte, con l’ord. 24 gennaio 2008, n. 1520, ha comunque ritenuto che il diritto all’equa riparazione per le conseguenze dell’irragionevole durata del processo, riconosciuto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, è pienamente configurabile anche con riferimento alle controversie relative al rapporto di lavoro riguardanti i pubblici dipendenti i cui compiti comportano l’esercizio di pubblici poteri ovvero la tutela di interessi generali (magistrati, avvocati dello stato, appartenenti alle forze armate e alla polizia di stato), essendo indubbio che l’opzione del legislatore di lasciare tali controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non ha comportato alcuna scelta di sottrarre quei processi all’applicazione dell’art. 111 Cost., comma 2, il quale assicura a tutte le parti, e quindi anche ai funzionari e dipendenti dello stato che attraverso i loro atti ne esprimono la potestà di imperio, che la loro posizione sia valutata equamente ed in un termine ragionevole. Una diversa interpretazione che sottraesse quelle controversie alla applicazione delle norme generali di cui alla L. n. 89 del 2001, sarebbe palesemente sospetta di incostituzionalità (artt. 3 e 111 Cost.) nulla potendo autorizzare una deroga al precetto sulla ragionevole durata e men che meno una ingiustificata peculiarità della posizione dell’agente la quale potrebbe, semmai, giustificare una compressione della libertà negoziale di attuazione e promozione dei diritti ma non certo del diritto a vedere definita una controversia in tempi ragionevoli.

Il provvedimento impugnato deve essere quindi cassato. Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere può decidersi nel merito accogliendo il ricorso e condannando l’amministrazione al pagamento della somma di Euro 3.250,00, oltre agli interessi dalla data della domanda, in favore di ciascuno dei ricorrenti, per il periodo di irragionevole durata di anni quattro, essendo l’intera durata del giudizio amministrativo di anni sette (dal 23 maggio 2001 al 23 giugno 2008).

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna l’amministrazione al pagamento di Euro 3.250,00 oltre agli interessi legali dalla data della domanda in favore di ciascuno dei ricorrenti, nonchè al pagamento delle spese in favore dei ricorrenti in solido, che si liquidano in Euro 873,00 per il giudizio di merito (Euro 445,00 per onorari ed Euro 378,00 per diritti) e in Euro 665,00 per il giudizio di cassazione (compresi Euro 100,00 per esborsi) oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, Sezione Prima Civile, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2011

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