Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19240 del 20/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19240 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 32024/06 proposto da:

– Guido CHIELI ( c.f. CHL GDU 46E20 D612W);
– Luigia TONDELLI ( c.f. TND LGU 46D48 E457E)
parti entrambe rappresentate e difese dall’avv. Michele Arnone ed elettivamente
domiciliate in Roma, lungotevere Dei Mellini n.10, presso lo studio dell’avv. Filippo
Castellani, giusta procura a margine del ricorso.
– Ricorrenti —

contro
– Franca CAVICCHI (

h.

Q. eJLAAA•0 2À

fJ It.)

rappresentata e difesa dagli avv.ti Sabina Bonazzelli; Massimo Brugioni e Alessandro De
a

BeMs ; elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via Crescenzio n.20,
giusta procura in calce al controricorso.
– Controricorrente-

nonché nei confronti di
– Giacomo DEGLI ESPOSTI ; Maria Lucia ~PANINI

A «,weht«.

Data pubblicazione: 20/08/2013

- Parti intimate-o-o-o-o-ocontro la sentenza n. 1897/2006 del Tribunale di Bologna, depositata il 28/07/06 e
notificata il 18 settembre 2006.

Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Filippo Castellani, con delega dell’avv. Michele Arnone, per le parti
ricorrenti, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

Udito l’avv. Massimo Brugioni per la controricorrente, che ha concluso per il
rigetto del ricorso

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
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Giacomo Degli Esposti e Maria Lucia Campanini, con atto notificato il 21 luglio

2001, citarono innanzi al Giudice di Pace di Bologna Guido Chieli e Luigia Tondelli,
chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 3.863.790 che essi avevano
esborsato per la pratica di condono di un vano accessorio — cantina posta al piano
ammezzato- di un immobile ad uso abitativo sito in Pieve di Cento, acquistato il 31
marzo 1995 dai convenuti, i quali nell’atto avevano garantito la piena corrispondenza
di quanto oggetto di vendita alla concessione edilizia rilasciata nel 1968 , attestando
altresì che successivamente a tale data non sarebbero state eseguite opere tali da
richiedere il rilascio di licenze od autorizzazioni edilizie o concessioni in sanatoria.
2 – I predetti convenuti si costituirono allegando la loro buona fede -circa l’avvenuta
trasformazione del vano e la necessità dell’autorizzazione amministrativa per la sua
regolarizzazione- e chiedendo di chiamare in giudizio la loro dante causa Franca
Cavicchi — dalla quale, con rogito del 12 marzo 1990, avevano acquistato l’immobile-,
per esser dalla medesima garantiti; quest’ultima si costituì eccependo la prescrizione del

/7.0u-ce4mit
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Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14/05/2013 dal

diritto fatto valere nei propri confronti e, in subordine, la decadenza dalla garanzia,
concludendo comunque per il rigetto delle domande.

3 – Il Giudice di Pace, con sentenza non definitiva pubblicata il 6 ottobre 2003, avente
ad oggetto la decisione sulle eccezioni preliminari, ritenne che il decorso del termine di

mendacio -integrante il dolo descritto nella ricordata norma- della originaria venditrice
Cavicchi , individuando quindi il dies a quo di decorrenza della prescrizione nel 24
ottobre 2000, giorno in cui gli originari attori avevano comunicato ai loro autori la
difformità urbanistica riscontrata, con la conseguenza del mancato spirare del periodo
prescrizionale al momento della proposizione della domanda.

4- Il Tribunale di Bologna accolse invece l’appello, proposto dalla Cavicchi contro tale
sentenza, nella resistenza dei Chieli/Tondelli e rimanendo contumaci i Degli
Esposti/Campanini , dichiarando per l’effetto l’intervenuta prescrizione del diritto fatto
valere dai diretti aventi causa dall’appellante.

5 – Il giudice del gravame pervenne a tale decisione ritenendo che la mera contrarietà
al vero della dichiarazione resa dalla Cavicchi in sede di vendita, in merito alla
conformità urbanistica del vano accessorio, non potesse integrare la fattispecie della
condotta dolosa ad effetfo sospensivo, da un lato,in mancanza elementi dai quali
desumere che alla base di tale dichiarazione vi fosse una intenzione fraudolenta, come
tale decettiva ed ingannatoria; statuì altresì che la prescrizione — ordinaria decennaleavrebbe cominciato a decorrere dal momento in cui il diritto avrebbe potuto esser fatto
valere (e quindi dal momento della stipula della prima vendita), integrando la mancata
conoscenza della irregolarità urbanistica del vano accessorio da parte dei Chieli /
Tondelli, un mero ostacolo di fatto all’esercizio del diritto, come tale non influente sul
decorso del termine di prescrizione.

