Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1922 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 1922 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 5441-2009 proposto da:
DI TURI GIOVANNI C.F. DTRGNN37L15F923K, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio
dell’avvocato MAGARAGGIA DEBORA, rappresentato e
difeso dall’avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
3074

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C. F. 01585570581
(già Ferrovie dello Stato Società di Trasporti e
Servizi per Azioni), in persona del legale

Data pubblicazione: 29/01/2014

rappresentante 219 tempore, domiciliata in ROMA VIA
BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato PANDOLFO
ANGELO, che la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– controricorrente –

di BARI, depositata il 20/02/2008 R.G.N. 4266/2005+4;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1902/2007 della CORTE D’APPELLO

Udienza del 29 ottobre 2013 — Aula B
n. 2 del ruolo — RG n. 5441/09
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 20 febbraio 2008), pronunciando sui
giudizi riuniti in grado di appello avverso la sentenza del Tribunale di Bari in data 14 aprile 2005,
instaurati tra Giovanni Di Turi, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (d’ora in poi: REI) e l’INAIL : 1)
dichiara l’appello incidentale proposto da Giovanni Di Turi assorbito nell’appello incidentale dello
stesso Di Turi; 2) accoglie tale ultimo appello principale per quanto di ragione e, conseguentemente,
in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna REI al pagamento in favore del Di Turi
dell’equo indennizzo derivante dalla dichiarata derivazione della patologia sofferta dal lavoratore da
concausa di servizio; 3) accoglie altresì l’appello principale dell’INAIL e, per l’effetto, in riforma
della sentenza impugnata, rigetta la domanda proposta nei confronti dell’Istituto dal Di Turi; 4)
rigetta l’appello incidentale di REI; 4) compensa tra tutte le parti le spese del grado di appello del
giudizio e conferma, nel resto, la sentenza impugnata.
La Corte d’appello di Bari, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il Tribunale ha affermato che sulla base della CTU espletata l’infermità denunciata dal Di
Turi, pur non essendo configurabile come malattia professionale, è comunque ascrivibile a causa di
servizio, con menomazione assimilabile alla 8° categoria, tabella A, del d.P.R. n. 834 del 1981, ma
ha ritenuto che l’onere della relativa prestazione non fosse più delle Ferrovie dello Stato, bensì
dell’INAIL, in quanto l’evento infortunistico pur essendosi verificato prima del 31 dicembre 1995
non era ancora definito entro la suddetta data, sicché, ad avviso del primo giudice, ai sensi dell’art.
13 della legge n. 608 del 1996 la titolarità passiva del rapporto assicurativo de quo sarebbe stata
trasferita all’INAIL, unico legittimato passivo nel presente giudizio;
b) il Di Turi, nel proprio atto di appello, in via principale, ribadisce la richiesta di
riconoscimento della malattia professionale (con costituzione di rendita vitalizia a carico di REI) e,
in via subordinata, chiede la correzione della sentenza di primo grado nella parte in cui ha
condannato l’INAIL, anziché RFI, al pagamento dell’equo indennizzo;
c) il profilo principale di censura deve essere respinto, essendo esatta la configurazione della
11 ho t unrni come dipendente da concausa di servizio e non come malattia professionale;
vv elitnZ.tor
d) deve essere, invece, accolto il profilo di censura subordinato proposto dal lavoratore
perché, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, il trasferimento all’INAIL della titolarità
• dei rapporti aventi ad oggetto infortuni sul lavoro e/o malattie professionali dei dipendenti FF.SS ai
• sensi della legge n. 608 del 1996 non produce effetto sui giudizi in corso relativi a fatti verificatisi
prima del 31 dicembre 1995 e non ancora definiti in tale data, che quindi proseguono con le parti
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

originarie, sicché nella specie l’INAIL non ha alcuna legittimazione passiva nel giudizio, essendo
RFI l’unica legittimata passiva;
e) la suddetta precisazione produce l’ulteriore effetto dell’accoglimento dell’appello proposto
dall’INAIL, con conseguente rigetto della domanda del Di Turi nei confronti dell’Istituto e riforma
dell’impugnata sentenza sul punto;

