Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19236 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. II, 17/07/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 17/07/2019), n.19236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12737-2017 proposto da:

F.A.C., F.M.R.,

F.G.D., F.N.A., F.R., S.C.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L. CARO 62, presso lo studio

dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, rappresentati e difesi dall’avvocato

DOMENICO IOFRIDA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE MONTEBELLO JONICO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI N. 35,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO CAPPELLA, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 94/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 26/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/01/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CORRADO MISTRI, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato IOFFRIDA Domenico, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Giorgio MICHELETTA con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Federico CAPPELLA, difensore del resistente che si

riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 9 marzo 1971 il Presidente del Tribunale di Reggio Calabria, su istanza dell’ing. F.G., ingiungeva al Comune di Montebello Jonico il pagamento della somma di Lire 2.668.000 a titolo di compenso per l’attività di progettazione di un elettrodotto necessario per servire alcune frazioni del medesimo Comune.

Il tribunale accoglieva l’opposizione del Comune e revocava il decreto ingiuntivo, argomentando che mancava la prova del conferimento dell’incarico in forma scritta.

Nello stesso tempo il tribunale dichiarava inammissibile la domanda di indebito arricchimento, poichè introdotta dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni.

La corte d’appello confermava la sentenza nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto infondata la domanda fondata sull’incarico, mentre andava in contrario in ordine alla domanda di arricchimento senza causa.

Questa era processualmente ammissibile ma infondata nel merito, perchè non sorretta dalla prova di una qualsiasi utilizzazione del progetto da parte dell’amministrazione e del conseguente vantaggio per il Comune.

Per la cassazione della sentenza F.N.A., F.R. e F.G.D. hanno proposto ricorso affidato a un unico motivo, cui il Comune di Montebello Jonico ha resistito con controricorso, con il quale ha eccepito il difetto di legittimazione dei ricorrenti, i quali non furono parti dei precedenti gradi del giudizio e avevano proposto il ricorso senza neanche indicare il titolo che li legittimava ad impugnare la sentenza.

All’esito della proposta ex art. 380-bis c.p.c., con il quale si proponeva la declaratoria di inammissibilità del ricorso per non avere i ricorrenti esplicitato e documentato la loro legittimazione ad impugnare una sentenza non pronunciata nei loro confronti, gli stessi ricorrenti producevano documento relativi al decesso dell’ing. F.G. e alla loro qualità di eredi del medesimo, notificati al controricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c., nonchè memoria ai sensi della norma di cui all’art. 380-bis cit.

Il controricorrente ha a sua volta depositato memoria con cui ha insistito nella eccezione di inammissibilità del ricorso, che rimenava comunque carente della specifica indicazione dei documenti volti a provare la legittimazione dei ricorrenti, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

La causa è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza della Sesta sezione civile della corte del 9 ottobre 2018.

Le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’eccezione del controricorrente è infondata.

In caso di decesso della parte (o di estinzione della persona giuridica) costituita nel precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo di esserne il successore (ovvero l’ente che si qualifichi come la persona giuridica subentrante), deve provare, a pena di inammissibilità del gravame, la propria legittimazione processuale attraverso le produzioni documentali consentite dalla norma di cui all’art. 372 c.p.c., e tale prova, indispensabile in presenza di apposita eccezione di controparte, può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purchè precedenti la discussione del medesimo, in modo che siano resi edotti di tale circostanza sopravvenuta gli eventuali controricorrenti (Cass. n. 6238/2006; n. 10022/1997).

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

La sentenza è censurata perchè la corte di merito non ha tenuto conto del fatto che, nella specie, non vi era stata solo la delibera di affidamento dell’incarico e la trasmissione degli elaborati, ma il progetto era stato approvato dal Consiglio Comunale.

Inoltre il Comune, dopo avere approvato il progetto, ne aveva disposto la trasmissione alla Cassa del Mezzogiorno, chiedendo il finanziamento dell’opera progettata.

Quindi, essendovi stata approvazione e utilizzazione del progetto, questo era entrato a far parte del patrimonio dell’ente.

Conseguentemente c’erano i presupposti per l’accoglimento della domanda, sussistendo il fatto oggettivo dell’arricchimento del Comune.

Il ricorso è infondato.

La corte d’appello e i ricorrenti muovono dalla comune premessa che l’azione di indebito arricchimento è esperibile anche nei confronti dello Stato e degli enti pubblici qualora l’amministrazione abbia riconosciuto l’utilità acquisita.

In realtà, in base all’attuale orientamento della Suprema Corte, “il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicchè il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto” (Cass., 111 S.U., 10798/2015; n. 15937/2015)”.

Il mutamento di giurisprudenza, tuttavia, non interferisce con la ratio decidendi della sentenza impugnata, essendo questa interamente fondata sulla mancata prova di qualsiasi utilizzazione del progetto da parte dell’ente.

Secondo la corte di merito l’Amministrazione, nel ricevere e approvare il progetto, aveva solo manifestato il proprio intendimento di utilizzarlo per richiedere il finanziamento dell’opera.

In particolare la corte ha rilevato che in sede di opposizione contro il decreto l’ente aveva eccepito non solo la mancata realizzazione dell’opera, ma aveva altresì contestato che una qualsiasi istanza fosse stata in effetti “formalizzata”.

Ha aggiunto che la contestazione dell’ente non risultava superata da prove contrarie desumibili aliunde.

I ricorrenti assumono che il progetto, una volta approvato, fu in effetti utilizzato per chiedere il finanziamento.

In questi termini, però, la censura si risolve nel prospettare la diversa valutazione degli stessi fatti considerati dalla corte di merito, che in cassazione non è consentita.

Ai ricorrenti non giova richiamare Cass. n. 16820/2013, perchè in quel caso la Suprema Corte ha confermato la decisione di accoglimento della domanda di arricchimento senza causa del professionista non in base al semplice rilievo che il progetto era stato trasmesso e approvato, ma perchè il progetto era stato utilizzato a corredo della richiesta di finanziamento pubblico “restando irrilevanti le successive determinazioni amministrative di non dare più corso, per ragioni rimaste ignote, alla già prevista e progettata opera”.

Nella specie diversamente la decisione ha negato una simile utilizzazione, nè i ricorrenti deducono l’esistenza di un fatto, sottoposto all’esame della corte e da questa non considerato, che avrebbe dovuto indurre la corte la corte a riconoscere che l’approvazione fu seguita dalla effettiva trasmissione del progetto all’ente e che la relativa istanza era stata effettivamente formalizzata (Cass., S.U., n. 8053/2014).

Il ricorso, pertanto, è rigettato, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 22 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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