Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19234 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. II, 17/07/2019, (ud. 15/01/2019, dep. 17/07/2019), n.19234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4797-2015 proposto da:

VICO IMMOBILIARE SNC, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

lo studio dell’avvocato CARLO CARLEVARIS, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

QUIES SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE VENTUNO APRILE 12, presso

lo studio dell’avvocato ENNIO PIZZINO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRO PIZZINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 634/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. Con atto di citazione del 15/9/2004 la società Quies s.r.l. conveniva in giudizio la società Nico Immobiliare s.n.c., chiedendo che venissero determinati giudizialmente i confini tra i terreni di proprietà delle parti in causa, con conseguente restituzione della parte di terreno che sarebbe risultata indebitamente occupata all’esito del giudizio. Nico Immobiliare s.n.c. deduceva “la propria usucapione, in via di mera eccezione e non di domanda riconvenzionale, senza alterazione dell’onere della prova”.

Con sentenza n. 131/2012 il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Frascati, accoglieva la domanda attorea, qualificandola come azione di accertamento dei confini e ritenendo che la domanda di restituzione non la trasformasse in una domanda di rivendicazione, non essendo in contestazione il titolo di proprietà della controparte.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la Nico Immobiliare s.r.l., lamentando la mancata prova dell’alterazione del confine, l’erronea qualificazione dell’azione data dal Tribunale nonchè l’erronea valutazione, da parte di quest’ultimo, delle risultanze dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio. La Corte di appello di Roma – con sentenza 27 gennaio 2015, n. 634 – rigettava l’appello.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione Nico Immobiliare s.n.c.

Resiste con controricorso Quies s.r.l.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo lamenta violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e degli artt. 950 e 951 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: la domanda proposta dall’attrice non integrava una domanda di accertamento di confini, come erroneamente ritenuto dal Tribunale e dalla Corte di appello, bensì di rivendicazione così che il relativo onere probatorio non è stato assolto.

Il motivo è infondato. La Corte d’appello, nel confermare la qualificazione della domanda (qualificazione che, trattandosi di un giudizio di fatto, è propria del giudice di merito, cfr., ex multis, Cass. 25259/2017) data dal Tribunale quale azione di regolamento dei confini, ha correttamente vagliato “la formulazione letterale e specifica della domanda”, la “prospettazione delle circostanze di fatto dedotte dall’attrice” e ha considerato che la connessa domanda di restituzione delle porzioni di terreno illegittimamente occupate dalla controparte non consente di qualificare l’azione come di rivendica, atteso che la domanda di restituzione “è conseguenza dell’accoglimento della domanda di regolamentazione dei confini”, considerazione coerente con l’orientamento di questa Corte, che anzi ritiene che la domanda di rilascio della porzione indebitamente occupata sia implicita nella proposizione dell’azione di regolamento di confini (cfr., ex multis, Cass. 852/2016).

b) Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 948 e 2607 c.c. e degli artt. 61 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice delegato al consulente tecnico d’ufficio l’accertamento del confine.

Il motivo è inammissibile: esso si sostanzia in una critica al recepimento delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado, critica già proposta al giudice d’appello e da questi respinta, senza confrontarsi con la motivazione della pronuncia qui impugnata.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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