6 – Per la cassazione di tale sentenza i Chieli/Tondelli hanno proposto ricorso, contro
il quale ha resistito la Cavicchi, depositando memoria; gli Esposti/Campanini non

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prescrizione dovesse rimaner sospeso a’ sensi dell’art. 2941 n. 8 cod. civ. per effetto del

hanno svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo le parti ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2948 ( rectius: 2941) n. 8; 2697 e 2700 cod. civ. nonché degli artt. 40 e 17 della

momento del rogito di trasferimento, attestante, tra l’altro, che non erano state
eseguite, nell’immobile edificato a seguito di regolare concessione edilizia, opere che
richiedessero licenze o concessioni ad edificare o in sanatoria, integrasse di per sè una
condotta dolosa; sostengono poi i ricorrenti che non sarebbe spettato loro di
dimostrare il dolo della venditrice, emergendo tale condotta per tabulas dalla lettura del
rogito.

– Traggono le parti ricorrenti argomenti a favore della loro tesi dalla natura e dalle
finalità della dichiarazione che il venditore rende a’ sensi dell’art. 40 della legge 47/1985,
– tale da ingenerare un affidamento nella regolarità urbanistica dell’immobile e
ritenendola assistita dalla fede pubblica- così da determinare, quale logica conseguenza,
la natura dolosa dell’attestazione contraria al vero.

II — Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418
cod. civ.; 2935 cod. civ.; 2941 n. 8 cod. civ.; 40 e 17 legge 47/1985 laddove il Tribunale
ha individuato il dies a quo del decorso della prescrizione del diritto di agire in garanzia,
dal momento in cui fu stipulato il primo acquisto con la Cavicchi e non già quando il
diritto poteva esser fatto valere — ex art. 2935 cod. civ. — che parti ricorrenti individuano
nella ricezione delle contestazioni dei compratori, originari attori-

II.a — Giungono a tale conclusione, sia per la ritenuta fede pubblica che assisterebbe la
dichiarazione del venditore, sia ritenendo che la sua contrarietà al vero determinerebbe
la nullità del contratto, così che , diversamente da quanto argomentato dal Tribunale, le
parti acquirenti dalla Cavicchi non avrebbero avuto alcun onere di verifica della
corrispondenza al vero della circostanza falsamente dichiarata dalla venditrice.

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legge 47/85, assumendo che la dichiarazione, contraria al vero, fatta dal venditore al

III — I due motivi , da esaminarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione
logica, sono fondati , pi.“- con le precisazioni appresso esposte.

III.a — Va innanzi tutto escluso che il dolo di cui si controverte debba necessariamente
manifestarsi in una condotta connotata da raggiri — quale invece quella dante origine al

non sia riscontrabile in caso di semplice mendacio, laddove esso sia serbato su
circostanza che, per legge, debba essere dichiarata alla controparte contrattuale.

III.a.1 — Sono infatti diversi i presupposti a base delle due ipotesi: la disciplina del dolo
come causa di annullamento del contratto è espressione dell’esigenza di protezione della
libera determinazione della volontà negoziale delle parti, in quanto la condotta
ingannatoria influenza la rappresentazione della realtà in funzione di un assetto di
interessi che la volutas legis lascia alla libera determinazione dei contraenti e quindi la
protezione del soggetto verso il quale è diretta lacondotta decipiente, in tanto viene
assicurata, in quanto quest’ultima si sia estrinsecata in una positiva immutazione del
vero, dovendo la controparte negoziale sopperire con una propria condotta diligente di
analisi dei presupposti negoziali alla mancata enunciazione di circostanze che, secondo
la normalità dei rapporti giuridici, potrebbero incidere sulla validità o sulla efficacia del
contratto ( richiamando qui il concetto del dolus bonus).

III.a.2 — La regolazione degli effetti del dolo come causa di sospensione della
prescrizione,nel caso di obbligo legale a rendere una specifica dichiarazione, è invece
connotata dalla maggior latitudine che può assumere la condotta fraudolenta della parte,
tale che essa può essere integrata dal solo mendacio: ciò al fine di garantire non solo la
libera determinazione della volontà negoziale ma anche la tutela di quegli ulteriori
interessi — di carattere pubblicistico- che la previsione di espressa dichiarazione mira a
conseguire.

