Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19224 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 13/06/2017, dep.02/08/2017),  n. 19224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Angela – Consigliere –

Dott. GIORDANO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11353/2012 R.G. proposto da:

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK s.p.a., con sede in (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante avv. Maria Pia Tomassetti,

rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Dalmartello del Foro di

Milano, con domicilio eletto in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 77,

presso lo studio dell’Avv. Filippo Tornabuoni, del Foro di Roma;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 374/09/10 della Commissione Tributaria

Regionale del Friuli, Trieste, depositata il 7/11/2011;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13/06/2017 dal

Consigliere Luigi Giordano;

Udito, per la parte ricorrente, l’Avvocato Filippo Tornabuoni, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la parte controricorrente, l’Avvocato dello Stato, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale

dott.ssa ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 374/09/11, depositata il 7 novembre 2011 e non notificata, la Commissione tributaria regionale del Friuli accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti delle società Unicredit Corporate Banking s.p.a., Aspra Finance s.p.a. e Unicredit Credit Management Bank s.p.a. avverso la sentenza n. 31/05/2010 della Commissione tributaria provinciale di Pordenone e compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

Il giudice di appello ha ritenuto che l’imposta principale di registro su una sentenza che aveva accolto la domanda di revocatoria fallimentare, condannando alla restituzione degli importi revocati, è soggetta ad aliquota proporzionale e non al pagamento di una somma in misura fissa. In tal senso, ha confermato l’avviso di liquidazione dell’imposta principale di registro, con il quale veniva richiesto ai ricorrenti il pagamento della somma di Euro 552.342,00.

2. Avverso la sentenza di appello, la società UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 17 maggio 2012 ed affidato ad un motivo.

3. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, la società UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK s.p.a. denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, lett. b), della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro. Secondo la ricorrente, la sentenza che accoglie una domanda di revocatoria fallimentare determina l’inefficacia dell’atto traslativo, limitandosi a dichiarare la non opponibilità di un atto ai creditori della procedura concorsuale. La condanna alla restituzione del bene costituisce una mera statuizione accessoria, non espressiva di “uno spostamento reale di ricchezza”, nè “di capacità contributiva”. Ne conseguirebbe che l’imposta di registro applicabile non è quella determinata in misura proporzionale dalla disposizione violata, ma quella determinata in misura fissa dall’art. 8, comma 1, lett. e) medesimo D.P.R.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

2.1. Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, la sentenza che accoglie la domanda di revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni produce l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne facevano parte e, quindi, realizza un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento. Ne consegue che è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza). Si deve escludere, invece, l’applicazione della successiva lett. c) del medesimo articolo, che riguarda i provvedimenti giudiziali aventi ad oggetto l’annullamento o la declaratoria di nullità di un atto e, quindi, in funzione meramente ripristinatoria o restitutoria della situazione patrimoniale anteriore, ancorchè determinino la restituzione di denaro o beni ovvero la risoluzione di un contratto. Non può trovare applicazione, neppure la lett. e) sempre del medesimo articolo del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, norma speciale e di stretta interpretazione, che determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorchè portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore) (cfr., Cass., Sez. 6 – 5, Ord., 7 maggio 2015, n. 9269; Cass., Sez. 6 – 5, 9 ottobre 2014, n. 23038; Cass. 6 novembre 2013, n. 24954; Cass. 12 ottobre 2012, n. 17584; Cass. 25 febbraio 2009, n. 4537).

2.2. – L’orientamento riceve sostegno anche dalla precisazione della Sezione prima della Corte, secondo cui, nella sentenza di revocatoria fallimentare, il nesso tra la statuizione condannatoria (alla restituzione delle somme ricevute con gli atti solutori dichiarati inefficaci) e l’accertamento costitutivo è di mera dipendenza, ma non di stretta sinallagmaticità, cosicchè l’anticipazione degli effetti esecutivi di tale capo condannatorio non è incompatibile con la produzione dell’effetto costitutivo al momento successivo del passaggio in giudicato (Cass. 29 luglio 2011, n. 16737).

3. Il ricorso va in conseguenza respinto. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

la Corte:

– respinge il ricorso;

– condanna la contribuente a pagare le spese di causa, liquidate in Euro 9000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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