Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19220 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 07/07/2021), n.19220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3504/2014 R.G. proposto da:

L.E., rappresentata e difesa dagli avvocati Moretti

Nicola e Emiliano Simeone, elett. dom. presso lo studio

dell’avvocato Ermenegildo Pompei in Roma, via Conte Rosso 5;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

sez. staccata di Latina, n. 293/39/13, depositata il 13 giugno 2013,

non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/04/2021

dal Consigliere Adet Toni Novik.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– con sentenza n. 293/39/13, depositata il 13 giugno 2013, non notificata, la CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di L.E. avverso la sentenza della CTP di Latina, che aveva invece accolto il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento ai fini Irap per l’anno 2005, con il quale l’Ufficio aveva proceduto alla rettifica del reddito, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, accertando maggiori ricavi non contabilizzati;

– ad avviso della CTR, l’atto di accertamento emesso era legittimo e validamente motivato con il richiamo per relazione al PVC della Guardia di Finanza, anche senza l’allegazione del richiamato verbale; nel merito, ha ritenuto che la vendita dei veicoli oggetto dell’attività della contribuente, non ineriva, diversamente da quanto da essa sostenuto, ad una agenzia di affari, ma ad una attività di compravendita; richiamava sul punto il processo verbale della guardia di finanza che aveva verificato i registri di carico e scarico e la documentazione extra contabile rinvenuta presso la ditta;

– la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, a cui l’agenzia delle entrate replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso sollevata dall’agenzia delle entrate non può essere accolta: è ben vero che nel ricorso la contribuente menziona come oggetto di impugnazione la sentenza n. 618/09 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina, ma all’evidenza si tratta di meri refusi essendo ben specificato nel corpo del ricorso che l’impugnazione è rivolta contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, di cui si riporta il dispositivo, così rendendo chiara identificazione della sentenza impugnata;

– con il primo motivo di ricorso, si deduce “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, nonchè difetto ed incongruità della motivazione. Violazione delle norme sulla doppia imposizione e violazione degli artt. 3,23,53 Cost.”, laddove l’agenzia delle entrate aveva sostenuto che il rapporto instaurato con il fornitore delle autovetture “F.lli Bonacini S.r.l.” non fosse una agenzia di affari ma una attività commerciale di vendita; si sostiene, ancora, che la tesi dell’ufficio, secondo cui la contribuente avrebbe dovuto rifatturare le autovetture già fatturate dalle parti intangerebbe nel divieto della doppia imposizione e si porrebbe in violazione delle norme costituzionali;

– con il secondo motivo di ricorso, la contribuente deduce “Violazione e falsa applicazione” del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51,54 e 56, oltre che degli artt. 2697 e 2729 c.c., della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, nonchè “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia”; in particolare, si duole che all’avviso di accertamento non siano stati allegati i documenti extracontabili posti alla base dell’accertamento e che essi non siano stati allegati nè al PVC della Guardia di Finanza notificato alla contribuente, nè a quello trasmesso all’agenzia delle entrate;

– il ricorso è inammissibile;

– deve rilevarsi che, pur leggendosi nelle conclusioni la richiesta di “cassare l’impugnata sentenza” (erroneamente indicata in quella della commissione tributaria provinciale), il ricorso non richiama alcun passaggio della sentenza impugnata, nè – ovviamente svolge critiche rispetto alla stessa. Invero, anche i motivi come sopra trascritti, facenti menzione di violazioni di norme e vizi, riferiscono in effetti gli stessi all’avviso di accertamento e non alla sentenza oggetto di gravame. Il contenuto del ricorso, sostanzialmente, è una evidente riproposizione del ricorso di merito, mascherato dal semplice richiamo nei titoli dei parametri di legittimità;

– va rilevato che la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un “non motivo”. L’esercizio del diritto di impugnazione, infatti, può considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso fondato su un unico motivo denunciante plurimi profili e le cui argomentazioni erano formulate in modo perplesso, tale da non consentire di enucleare le specifiche ragioni a fondamento di ciascuna doglianza). (Sez. 5 -, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020, Rv. 658556 – 01);

– inoltre, in base all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il “decisum” della sentenza gravata (così ad es. sez. 5 n. 17125 del 2007 e sez. 1 n. 4036 del 2011). In altri termini, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (così Cass., sez. 5, n. 21296 del 2016; Sez. 6 – 5, n. 187 del 08/01/2014; Sez. 5, n. 17125 del 03/08/2007; sez. 3, n. 359 del 2005 e altre); nella specie, non solo il motivo prospetta una pluralità di profili, ma le argomentazioni sottese ai diversi motivi denunciati attengono all’avviso di accertamento, con conseguente impossibilità di enucleare le specifiche ragioni portate a fondamento di ciascun profilo di doglianza, per difetto di specificità;

– le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 5.600, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

 

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