Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19238 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/09/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 28/09/2016), n.19238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16323/2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MUSICA CITTA’ DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO, in

persona del legale rappresentante elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NATALE MANGANO

e MARIA SONIA VULCANO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7025/24/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 18/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato Lucisano Claudio difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Associazione Amici della Musica città di Cernusco sul Naviglio ricorre con un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 7025/14, depositata il 18 dicembre 2014, che, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato accertato a carico della Associazione medesima una maggiore Iva e d Irap per l’anno (OMISSIS) ed applicate le relative sanzioni, sul presupposto che la contribuente non possedesse i requisiti per poter fruire della disciplina agevolativa D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 4, comma 7, lett. e), con la conseguenza di qualificare come operazioni imponibili Iva tutte le rette corrisposte dagli allievi della Scuola (OMISSIS), che l’ente aveva considerato come istituzionali.

La CTR, in particolare, rilevava la mancanza di un’effettiva sovranità dell’assemblea dei soci, i quali, a fronte della corresponsione di una retta avevano diritto alla fruizione dei servizi di insegnamento musicale, senza però mai partecipare alla vita dell’associazione.

Il giudice di secondo grado, pertanto, considerato che la sovranità dell’Assemblea dei soci dev’essere provata dalla contribuente e dev’essere effettiva e non virtuale, rilevava che nel caso di specie i soci non avevano mai partecipato alle deliberazioni assembleari ed alla vita associativa in genere ed erano, in effetti, trattati come clienti.

Tutto veniva deciso dal Consiglio Direttivo dell’Associazione, con conseguente mancanza del presupposto per fruire dell’agevolazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 4, comma 7, lett. e).

Con l’unico motivo di ricorso la contribuente, denunziando la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 4, comma 7, lett. e), nonchè dell’art. 21 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), censura la sentenza impugnata per aver negato il presupposto agevolativo unicamente sulla base della scarsa partecipazione dei soci alle assemblee, rilevando che il requisito della democraticità avrebbe dovuto piuttosto individuarsi nella corrispondenza tra previsioni statutarie e concrete modalità operative dell’ente.

Il motivo appare destituito di fondamento.

Questa Corte ha costantemente affermato che gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dal D.P.R. n. 633 del 1912, art. 4 (in materia di IVA) a condizione non solo dell’inserimento, negli loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nel D.Lgs. n. 460 cit., art. 5, ma anche dell’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse” (Cass. 11456/10).

Non è dunque sufficiente, al fine della fruizione del trattamento tributario di favore in esame, nè la mera appartenenza dell’ente alla categoria delle associazioni in questione, nè la conformità dello statuto alle norme stabilite per il riconoscimento della relativa qualifica (con eventuale applicazione di diverse disposizioni tributarie specifiche).

Gli enti associativi non godono infatti di uno status di extrafiscalità, che li esenti, per definizione, da ogni prelievo fiscale, occorrendo sempre tenere conto della natura delle attività svolte in concreto (v. Cass. 15321/2002 e Cass. 16032/2005).

Ne deriva che l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’agevolazione sull’IRPEG, nonchè quella sull’IVA (art. 4 Decreto IVA) è a carico del soggetto collettivo che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c. (Cass. 16032/05; Cass. 22598/06; Cass. 11456/2010; Cass. 8623/2012).

A tali principi si è conformata la sentenza impugnata.

La CTR ha infatti escluso il diritto all’agevolazione sulla base dell’ accertamento di fatto, che non è sindacabile nel presente giudizio, che l’associazione era gestita da un numero ristretto di persone, senza partecipazione effettiva da parte dei soci, che venivano, in realtà, “trattati come clienti”.

Ha dunque ritenuto che l’attività concretamente esercitata aveva natura commerciale e che la contribuente non aveva superato la presunzione della natura commerciale delle prestazioni fornite e dei beni ceduti dietro corrispettivo, facendo da ciò coerentemente discendere la mancanza del presupposto dell’agevolazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il contribuente alla refusione all’Agenzia delle Entrate delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi oltre a rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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