Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19209 del 21/09/2011

Cassazione civile sez. II, 21/09/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 21/09/2011), n.19209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.P. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, per procura in calce al ricorso, dall’Avvocato Conte Michele,

presso lo studio del quale in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 99,

è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona

dell’amministratore pro – tempore, rappresentato e difeso, per

procura a margine del controricorso, dall’Avvocato Mazzone Lionello,

presso lo studio del quale in Roma, via Molveno n. 21, è

elettivamente domiciliato;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3347 del 2005,

depositata il 20 luglio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 16

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per la ricorrente, l’Avvocato Ernesto Conte, per delega;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio di (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale della medesima città, M.P., chiedendone la condanna alla demolizione di un manufatto costruito sul lastrico solare dell’edificio e al risarcimento del danno.

Costituitosi il contraddittorio ed espletata l’istruttoria, l’adito Tribunale, con sentenza n. 22086 del 1997, condannava la M. alla demolizione del manufatto e rigettava la domanda di danni.

La M. proponeva appello e, nella resistenza del Condominio, la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 20 luglio 2005, lo rigettava.

La Corte dichiarava preliminarmente inammissibile l’intervento svolto da una condomina in adesione alla posizione del Condominio.

Rigettava, quindi, il primo motivo di gravame, con il quale la M. si doleva del fatto che il Tribunale avesse affermato la natura contrattuale del regolamento di condominio pur se non era stato prodotto in giudizio il negozio di approvazione del regolamento medesimo. In proposito, la Corte osservava che dalla copia del contratto di compravendita del proprio appartamento, prodotto dalla M., emergeva che l’oggetto della vendita veniva trasferito nello stato di fatto in cui si trovava, con tutti i diritti e obblighi risultanti dal titolo di provenienza nonchè dal regolamento di condominio che l’acquirente dichiarava di accettare. Nel caso di specie, l’art. 4 del regolamento prescriveva il divieto di costruire sulla copertura del fabbricato qualunque sopraelevazione e la M. aveva certamente assunto anche l’obbligo di rispettare tale divieto.

Quanto al secondo motivo di appello, con il quale la M. si doleva che il Tribunale avesse attribuito al manufatto la qualità di sopraelevazione, la Corte d’appello rilevava che il manufatto consisteva in un vano abitabile realizzato sul terrazzo di sua proprietà costituente lastrico solare dell’edificio e che, ai fini dell’art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l’altezza precedente di questo, ma come costruzione di uno o più nuovi piani o nuove fabbriche sopra l’ultimo piano dell’edificio, comportando la sopraelevazione l’occupazione dell’area comune su cui sorge il fabbricato.

Per la cassazione di questa sentenza M.P. ha proposto ricorso sulla base di due motivi; ha resistito, con controricorso, l’intimato Condominio.

All’udienza del 3 marzo 2011, in vista della quale la ricorrente aveva depositato memoria, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per omessa notifica dell’avviso d’udienza al difensore del Condominio resistente.

La causa è quindi stata discussa all’udienza del 16 giugno 2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di o-messa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe omesso di indagare se il Condominio avesse fornito la prova della natura contrattuale del regolamento, e cioè la prova che lo stesso era stato approvato all’unanimità da tutti i condomini. Invero, osserva la ricorrente, solo i regolamenti contrattuali possono determinare restrizioni alle facoltà spettanti ai condomini relativamente alle proprietà esclusive degli stessi nel fabbricato in condominio. Nella specie, la ricorrente rileva che, in quanto proprietaria dell’ultimo piano, aveva il diritto di sopraelevare, riconosciuto dall’art. 1127 cod. civ., e solo un regolamento contrattuale avrebbe potuto limitare tale facoltà. E la prova della esistenza di un regolamento contrattuale non poteva ritenersi fornita dal Condominio, non valendo a tal fine la considerazione che essa ricorrente, nell’atto di compravendita, aveva dichiarato di accettare il regolamento condominiale, potendo una simile dichiarazione giustificare il mancato accertamento della trascrizione dell’atto contenente il regolamento stesso, ma non anche la mancata indagine circa la natura contrattuale del medesimo.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., perchè la Corte d’appello, pur non avendo il Condominio fornito la prova della natura contrattuale del regolamento, ha tuttavia respinto il gravame proprio sulla base del riconoscimento della natura contrattuale del regolamento di condominio.

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, è fondato.

Non è qui in discussione il consolidato principio per cui “le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purchè siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell’atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto” (Cass. n. 17886 del 2009; Cass. n. 10523 del 2003).

Ciò che invece era controverso e su cui l’accertamento della Corte d’appello risulta insufficiente era proprio la natura contrattuale del regolamento condominiale, le cui clausole la ricorrente, nell’atto di acquisto della unità immobiliare, aveva dichiarato di accettare.

Invero, la motivazione sul punto della sentenza impugnata assume per dimostrato ciò che il motivo di gravame poneva in discussione, e cioè che il regolamento condominiale avesse natura contrattuale, o perchè predisposto dall’unico proprietario, ovvero perchè formato con il consenso unanime della totalità dei condomini. L’affermazione della Corte sul punto si caratterizza, quindi, per la sua astrattezza, nel senso che non risulta dimostrata la fonte contrattuale – e perciò vincolante – del regolamento condominiale.

Che sul punto sia mancato uno specifico accertamento, è reso palese dal rilievo che la Corte territoriale non ha neanche specificato se il regolamento condominiale in questione avesse natura contrattuale perchè predisposto dall’unico proprietario ovvero perchè formato con il consenso della totalità dei condomini. Le circostanze valorizzate nella sentenza impugnata, del resto, attengono al profilo della opponibilità all’acquirente delle limitazioni alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento condominiale, ma non rilevano sul piano della dimostrazione della detta natura, che non può desumersi per il solo fatto che il regolamento condominiale sia allegato all’atto di acquisto.

Il ricorso deve quindi essere accolto, con rinvio, per nuovo esame sul punto, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, alla quale è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2011

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