Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1922 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. II, 28/01/2010, (ud. 22/06/2009, dep. 28/01/2010), n.1922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27461-2006 proposto da:

COGES – OMNISPORT SRL in persona dell’amministratore e legale

rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GRAMSCI 28, presso lo studio dell’avvocato FRANCHI MANILIO, che la

rappresenta e difende, giusta procura alle liti a margine della

seconda pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A. titolare dell’omonima ditta individuale,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 58, presso lo

studio dell’avvocato GIORDANO ALBA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SUINI GIAN FRANCO, giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 277/2005 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del

2 3.3.05, depositata il 25/07/2 005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2009 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Fulvio UCCELLA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – La ricorrente, srl COGES OMNISPORT, impugna la sentenza n. 277 della Corte d’appello di Cagliari, pubblicata il 25 luglio 2005, mai notificata, con la quale veniva rigettato il suo appello avverso la decisione del Tribunale di Oristano che aveva a sua volta rigettato la sua opposizione avverso il decreto ingiuntivo concesso all’odierno intimato, C.A., per il pagamento di una somma quale corrispettivo per l’esecuzione di lavori edili effettuati in subappalto per il completamento di un parco comunale.

2. – Dalla sentenza impugnata si ricava che il rigetto dell’opposizione era stato deciso dal Tribunale, poichè l’amministrazione committente aveva emesso il certificato di ultimazione dei lavori, ritenuti anche eseguiti a regola d’arte e in conformità alle previsioni contrattuali. Era quindi risultata provata l’avvenuta corretta esecuzione dei lavori relativi alla fattura n. (OMISSIS) non pagata. In particolare osservava la Corte d’appello che era stata correttamente interpretata l’opposizione proposta in primo grado che lamentava la cattiva esecuzione di talune opere., sicchè la Corte territoriale riteneva motivo nuovo quello dedotto in appello. A giudizio della Corte territoriale erano stati introdotti nella controversia ulteriori fatti che determinavano un diverso tema di indagine e conseguentemente apparivano inammissibili in appello. Infine la Corte territoriale osservava che la decisione assunta dal giudice di primo grado prescindeva completamente da valutazioni relative alla mancata risposta all’interrogatorio formale dedotto al legale rappresentante dell’odierna ricorrente.

3. – L’odierna ricorrente formula due motivi di ricorso. Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano l’istituto dell’onere della prova, nonchè omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto. Con il secondo mezzo si lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione delle norme che disciplinano l’istituto della soccombenza (che dipende dall’accoglimento de primo motivo).

Resiste con controricorso l’intimato.

4.- Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale conclude con richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso.

5. – Parte ricorrente ha depositato memoria.

6. Il ricorso è infondato e va respinto.

6.1 – Occorre in primo luogo osservare che risulta difficile la ricostruzione della vicenda giudiziaria e che difetta in particolare l’esposizione delle ragioni sulle quali si basano le sentenze di primo e secondo grado e le relative decisioni. Sotto tale profilo il ricorso appare ai limiti dell’ammissibilità.

Il primo motivo è comunque infondato, perchè manca la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina. Ciò determina l’inammissibilità del motivo, posto tale specifica indicazione è richiesta quando si deduca il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 2005 n. 16132).

Inoltre, la censura di omessa motivazione, formulata unitamente alla censura di contraddittoria ed insufficiente motivazione, risulta affetta da insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali vizi coesistere con gli altri, in quanto, come desumibile dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi in questione contemplate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria, mentre l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto ci si duole, risulti comunque formulata (Cass. 2004 n. 1317). Le altre censure di insufficiente e contraddittoria motivazione risultano infondate, posto che non sono specificamente argomentate con riferimento ai vizi denunciati, apparendo invece volte esclusivamente ad acriticamente contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni diverse da quelle desumibili dalla sentenza impugnata. Nè la memoria depositata consente di superare le considerazioni svolte.

6.2 – Il secondo motivo di ricorso resta assorbito dal rigetto del primo.

7. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 1.600,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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