Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19240 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 07/07/2021), n.19240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17911/2015 R.G. proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dagli avv.ti GIUSEPPE BELMONTE e

ROBERTO DONFRANCESCO, con domicilio eletto in Roma, via Boccardo, n.

26/A, presso lo studio dell’Avv. VALENTINA PARIS, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 643/2015 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, depositata in data

5 febbraio 2015;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 GIUGNO

2021 dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’impugnazione proposta da M.M. avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dell’Irpef versata dall’INPS quale sostituto di imposta sui redditi da pensione erogati al contribuente negli anni 2004 (ultimi tre mesi), 2005, 2006, 2007 e 2008.

2. Ha rilevato il giudice di appello, per quanto in questa fase ancora rileva, che dalla documentazione in atti (certificazione INPS 11 ottobre 2013 e relativi statini mensili del trattamento di quiescenza) si evinceva come la somma pretesa dal contribuente fosse stata già restituita, sotto la voce “quota fiscale”.

3. Per la cassazione della citata sentenza M.M. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

4. L’odierna udienza è stata fissata in accoglimento dell’istanza di sollecita fissazione presentata dal ricorrente in data 5 febbraio 2021.

5. Il ricorrente ha depositato via pec la memoria datata 30 maggio 2021 ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso lamenta:

a) Primo motivo: “1) Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10 e art. 11, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata, per non aver rilevato il difetto di legittimazione processuale dell’Agenzia delle Entrate in fase di appello, in quanto proposto da facenti funzioni del direttore del locale ufficio erariale.

b) Secondo motivo: “2) Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ovvero, in subordine, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata, per non aver rilevato l’inammissibile deduzione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, per la prima volta in appello, di vizi di merito asserita mente ostativi all’accoglimento dell’istanza del contribuente.

c) Terzo motivo: “3) Violazione dell’art. 345 c.p.c. come richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ovvero, in subordine, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata, per non aver rilevato l’inammissibilità della produzione documentale in appello della nota INPS 11 ottobre 2013, avvenuta a opera dell’Agenzia delle Entrate solo con le memorie integrative.

d) Quarto motivo: “4) Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), dell’art. 118, disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero, in subordine, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, deducendo l’incomprensibilità della motivazione della sentenza impugnata.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’inammissibilità dell’avversa impugnazione, di cui chiede comunque il rigetto.

3. Il ricorso va respinto.

4. Il primo motivo è inammissibile, atteso che solleva, per la prima volta in questa fase di legittimità, la questione del difetto di capacità processuale dell’Agenzia delle Entrate in fase di appello. E’ ben vero che la carenza di capacità processuale può essere rilevata anche d’ufficio, ma tale eventualità va coordinata con il sistema delle preclusioni previste nel processo tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 53); di talchè ove, come nel caso di specie, nel motivo di ricorso non sia indicato come, dove e quando l’eccezione sia stata proposta e coltivata innanzi al giudice del merito, essa non può essere proposta per la prima volta in cassazione, dovendo ritenersi che la medesima sia stata implicitamente respinta dal giudice di appello, stante l’accoglimento nel merito del gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate.

5. Il secondo motivo, quand’anche esaminato solo in riferimento all’asserita violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, come espressamente richiesto dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., è infondato. In via generale, questa Corte (Sez. 5, Ordinanza n. 31626 del 06/12/2018; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18830 del 10/09/2020) ha espresso il condivisibile principio, che va ribadito, secondo cui nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio-rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’Amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi “a tutto campo”, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, con la conseguenza che le eventuali “falle” del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’Amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario thema decidendum. Nel caso di specie, in ogni caso, oggetto del contendere è l’istanza di rimborso che, pacificamente, ha per oggetto le somme versate al fisco dal sostituto di imposta del contribuente; tanto determina che la questione esaminata dalla CTR è esattamente quella devoluta in lite per effetto dell’iniziativa processuale del ricorrente e in alcun modo può ritenersi sussistente la lamentata violazione dell’art. 345 c.p.c..

6. Il terzo motivo, quand’anche esaminato solo in riferimento all’asserita violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, come espressamente richiesto dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, al penultimo capoverso della motivazione, ha affermato che la nota INPS 11 ottobre 2013, di cui la censura lamenta la tardiva produzione in appello, era stata già prodotta in primo grado.

7. Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui richiama il disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che – nella sua nuova formulazione applicabile ratione temporis alla controversia in esame – esso impone l’individuazione del fatto storico-naturalistico la cui omissione sia decisiva ai fini del diverso decidere (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018), nella specie assente. Sotto altro concorrente profilo, la censura tende a indurre questa Corte a sindacare la valutazione di merito delle prove, ciò che non è consentito in questa fase, tutte le volte in cui la sentenza impugnata manifesti in maniera intellegibile le ragioni del proprio convincimento. Ciò che è accaduto nel caso di specie, dovendo all’uopo respingersi la censura anche la diversa prospettazione di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), posto che il ragionamento della sentenza è perfettamente comprensibile, risolvendosi nella ritenuta prova del già avvenuto pagamento di quanto preteso in restituzione dal contribuente. Da ultimo, la Corte rileva che l’allegazione di un giudicato esterno, effettuata dal ricorrente nella memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., non può essere accolta, sol che si consideri che, per stessa ammissione del deducente, l’oggetto della sentenza n. 8520/18 dalla CTR del Lazio, il cui giudicato si invoca in questa sede, ha per oggetto una cartella esattoriale del solo anno di imposta 2007 e, in alcun modo nella memoria è spiegato quale effetto preclusivo l’opposto giudicato avrebbe nel giudizio che ne occupa che, si rammenta, ha per oggetto un accertamento della correttezza del diniego del rimborso richiesto, fondato sull’accertamento della già avvenuta restituzione di quanto richiesto dal contribuente, dovendo pertanto escludersi che nella specie vi sia alcun rischio di giudicati contrastanti, ciò che costituisce la ratio dell’applicabilità dell’istituto in esame (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25432 del 26/10/2017) e risultando in ogni caso diversi i presupposti tra il presente giudizio e quello la cui autorità di giudicato si pretende di invocare.

8. La soccombenza regola le spese.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di lite, che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

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