Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19209 del 19/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19209 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 20420-2010 proposto da:
SACCHI

MARINA

SCCMRN62M59D969I,

elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 10,
presso lo studio dell’avvocato CASTELLANI FILIPPO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GHELARDI ETTORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

2181

CASSA DI RISPARMIO DI SAVONA – CARISA S.P.A.
411,

01015450099, in persona del legale rappresentante
tempore,

Ero

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

Data pubblicazione: 19/08/2013

GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato
BARBANTINI MARIA TERESA, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati PAROLETTI ANDREA, PAROLETTI
CAMILLO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

di GENOVA, depositata il

R.G.N. 401/2007+4

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato GHELARDI ETTORE;
udito l’Avvocato PAROLETTI CAMILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso e in subordine
rigetto.

avverso la sentenza n. 96/2010 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3.2 – 5.3.2010, la Corte d’Appello di Genova
rigettò i gravami, previamente riuniti, proposti avverso le sentenze di

Risparmio di Savona spa (qui di seguito, per brevità, indicata anche
come Carisa) volte a far dichiarare la legittimità delle sanzioni
disciplinari (di sospensione dal servizio e dalla retribuzione) inflitte
alla dipendente Sacchi Marina, per essersi quest’ultima rifiutata di
adempiere alle disposizioni impartitele, anche da parte della
capogruppo Banca Carige spa (qui di seguito, per brevità, indicata
come Carige), aventi ad oggetto la “ristima” e la conseguente presa
in carico dei pegni che erano stati assunti, durante il periodo di sua
assenza dal servizio, dai periti estimatori inviati dalla capogruppo in
comando/distacco per sostituirla.
A sostegno del decisum, per ciò che qui rileva, la Corte territoriale
osservò quanto segue:
– le direttive della società capogruppo Carige erano state recepite
dalla datrice di lavoro Carisa, la quale aveva altresì espressamente
delegato la capogruppo, come da documentazione in atti, alla
gestione dei procedimenti disciplinari; anche avuto riguardo a
richiamata giurisprudenza di legittimità, non era in dubbio la volontà
della Carisa di far rispettare le direttive relative alla “ristima”,
dovendo altresì evidenziarsi l’uso, nelle missive inviate alla Sacchi,
delta carta intestata della datrice di lavoro;

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prime cure, che avevano accolto le domande della Cassa di

- vi era corrispondenza tra le mansioni svolte e l’area di
inquadramento (avendo la lavoratrice lamentato unicamente la
mancata percezione dell’indennità di stima, in ordine alla quale non

state contestate limitatamente all’obbligo di effettuare le operazione
di “ristima” al rientro dal servizio dopo un periodo di assenza; il
potere gerarchico risultava legittimamente esercitato, stante
l’adibizione della ricorrente, sin dall’epoca della sua assunzione, alle
mansioni di stima;
– doveva escludersi che le sanzioni irrogate fossero sproporzionate
alla gravità delle violazioni; infatti, a fronte di una pluralità di reiterate
violazioni, le sanzioni erano state contenute in tre giorni di
sospensione per ciascun illegittimo rifiuto, mentre l’unica
sospensione di dieci giorni era da ritenersi più che giustificata dal
fatto che, in quel caso, il rifiuto era stato reiterato anche dopo
l’emissione di una sentenza del Tribunale che aveva dichiarato
l’illegittimità di analoghi comportamenti.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Sacchi Marina
ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi e illustrato
con memoria.
L’intimata Cassa di Risparmio di Savona spa ha resistito con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando plurime violazione
di legge e vizio di motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5),

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era però stata svolta alcuna domanda); le direttive datoriali erano

sostiene che le sanzioni erano state illegittimamente
perché si basavano su di una violazione di ordini/istruzioni che non
erano state a loro volta legittimamente impartite, siccome provenienti

che la gestione dei procedimenti disciplinari fosse stata delegata
dalla Carisa alla capogruppo, concernendo la delega soltanto
l’istruttoria delle pratiche riguardanti le infrazioni disciplinari; pertanto
era da ritenersi inesistente il presupposto della contestazione
disciplinare.
1.1 La censura, ancorché svolta anche per violazione di norme di
diritto, si incentra sulla contestazione delle circostanze fattuali
accertate dalla Corte territoriale, sia con riferimento alla ritenuta
volontà della datrice di lavoro di fare rispettare le direttive relative alla
“ristima” (in linea con i principi enunciati da questa Corte in
fattispecie parzialmente analoghe: cfr, Cass., nn. 1422/1996;
1767/1997), sia alla portata della delega conferita dalla Carisa alla
Carige in ordine alla gestione dei procedimenti disciplinari; in
sostanza la ricorrente richiede quindi a questa Corte una nuova
valutazione, nel senso da lei prospettato, delle emergenze
probatorie.
Ma proprio tale valutazione delle risultanze istruttorie non può essere
svolta in questa sede, poiché, giusta il costante orientamento di
questa Corte, il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dall’art. 360, comma 1, n. 5, cpc, non equivale alla revisione del
ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice

