Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19214 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2021, (ud. 26/03/2021, dep. 07/07/2021), n.19214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13753/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.L.F., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

Rita Matticoli e dall’Avv. Maria Nicoletta De Lellis, elettivamente

domiciliato presso la prima in Roma, via A. Gramsci 24;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 110/2/14 della Commissione tributaria

regionale del Molise, depositata il 29 aprile 2014 e non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 marzo 2021

dal Consigliere Dott.ssa Laura Mancini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.L.F. impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Isernia la cartella di pagamento emessa sulla base degli avvisi di accertamento relativi all’IRPEF per gli anni 2002 e 2004, deducendo che, a seguito della notificazione di tali atti impositivi, aveva avanzato istanza di accertamento con adesione in seguito alla quale vi erano stati incontri con l’Ufficio, il quale, tuttavia, aveva inopinatamente interrotto il procedimento, iscrivendo le somme a ruolo e notificando la cartella esattoriale.

2. La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso con sentenza che fu confermata in appello.

La Commissione tributaria regionale del Molise osservò che il comportamento tenuto dall’Amministrazione finanziaria, contrastando con il dovere di buona fede e correttezza, tanto da presentare profili di analogia con l’ingiustificata interruzione delle trattative in ambito civilistico, aveva determinato l’illegittimità della cartella impugnata.

3. Avverso tale pronuncia ricorre l’Amministrazione finanziaria con un motivo, cui resiste D.L.F. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. 6 e 9.

Assume la ricorrente che la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione comporta la sospensione dei termini per l’impugnazione di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 2, per la durata di novanta giorni decorrenti dalla presentazione della richiesta e il mancato perfezionamento della procedura comporta la definitività dell’atto impositivo, con conseguente preclusione per il contribuente della possibilità di contestare l’accertamento originario.

Invero, soggiunge la difesa erariale, il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 2, induce a ritenere che la convocazione del contribuente a seguito della richiesta di avvalersi della procedura di accertamento con adesione non costituisce per l’Ufficio un obbligo, ma una facoltà da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale, non essendo la mancata convocazione dell’istante espressamente sanzionata con la nullità dell’atto impositivo.

2. Il motivo è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, affermando che la mancata convocazione del contribuente non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (Cass. Sez. U, 17/2/2010, n. 3676; Cass. Sez. 5, 28/12/2011, n. 29128; Cass. Sez 5, ord. 11/1/2018, n. 474; Cass. Sez. 5, ord. 24/8/2018, n. 21096), hanno considerato la posizione dell’Amministrazione rispetto all’istanza di adesione del contribuente in termini di facoltatività e di discrezionalità, essendo rimesso al Fisco di valutare autonomamente l’opportunità o meno di addivenire alla definizione consensuale.

Ne consegue che l’atto impositivo resta efficace anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non ammetta al contraddittorio il contribuente che ne faccia istanza (Cass. Sez. 5, ord. 16/5/2019, n. 13172; Cass. Sez. 6-5, ord. 21/6/2017, n. 15401).

2.1. Questa Corte ha, inoltre, precisato che, in tema di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, la presentazione dell’istanza di definizione, così come il protrarsi nel tempo della relativa procedura, non toglie efficacia all’accertamento, ma sterilizza per novanta giorni il termine d’impugnazione, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’avviso di accertamento, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo, poichè, a norma del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 6 e 12, soltanto all’atto del perfezionamento della definizione l’avviso perde efficacia (Cass. Sez. 6-5, ord. 2/3/2012, n. 3368), secondo un meccanismo non dissimile da quello previsto per il normale consolidamento del silenzio-rifiuto (L. n. 241 del 1990, art. 2; D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21), il che rende coerente con l’ordinamento generale considerare tacitamente rigettata l’istanza di accertamento con adesione, una volta che sia spirato quel termine dalla presentazione della istanza senza che l’Ufficio abbia risposto (Cass. Sez. 5, 21/1/2015, n. 993; Cass. Sez. 5, del 21/6/2017, n. 15401).

2.2. Alla luce delle considerazioni che precedono, non è configurabile a carico dell’Amministrazione finanziaria un obbligo di conclusione del procedimento di accertamento per adesione mediante provvedimento espresso di diniego o verbale negativo, nè l’iter del procedimento di definizione bonaria delineato dal D.Lgs. n. 218 del 1997, condiziona in alcun modo l’atto impositivo, il quale, se non è impugnato entro il termine di legge, decorrente dalla data di cessazione del periodo di sospensione di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, diviene definitivo.

2.3. Infine, il rapporto di autonomia tra l’accertamento con adesione e l’accertamento tributario – reso evidente dal fatto che la presentazione dell’istanza D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, comporta esclusivamente la sospensione, per una durata predeterminata ex lege, del termine per l’impugnazione dell’atto impositivo, cessata la quale senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’avviso di accertamento, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo -, e la discrezionalità di cui gode l’Amministrazione nel valutare la proposta del contribuente in base al carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria (Cass. Sez. 5, 3/12/2019, n. 31472), rendono inconfigurabile un legittimo affidamento in ordine al protrarsi dell’astensione, da parte dell’Amministrazione, dalla messa in esecuzione dell’atto impositivo che sia divenuto inoppugnabile, in attesa del perfezionamento della definizione bonaria.

Infatti, la sospensione prevista dal ridetto D.Lgs. n. 197 del 1998, è volta a garantire uno spatium deliberandi in vista dell’accertamento con adesione che è determinato dalla legge ed è perentorio, al pari del termine per impugnare l’atto impositivo, sicchè, spirato lo stesso, riprende a decorrere il termine per l’impugnazione sospeso dalla presentazione dell’istanza, senza che mancata definizione della stessa ne comporti un’ulteriore sospensione sine die (Cass. Sez. 5, n. 16347 del 28/06/2013; Cass. Sez. 6-5, ord. n. 27796 del 24/10/2018).

3. La Commissione tributaria regionale del Molise, ritenendo che la mancata conclusione del procedimento di accertamento per adesione imputabile al comportamento contrario a buona fede dell’Ufficio abbia inciso, determinandone l’illegittimità, sull’accertamento tributario e sulla conseguente cartella di pagamento, non si è attenuta al principio di diritto secondo il quale “la presentazione, da parte del contribuente, dell’istanza di definizione consensuale ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, non costituisce impedimento all’emissione, nelle more della procedura di accertamento con adesione, dell’atto impositivo, ove l’Amministrazione non ravvisi le condizioni per evitare la controversia”.

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso erariale, la sentenza gravata deve essere cassata e, decidendo nel merito, il ricorso originario proposto da D.L.F. deve essere rigettato.

3.1. La particolarità delle questioni esaminate giustifica la compensazione tra le parti delle spese dei gradi di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità si liquidano come da dispositivo in ragione del principio di soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto da D.L.F.; compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e condanna il controricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

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