Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19211 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19211 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: DI FLORIO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 5145-2016 proposto da:
INZAGHI MATTEO, RETE VARESE 1 SRL IN LIQUIDAZIONE ,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
ROBERTO BENASCIUTTI, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA SALARIA 58, presso lo studio dell’avvocato
FEDERICO BIANCA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALDO D’AULA giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrenti –

2018
1604

contro

VARESE RISORSE SPA , in persona dell’Amministratore
Delegato-legale rappresentasnte pro-tempore,

ing.

FRANCESCO FORLEO, elettivamente domiciliata in ROMA,

1

Data pubblicazione: 19/07/2018

VIA

ANTONIO

GRAMSCI

281,

presso

lo

studio

dell’avvocato ALFONSO PICONE, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO ORELLI,
FEDERICO ORELLI giusta procura in calce al
controricorso;

avverso

la

sentenza n.

4351/2015

della

CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

28/05/2018

dal

ANTONELLA DI FLORIO;

2

Consigliere

Dott.

– controrícorrente –

Ritenuto che:

1. Rete Varese 1 Sri e Matteo Inzaghi ricorrono, affidandosi ad un unico
articolato motivo illustrato anche con memoria, avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Milano che, riformando la pronuncia del Tribunale, li aveva

favore della Varese Risorse Spai in ragione di alcuni programmi e servizi con i
quali la società ed il direttore generale erano stati accusata di scandali, sprechi
ricaduti sulla finanza locale nonché di anomali incarichi a società partecipate.
2. La società intimata ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha deliberato che la motivazione sia resa in forma semplificata.
Considerato che
1. Con unico articolato motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 n° 3 cpc, la
violazione e f.a. degli artt. 113, 115 e 116 cpc : censurano, al riguardo il
percorso argomentativo della Corte territoriale, fondato su tre brani stralciati
dall’intera inchiesta, attraverso una valutazione atomistica dei quali aveva
impropriamente desunto che i fatti denunciati non fossero veri; ed aveva in tal
modo fondato la propria decisione non già sulle prove acquisite agli atti, ma su
semplici presunzioni i forzando impropriamente il principio del

“libero

convincimento”.
2.

Preliminare rispetto all’esame del motivo proposto risulta essere la

questione, per la quale si impone il rilievo d’ufficio, riguardante la procedibilità
del ricorso.
Questa Corte ha recentemente affermato che “ai fini del rispetto di quanto
imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., il
difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli
è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria
della Corte di Cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai
sensi dei commi 1-bis e 1 -ter dell’art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di
posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del
3

condannati al risarcimento del danno per diffamazione a mezzo stampa in

provvedimento impugnato, allegati al messaggio.” ( cfr. Cass. 30765/2017 alla
cui motivazione si rimanda per intero).
2.1. Nel caso in esame, mancano i documenti informatici ( e cioè la copia
analogica dell’invio e dell’avvenuta consegna ( RDAC ) con l’attestazione di
conformità comprovante la notifica a mezzo PEC della sentenza impugnata,
come di evince dall’esame della documentazione allegata al ricorso per

messaggio di posta elettronica certificata, privo della documentazione
informatica comprovante l’effettiva spedizione del messaggio e la ricezione di
esso dal sistema informatico del destinatario.
2.2. Si osserva, al riguardo, che il ricorso per cassazione è stato notificato (il
18.2.2016 ) oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della
sentenza (13.11.2015 ): quindi, in assenza dell’unica ipotesi in cui perde
rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (cfr. Cass.10 luglio
2013, n. 17066, e par. 22) di Cass. 30765/2017 ), era necessario che il
ricorrente osservasse rigorosamente le formalità imposte dall’art. 369 co 2 n°
2 cpc , declinate nel giudizio di Cassazione, non ancora telematico, alla luce
della normativa sulle notifiche a mezzo PEC (art. 9 commi 1-bis e 1 -ter della
legge 53/1994 ) che impone la autenticazione, con sottoscrizione autografa
del difensore, delle ricevute di trasmissione ed avvenuta consegna della
notifica a mezzo PEC .
2.3. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato, in limine, improcedibile.
3. Le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate in quanto
l’orientamento sopra richiamato sul quale si fonda la decisione è successivo al
deposito del ricorso ( cfr. Cass. 30765/2017 che, preceduta da Cass.
6657/2017; Cass. 17450/2017; Cass. 23668/2017; Cass. 24292/2017; Cass.
24347/2017 ; Cass. 24422/2017; Cass. 25429/2017; Cass. 26520/2017; Cass.
26606/2017; Cass. 26612/2017, Cass. 26613/2017; Cass. 28473/2017
orientate nel medesimo senso, ha definitivamente chiarito le modalità con le
quali deve essere attestata la conformità all’originale dei documenti
informatici).

4

cassazione nella quale è presente soltanto la copia non autenticata del

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 la Corte da atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il

,{

ricorso proposto , a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.

PQM

dichiara improcedibile il ricorso.
Spese del giudizio di legittimità compensate
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma ibis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile del

La Corte,

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