Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19214 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19214 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: IANNELLO EMILIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25814/2016 R.G. proposto da
Salustri Filippo, rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Morigi, con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Condotti, n. 9;
– ricorrente contro
Villarini Sergio e Romalberghi S.r.I., rappresentati e difesi dall’Avv.
Fabrizio Guida Di Guida, con domicilio eletto presso il suo studio in
Roma, via della Giuliana, n. 66;
– controricorrentti Urbe S.r.l.;
– intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 4056/2016,

Data pubblicazione: 19/07/2018

d

pubblicata il 24 giugno 2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2018
dal Consigliere Emilio Iannello.

Rilevato in fatto
1.

Sergio Villarini e la Romalberghi S.r.l. — rispettivamente

con la Urbe S.r.l.) e subconduttrice di locali siti in Roma, di proprietà
di Aldo e Filippo Salustri e da questi concessi in comodato d’uso (in
forza di contratto sottoscritto in data 1/7/1997) alla Urbe S.r.l., della
quale i Salustri erano soci — convenivano in giudizio questi ultimi e la
Urbe S.r.l. davanti al Tribunale di Roma proponendo opposizione di
terzo revocatoria

ex art. 404, comma secondo, cod. proc. civ.

avverso la sentenza n. 18567/2008 con la quale lo stesso tribunale
aveva dichiarato cessato il contratto di comodato intercorso tra i
Salustri e la Urbe S.r.l. e ordinato a quest’ultima il rilascio dei beni,
consentendo ai proprietari di ottenerne la liberazione anche nei
confronti del Villarini e, per conseguenza, della subconduttrice
Romalberghi.
Secondo gli attori in opposizione la succitata sentenza era effetto
di dolo e collusione, a loro danno, da parte dei Salustri e della Urbe
S.r.l., in quanto ottenuta in spregio ad una precedente pronuncia
intervenuta tra le parti (sentenza n. 4141/2005 del Tribunale di
Roma) che aveva accertato il collegamento funzionale tra i detti
contratti e per tal motivo respinto l’azione di rilascio intrapresa da
Salustri direttamente contro il Villarini.
Il tribunale rigettava l’opposizione, condannando gli opponenti al
pagamento delle spese processuali in favore dell’opposto Filippo
Salustri.
2. In accoglimento del gravame interposto dagli attori, la Corte
d’appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, ha invece accolto
l’opposizione revocatoria dichiarando priva di ogni effetto la sentenza

conduttore (in virtù di contratto di locazione stipulato nel luglio 1997

opposta n. 18567/08 e condannando gli appellati Filippo Salustri e
Urbe S.r.l. alla rifusione in favore delle controparti delle spese di
entrambi i gradi di giudizio.
3. Avverso tale sentenza Filippo Salustri, in proprio e quale erede
di Aldo Salustri, propone ricorso per cassazione sulla base di due

depositando controricorso.
Urbe S.r.l. non svolge difese nella presente sede.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc.

civ..
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso il Salustri denuncia, ai sensi
dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., nullità della
sentenza per violazione dell’art. 132, comma primo, num. 4, cod.
proc. civ. per essere la sentenza impugnata affetta da «anomalia
motivazionale» riconducibile alle ipotesi nelle quali, secondo la
giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014), essa
si traduce in motivo di inesistenza della motivazione in sé, per
«contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» ovvero per
«motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art.
360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa
applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello
argomentato l’intento collusivo postulando l’esigenza di superare il
pregresso giudicato formatosi sulla sentenza n. 4141/05 (che aveva
affermato l’esistenza di un collegamento funzionale dai vari contratti,
così sostanzialmente negando l’esistenza di un comodato), laddove
invece tale sentenza è stata tempestivamente appellata e il relativo
giudizio è ancora oggi pendente.
Rileva peraltro che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto
sussistere giudicato nei termini indicati, dal momento che le

motivi, cui resistono Sergio Villarini e la Romalberghi S.r.l.,

affermazioni in tal senso valorizzate dalla Corte d’appello sono
contenute esclusivamente nella parte motiva della sentenza citata (n.
4141/2005) e non trovano riscontro in quella dispositiva.
3. È pregiudiziale — in quanto attinente alla procedibilità del
ricorso — il rilievo del mancato deposito, da parte del ricorrente,

in copia anch’essa autentica, della notificazione (che si afferma essere
stata effettuata in data 2/9/2016), in violazione dell’art. 369, comma
secondo, n. 2, cod. proc. civ..
Secondo principio consolidatosi nella giurisprudenza di questa
Corte successivamente alla sopra menzionata ordinanza della sezione
sesta, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della
sentenza impugnata sia stata eseguita, come nella specie, con
modalità telematiche, ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena
d’improcedibilità, dall’art. 369, comma secondo, num. 2, cod. proc.
civ., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un
provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche,
deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia
analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi

1-bis e

1-ter dell’art. 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, del messaggio
di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di
notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio
(Cass. 22/12/2017, n. 30765; v. anche Cass. n. 657 del 2017; n.
17450 del 2017; n. 23668 del 2017; n. 24292 del 2017; n. 24347
del 2017; n. 24422 del 2017; n. 25429 del 2017; n. 26520 del
2017; n. 26606 del 2017; n. 26612 del 2017; n. 26613 del 2017;
n. 28473 del 2017).
Nel caso di specie risulta prodotteksolamente copia della relazione
di notifica (recante attestazione, anch’essa in copia, non sottoscritta,
di conformità all’originale formato digitalmente e inviato via p.e.c.).
Manca però l’asseverazione di autenticità delle copie cartacee

4

unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata,

prodotte dal ricorrente.
Tali copie e relative attestazioni di conformità non sono state
nemmeno aliunde acquisite, non avendo nemmeno i controricorrenti
fattane allegazione.
La notifica del ricorso non supera la c.d. prova di resistenza (Cass.

oltre 60 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza
(24/06/2016).
4. Il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile, con la conseguente
condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio
di legittimità, liquidato come da dispositivo.
Ricorrono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30

maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 6.200 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro
200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,

inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo

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Così deciso il 21/6/2018
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n. 17066 del 2013), essendo stata effettuata in data 31/10/2016, ben

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