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dalla Carige e non dalla sua datrice di lavoro; inoltre non era vero

del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata,
posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un
giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova

dall’ordinamento al giudice di legittimità, cosicché risulta del tutto
estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la
Suprema Corte di procedere ad un nuovo giudizio di merito
attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di
causa (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11789/2005; 19681/2009).
Al contempo, deve ribadirsi il consolidato indirizzo della
giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione delle
emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono
apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel
porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con
esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le
ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere
ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr,
ex

plurimis,

Cass., nn. 5231/2001; 11933/2003; 7201/2004;

5286/2007; 7600/2008; 19681/2009).
Ne consegue che la motivazione resa al riguardo dalla Corte
territoriale, nei termini diffusamente ricordati nello storico di lite,
siccome coerente con gli elementi di giudizio esaminati e priva di vizi
logici, non viene intaccata dalle indicate doglianze.

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formulazione, contrariamente alla funzione assegnata

1.2 Dal che discende altresì l’infondatezza delle censure in diritto, sia
sotto il profilo dell’osservanza dell’obbligo di diligenza, che sotto
quello procedimentale in ordine alla ritualità delle contestazioni

2.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art.

2103 cc e vizio di motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5),
assumendo che le istruzioni che avrebbe disatteso non la
riguardavano, non ricavandosi dal contratto di lavoro alcuna
indicazione della mansione a cui non avrebbe ottemperato; si duole
inoltre che la Corte territoriale abbia omesso ogni motivazione sulle
circostanze che il contratto integrativo aziendale non prevede la
figura del perito estimatore e che il regolamento del servizio di
credito su pegno della Carisa non prevede la “ristima” del giorno
dopo; stante poi la mancata corresponsione della specifica indennità
di rischio stima (asseritamente prevista dall’accordo per il rinnovo
della contrattazione integrativa aziendale per i periti stimatori), non
sussisteva “il profilo oggettivo del profilo professionale di perito
stimatore, perché è assente il profilo salariale”.
2.111 motivo presenta evidenti aspetti di inammissibilità per violazione
del criterio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non
essendo stato ivi riportato il contenuto del contratto individuale di
lavoro, né del contratto integrativo e del regolamento richiamati, nelle
parti da cui dovrebbero desumersi le deduzioni svolte.
2.2 Deve comunque riconoscersi la palese infondatezza delle
censure svolte, a fronte dell’irretrattabile accertamento fattuale della

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disciplinari.

Corte territoriale secondo cui, indipendentemente dalla non
corresponsione dell’indennità di rischio stima, vi era corrispondenza
tra le mansioni svolte e l’area di inquadramento e, al contempo, la

quali, all’evidenza, rientrano anche quelle, cosiddette di “ristima” del
giorno dopo, in ordine alle quali sono state inflitte le sanzioni
disciplinari per cui è causa; onde deve essere esclusa la denunciata
violazione dell’art. 2103 cc.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
disposizioni di legge e vizio di motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3
e 5), deducendo, in ordine alla misura delle sanzioni disciplinari,
l’assenza di qualsivoglia nocumento per la datrice di lavoro; la
mancanza in essa ricorrente, fino all’emanazione della prima
sentenza del Tribunale, della consapevolezza dell’illegittimità del
proprio comportamento; la sussistenza di un’unica violazione
reiterata nel tempo; la contraddittorietà della motivazione nell’avere
ritenuto parimenti congrue per tutte le infrazione (salvo quella di dieci
giorni) la stessa pena, posto che, seguendo il ragionamento della
Corte territoriale, “sarebbe occorso un aumento proporzionale”.
3.111 motivo è infondato, atteso che la Corte territoriale, compiendo
la valutazione di merito, che le compete, sulla proporzionalità tra gli
inadempimenti contestati e le sanzioni inflitte, ha congruamente
motivato in ordine alla congruità di queste ultime, nell’ambito di una
valutazione globale che ha tenuto conto, alla luce delle concrete
circostanze fattuali quali puntualmente richiamate nella parte

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ricorrente era sempre stata addetta alle mansioni di stima, nelle

espositiva della sentenza, della pluralità degli inadempimenti (che
plurimi effettivamente sono, ancorché di analogo oggetto), del
contenimento delle sanzioni meno gravi in limiti ampiamente inferiori

maggior durata.
La motivazione svolta, coerente con gli elementi di giudizio presi in
esame ed immune da vizi logici, non è quindi scalfita dalle censure
che le sono state mosse.
4. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle
spese, che liquida in euro 3.050,00 (tremilacinquanta), di cui euro
3.000,00 (tremila) per compenso, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 19 giugno 2013.

al massimo, della ragione per cui era stata inflitta l’unica sanzione di

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