g) “le alterne vicende dell’intero giudizio in rapporto alla posizione di ciascuna parte, in uno
con l’esito solo parzialmente positivo per alcune di esse, appaiono giusti motivi per compensare
interamente tra tutte le parti le spese di questo grado del giudizio”.
2.— Il ricorso di Giovanni Di Turi domanda la cassazione della sentenza per un motivo;
resiste, con controricorso, RFI s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Sintesi del motivo di ricorso
1.— Con il motivo di ricorso — formulato in conformità con le prescrizioni di cui all’art. 366bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod.
proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 cod. proc. civ., nonché dell’art.
118 disp. att. Cod. proc. civ.

Il quesito posto a corredo del motivo è così formulato: ” in una controversia soggetta alla
disciplina dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla modifica introdotta
con l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge 28 dicembre 2005, n. 263, il provvedimento giudiziale
di compensazione, totale o parziale, delle spese di lite, deve dare conto della relativa statuizione
mediante argomenti specificamente riferiti a questa ovvero attraverso rilievi che, ancorché relativi
al merito, si risolvano in considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare anche la adottata
determinazione sulle spese”?
Nella argomentazione delle censure si rileva che la Corte d’appello, con la statuizione
contestata, non solo ha confermato la decisione di primo grado nella parte in cui ha erroneamente
posto le spese a carico dell’INAIL, ma non ha tenuto conto del fatto che il Di Turi è stato costretto a
proporre appello per l’errore commesso dal primo giudice — rappresentato dall’aver condannato
l’INAIL e negato la legittimazione passiva di RFI — non emendabile con la richiesta correzione.
Si fa, pertanto, riferimento all’orientamento espresso da Cass. SU 30 luglio 2008, n. 20598,
conforme a quello espresso da Cass. 30 maggio 2008, n. 14563.
III — Esame delle censure
2.- Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
2

t) l’appello incidentale condizionato di IZFI va, invece, respinto perché destituito di
fondamento;

In applicazione di tale principio è stato precisato, con indirizzo altrettanto consolidato e
condiviso, che: in tema di compensazione delle spese processuali ex art. 92 cod. proc. civ., (nel testo
applicabile ratione temporis, anteriore a quello introdotto dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263),
poiché il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il
principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula da
tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità
di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia
nell’ipotesi di concorso di altre giuste ragioni, che il giudice di merito non ha obbligo di specificare,
senza che la relativa statuizione sia censurabile in cassazione, poiché il riferimento a “giusti motivi”
di compensazione denota che il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo
complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia (fra le tante: Cass. 6
ottobre 2011, n. 20457; Cass. 17 maggio 2012, n. 7763).
Nel caso di specie la Corte d’appello ha compensato le spese con riferimento alle alterne
vicende del giudizio, in una con l’esito solo parzialmente positivo per alcuna di esse,
Risulta, pertanto, evidente che la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza impugnata è
immune da censure rilevabili in questa sede, in quanto con essa la Corte barese non ha violato il
principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa — visto che il
profilo principale di censura proposto in appello dal Di Turi è stato respinto — ed ha giustificato, con
congrua e logica motivazione, la scelta — discrezionale — operata nel senso della compensazione
integrale delle spese del grado di appello tra tutte le parti del giudizio.
IV — Conclusioni
3

In base all’orientamento cui si richiama il ricorrente — ormai del tutto consolidato e condiviso
dal Collegio (vedi, per tutte: Cass. SU 30 luglio 2008, n. 20598, Cass. 16 febbraio 2009, n. 3715;
Cass. 31 luglio 2009, n. 17868; Cass. 2 dicembre 2010, n. 24531) — «nel regime anteriore a quello
introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 28 dicembre 2005 n. 263, il provvedimento di
compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto
motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente
riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano
chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno
della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice
anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sé
considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del provvedimento,
di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di
accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni
delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il
costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale
ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze
processuali».

3.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2000,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.

Così sciso in Ros a, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 29 ottobre 2013.

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