Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1923 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 28/01/2020), n.1923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14602-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA

FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1469/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA

SCALDAFERRI.

La Corte.

Fatto

RILEVATO

che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Ancona, confermando il provvedimento di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta da D.A., nato in Senegal;

che avverso tale decreto il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione;

che il Ministero dell’Interno non svolge difese.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorrente, con unico motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, deducendo che il giudice di merito avrebbe omesso di verificare la veridicità dei fatti esposti nella audizione dinanzi alla Commissione Territoriale e di avvalersi dei poteri istruttori rafforzati attribuiti dalla legge al giudice stesso;

ritenuto che il ricorso è inammissibile;

che, invero, il provvedimento impugnato espone ampia e puntuale motivazione delle statuizioni emesse, rilevando tra l’altro come le dichiarazioni del richiedente in merito alle motivazioni che l’avrebbero costretto a lasciare il proprio Paese di origine siano inattendibili, in quanto intrinsecamente contraddittorie e prive di dettagli, oltre che inidonee a giustificare la protezione richiesta;

che, a fronte di tale puntuali considerazioni -in linea con il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a) e c) ed evidentemente non sindacabili nel merito in questa sede di legittimità-, il ricorso non si confronta con esse bensì esaurisce il suo contenuto in generiche osservazioni circa l’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice, senza peraltro tener conto del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (cfr. Cass. n. 16925/2018);

che non vi è luogo per provvedere sulle spese, stante la mancanza di difese dell’intimato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2020

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