Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19217 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 08/06/2017, dep.02/08/2017),  n. 19217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2735/2013 R.G. proposto da:

C.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Enrico De

Mita, dall’Avv. Prof. Maurizio Logozzo e dall’Avv. Prof. Livia

Salvini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in

Roma, viale Mazzini, n. 11;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, n. 13/04/12 depositata il 4

giugno 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 giugno

2017 dal Consigliere Emilio Iannello;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore generale Sorrentino Federico, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che C.C. ricorre con cinque mezzi nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Campania, sezione staccata di Salerno – in controversia concernente impugnazione dell’avviso di accertamento per Irpef in relazione alla plusvalenza realizzata con la cessione di area edificabile, calcolata prendendo in considerazione il valore accertato ai fini dell’imposta di registro – ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo correttamente determinata nell’atto impugnato la plusvalenza con l’assunzione, quale valore iniziale del bene, dell’importo di Euro 10.287,00 (“per uniformità di giudicato” con quello stabilito dalla C.T.R. della Campania, in separato giudizio, con sentenza n. 375/09/2010) e, quale valore finale, quello di Euro 199.800,00, definito ai fini dell’imposta di registro;

che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la C.T.R. confermato il valore iniziale del bene, quale considerato nell’atto impositivo, in assenza di motivo d’appello diretto a censurare il diverso accertamento contenuto nella sentenza di primo grado che aveva determinato tale valore in Euro 39.061,83, avendo maggiorato il costo d’acquisto (pari al predetto importo di Euro 10.287,00) delle spese incrementative eseguite dopo il 21/1/2001, riconosciute pari all’importo di Euro 28.774,83;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce, in subordine, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: sostiene che la mancanza di autonoma impugnazione sul punto ha determinato il passaggio in giudicato, in parte qua, della sentenza di primo grado e rileva che la mera richiesta di conferma del valore iniziale non può intendersi come motivo d’appello sul relativo capo di sentenza;

che con il terzo motivo, in via ulteriormente gradata, il ricorrente deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. motivato sul punto limitandosi a richiamare una sentenza non agli atti, nuova e mai citata prima da controparte;

che con il quarto motivo il contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 68 t.u.i.r., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, degli artt. 2697,2727,2728e 2729 c.c., in relazione agli artt. 3,53 e 97 Cost. nonchè in relazione al D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 3 in materia di accertamento con adesione, per avere la C.T.R. avallato l’accertamento operato sulla base del valore definito ai fini dell’imposta di registro, sulla base di una presunzione – quella della corrispondenza dei due valori – priva di fondamento legale e senza considerare che egli era rimasto estraneo al procedimento di accertamento con adesione relativo all’imposta di registro, che aveva coinvolto il solo acquirente;

che con il quinto motivo il ricorrente deduce, infine, vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. omesso di valutare la documentazione prodotta da esso contribuente al fine di dimostrare l’effettività del prezzo dichiarato nell’atto di vendita;

ritenuto che i primi due motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili per la loro intima connessione, sono infondati;

che, invero, come si ricava dall’atto d’appello, il gravame investiva la decisione di primo grado con riferimento a entrambi i valori ivi espressamente indicati per il calcolo della plusvalenza tassabile, chiedendosi in particolare, con riferimento al valore iniziale, tenersi conto “del fatto che con sentenza n. 375/09/2010”, in quella sede indicata dall’appellante come “non ancora definitiva”, la C.T.R. della Campania aveva determinato tale valore in Lire 10 milioni, poi rivalutato in Euro 10.287,00;

che non può invero dubitarsi che il riferimento a tale pronuncia, intervenuta successivamente ai fatti considerati in primo grado, indipendentemente da ogni valutazione circa la sua fondatezza e rilevanza ai fini del giudizio, vale comunque di per sè a veicolare e motivare una richiesta di riforma anche sul punto della decisione di primo grado;

che è invece fondato il terzo motivo, risultando apodittica l’affermazione al riguardo contenuta nella sentenza qui impugnata, circa l’esigenza di confermare tale valore “per uniformità di giudicato”, in mancanza di indicazione alcuna delle fonti e delle ragioni di tale convincimento e, segnatamente, degli elementi, ritualmente acquisiti al processo, che giustificano l’attribuzione a tale accertamento di efficacia di giudicato esterno vincolante nella presente sede, indicazione tanto più necessaria in considerazione del fatto che la stessa amministrazione appellante aveva indicato la citata sentenza n. 375/09/2010 come “non ancora definitiva”;

ritenuto che è altresì fondato il quarto motivo di ricorso;

che, invero, indipendentemente dagli argomenti al riguardo spesi in ricorso, l’illegittimità del criterio adottato dall’Ufficio, ai fini che occupano, discende dallo ius superveniens rappresentato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, il quale all’art. 5, comma 3, prevede che “il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 58, 68, 85 e 86 e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5-bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”;

che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, con orientamento consolidato, la norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da Corte Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative;

che, peraltro, anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, è certo che se il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia l’intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel comma 4 del citato art. 5, laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative): circostanza, questa, che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l’intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi (così, in motivazione, Cass., 15/04/2016, n. 7488; v. anche Cass. 10/02/2017, n. 3590);

considerato che resta assorbito l’esame del quinto motivo;

che, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio.

PQM

 

accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo motivo; dichiara assorbito il quinto; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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