III.a.3 — Rimane pertanto superato il non condivisibile assunto posto a base del
secondo motivo con il quale si è inteso ricondurre la mancata dichiarazione di che

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vizio di annullamento del contratto ex art. 1439 cod. civ.- e che quindi la sua esistenza

trattasi ad un’ipotesi di nullità del contratto di vendita, così da esonerare dall’onere di
provare la sussistenza del dolo, che si assume presente in re ipsa: per consolidata
interpretazione giurisprudenziale degli artt. 40 e 17 1. 47/1985 la comminatoria della
nullità dell’atto di vendita si ha non già nel caso in cui l’immobile, nel suo complesso,

enunciazione degli estremi della concessione o dell’autorizzazione a costruire ( cfr. Cass.
Sez. II n. 5898/2004; Cass. Sez II n. 26970/2005)

III.a.4 — Né, per altro verso, può negarsi la centralità dell’accertamento in concreto
dell’atteggiarsi della dichiarazione negativa, al fine di qualificarla come mendacio, e
quindi estrinsecazione del dolo a’ sensi dell’art. 2941 n. 8 cod. civ.,facendo valere una
ritenuta fede pubblica che assisterebbe la dichiarazione di inesistenza di opere o
interventi edilizi aggiuntivi, non debitamente assentiti — così da postulare l’esistenza del
dolo per il sol fatto della non corrispondenza al vero della situazione rappresentata- , in
quanto, sia come presupposti soggettivi che per quelli oggettivi, si è al di fuori
dell’ambito applicativo della prova privilegiata disciplinata dall’art. 2700 cod civ.; parte
ricorrente peraltro coglie, come visto, un aspetto essenziale — sfuggito al giudice
dell’appello- rappresentato dall’obbligo legale di dichiarare una specifica circostanza e
dall’influenza che il silenzio mantenuto su essa possa determinare nella parte acquirente
occultando i presupposti dai quali potrebbe nascere il diritto alla garanzia.

III.a.5 — Alla astratta riconducibilità della dichiarazione non corrispondente alla
situazione che si abbia l’obbligo di attestate, al dolo come causa di sospensione della
prescrizione dei diritto ( in genere: risarcitorio) che da tale discrepanza potrebbe
derivare, non è d’ostacolo una interpretazione di legittimità degli art. 17 e 40 1. 28
febbraio 1985 n. 47 richiamata nel controricorso , secondo la quale dette norme
sanzionerebbero specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al
venditore al fine di porre l’acquirente di un immobile in condizione di conoscere le
condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene

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non sia conforme alla licenza o alla concessione, ma esclusivamente se manchi la

stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla
concessione edilizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria ( Cass. Sez. II n.
26970/2005): non è infatti da condividere la conseguenza che parte controricorrente
trae da detto arresto giurisprudenziale, che cioè l’onere di diligenza sopra indicato a

sospensivo della prescrizione, dovendo sempre essere mediato dalla diligenza ( si
vorrebbe dire: suppletiva) del compratore nel verificare la corrispondenza al vero di
quanto dichiarato.

III.a.6 — In contrario deve affermarsi che la citata decisione di legittimità era diretta a
confutare la tesi della nullità del contratto di vendita di mobile , assentito
amministrativamente ma edificato in contrasto con la concessione edilizia, e quindi non
poteva essere utilizzata per introdurre ulteriori limiti applicativi al concetto di dolo
commesso con l’artato mendacio, qui in esame; la diligenza dell’acquirente giocherà
semmai un ruolo solo in relazione alla determinazione del momento in cui fissare la
emersione della contrarietà al vero della dichiarazione mendace e, quindi, per fissare il
dies a quo della prescrizione.

IV. Deve quindi affermarsi che la semplice dichiarazione di assenza di ulteriori
(rispetto a quelli originati) interventi edilizi non assentiti non sarebbe idonea ad
integrare la fattispecie del dolo per mendacio, rilevante ai sensi dell’art. 2941 n.8 cod.
civ., che si caratterizza per la consapevolezza della esistenza della circostanza taciuta e
per la conseguente intenzione decipiente: deve allora concludersi che la Corte del
merito non ha adeguatamente identificato i confini applicativi della norma di
riferimento laddove ha omesso di verificare se la dichiarazione, obiettivamente
contraria al vero, fosse stata intenzionalmente resa con la coscienza che da essa potesse
derivare la legittima convinzione della controparte circa la sussistenza della regolarità
urbanistica dell’immobile.
V — La sentenza va pertanto cassata e la causa va commessa per nuova valutazione, alla

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carico del compratore impedirebbe la configurabilità del mendacio in termini di dolo

luce del principio di diritto innanzi espresso, al Tribunale di Bologna, in persona di
diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P. Q.M.
La Corte

e rinvia al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato, anche per la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013, nella camera di consiglio della 2″ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa in relazione ai motivi accolti

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