Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1923 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 13/12/2016, dep.25/01/2017),  n. 1923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23560/2014 proposto da:

TELECOM ITALIA SPA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

BRIGUGLIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

e contro

P.R., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 470/2014 del 28/02/2014 del TRIBUNALE di

BENEVENTO, depositata il 13/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione, contro P.R. e gli altri diciassette intimati di cui la medesimo è capofila, avverso la sentenza n. 470/2014, con cui il Tribunale di Benevento in data 13 marzo 2014, rigettava l’appello proposto dall’odierna ricorrente e confermava la sentenza n. 1672 del 23 luglio 2009 del Giudice di Pace di Guardia Sanframondi, con cui si condannava Telecom Italia s.p.a. alla restituzione, in favore degli intimati, dell’importo pari all’IVA applicata sulle spese postali di spedizione delle fatture, relative al rapporto di utenza inter partes, assumendo tale importo come non dovuto e l’IVA come erroneamente applicata.

p.2. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

p.3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., applicabile al ricorso nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 197 del 2016, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 168 del 2016, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma e ne è stata fatta notificazione all’avvocato della ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sono state svolte le seguenti considerazioni:

“(….) p.3. Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente fondato.

Queste le ragioni.

p.4. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15 n. 3 e art. 13 (c.d. legge IVA), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e lamenta che il Tribunale sia pervenuto al rigetto dell’appello ed ala conferma della sentenza del giudice di pace, dando rilievo al principio di diritto di cui a Cass. n. 3532 del 2009, in tal modo ignorando che esso era stato superato dalla giurisprudenza successiva.

Al riguardo la ricorrente evoca le ordinanze nn. 17526/2013, 17613/2013, 17614/2013, 17797/2013, 17798/2013, 17800/2013, 17517/2013, 17531/2103, 7843/2014, 7844/2014, 7845/2014, 8226/2014, 7835/2014, 7836/2014, 5459/2014 e 5461/2014.

p.4.1. La prospettazione della Telecom è fondata.

La giurisprudenza da essa evocata ha, infatti, affermato il principio di diritto secondo cui: In tema di rapporto di utenza telefonica fra utente e Telecom, poichè il costo sopportato per l’anticipazione delle spesa sostenuta nei confronti delle Poste Italiane dalla Telecom, per la spedizione della fattura a mezzo del servizio postale, prevista dalle condizioni generali di contratto come costo da addebitare a carico dell’utente, non è, in mancanza di previsione nelle condizioni contrattuali, un’anticipazione eseguita in nome e per conto dell’utente, ma solo un’anticipazione per conto (e nell’interesse) dello stesso, e, dunque, non da luogo alla fattispecie del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, n. 3, deve ritenersi che la pretesa di rimborso della Telecom verso l’utente riguardo a quanto corrisposto per la spesa di spedizione alle Poste Italiane fa parte della base imponibile ai sensi dell’art. 13 del detto D.P.R., trattandosi di spesa per l’esecuzione della prestazione, con la conseguenza che legittimamente la Telecom ricarica detta spesa dell’i.v.a. e ciò ancorchè la Telecom sopporti la spesa di spedizione verso le Poste Italiane in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, n. 16, dello stesso D.P.R. (così, in particolare, Cass. (ord.) n. 17526 del 2013). Presupposto per l’affermazione del principio di diritto è stata la seguente precisazione: Ai fini del rapporto con l’utente, poichè il costo sopportato per l’anticipazione delle spesa sostenuta nei confronti delle Poste Italiane non è anticipazione in nome e per conto dell’utente e, dunque, non da luogo alla fattispecie del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, n. 3 e poichè l’esenzione di cui all’art. 10, n. 16 concerne solo chi ha diretto rapporto con chi gestisce il servizio postale universale, la pretesa di rimborso della Telecom verso l’utente fa parte della base imponibile ai sensi dell’art. 13, detto D.P.R., quale spesa per l’esecuzione della prestazione e, quindi, può essere ricaricata di I.v.a., in quanto nessuna norma prevede una sorta di trascinamento dell’esenzione che ha avuto la Telecom al rapporto con l’utente, per cono del quale Essa ha fatto ricorso al sevizio postale.

Il Tribunale ha ignorato gli arresti che hanno espresso tali principi, superando il principio di diritto di cui alla sentenza del 2009.

Ne segue che il ricorso appare fondato e la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata.

Non occorrendo accertamenti di fatto per decidere sulla domanda proposta dalla parte qui intimata nel senso del suo rigetto, sembrano sussistere le condizioni per decidere nel merito con l’accoglimento dell’appello della Telecom e il rigetto della domanda della parte attrice”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere.

Il ricorso è, pertanto, accolto e la sentenza è cassata.

Non occorrendo accertamenti di fatto ricorrono le condizioni per decidere nel merito con l’accoglimento dell’appello e la riforma della sentenza del primo giudice, da cui consegue il rigetto della domanda della parte attrice.

Le spese delle fasi di merito, sulle quali questa Corte deve provvedere, possono essere integralmente compensate, giacchè è notorio che nella giurisprudenza di merito la questione di diritto dell’efficacia della normativa oggetto di giudizio è stata decisa in modi opposti. Le spese del giudizio di cassazione seguono invece la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 140 del 2012.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Pronunciando sul merito, accoglie l’appello della Telecom contro la sentenza del Giudice di Pace di Guardia Sanframondi e rigetta la domanda degli intimati. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna gli intimati alla rifusione alla ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro seicento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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