Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19207 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19207 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: DI FLORIO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 15952-2015 proposto da:
OSTI FRANCO, OSTI CINZIA, elettivamente domiciliati
in

ROMA,

dell’avvocato

VIA

VARRONE

9,

FRANCESCO

presso

lo

VANNICELLI,

studio
che

li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SAMANTHA GUIZZARDI giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

2018
1600

CASSA RURALE DI TRENTO BCC SOC COOP , in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore rag.
GIORGIO FRACALOSSI,

elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

1

Data pubblicazione: 19/07/2018

GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASSIMO ZANONI giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 105/2014 del TRIBUNALE di

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 28/05/2018 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA DI FLORIO;

2

ROVERETO, depositata il 27/03/2015;

Ritenuto che
1. Franco e Cinzia Osti ricorrono, affidandosi a tre motivi, per la cassazione
della sentenza del Tribunale di Rovereto e dell’ordinanza della Corte d’Appello
di Trento che, ex art. 348bis cpc, aveva dichiarato inammissibile
l’impugnazione avverso la pronuncia di primo grado la quale, in accoglimento

da ora Cassa ), cessionaria di un credito di oltre C 200.000,00 portato da un
decreto ingiuntivo confermato anche in sede di opposizione, aveva dichiarato
inefficace l’atto di donazione della nuda proprietà dell’edificio residenziale e
quello, di poco successivo, di rinuncia al diritto di usufrutto sulla medesima
proprietà che l’Osti, nelle more del giudizio di opposizione, aveva stipulato in
favore della figlia.
2. L’intimata ha resistito con controricorso.
Il collegio ha deliberato che la motivazione sia resa in forma semplificata.

Considerato che

1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 n° 4 cpc la nullità
dell’ordinanza e del procedimento d’appello per violazione degli artt. 101, 132,
342, 345, 348bis e 348ter cpc nonché dell’art. 24 Cost e 111 Cost.
Lamentano che la Corte territoriale

aveva dichiarato l’inammissibilità

dell’impugnazione ponendo al centro della decisione una questione di carattere
processuale non attinente al merito della causa , riferita all’art. 345 cpc e cioè
al divieto di nova in appello : assumono che ciò avrebbe imposto la trattazione
di merito del

giudizio di impugnazione per dar

loro

la possibilità di

difendersi, preclusa dalla sintetica definizione con ordinanza di inammissibilità
che aveva determinato la violazione del principio del contraddittorio.
Aggiungono, al riguardo, che la contestazione sull’anteriorità del credito e la
conseguente legittimità degli atti stipulati era stata da loro mossa sin dal
primo grado di giudizio e che rispetto ad essa la controparte nulla aveva
eccepito fino all’udienza di discussione.
3

dell’azione revocatoria proposta della Cassa Rurale di Trento BCC Soc Coop (

Chiedono la dichiarazione di nullità dell’ordinanza .
1.1. Il motivo è inammissibile.
La censura, infatti, poggia sull’erroneo presupposto che la questione relativa
all’anteriorità del credito non fosse stata affrontata dal primo giudice e che la
Corte di Trento la avesse esaminata ex novo, con ciò pronunciando un
provvedimento dotato di autonomia rispetto a quello impugnato: viceversa,

circostanza fosse stata, ” ad abundantiam”, esaminata con puntuale
richiamo, sul punto, anche della giurisprudenza di questa Corte secondo la
quale “ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria, perché sussista il requisito
dell’anteriorità del credito rispetto all’atto impugnato è sufficiente l’insorgere
della posizione debitoria in capo al debitore, indipendentemente dalla
circostanza che il debito sia certo e determinato nel suo ammontare o che sia
scaduto ed esigibile” ( cfr. Cass. 2748/2005 ; Cass. 17356/2011 ; Cass.
13446/2013 ).
1.2. Da ciò deriva che:
a. in relazione al rilievo della Corte territoriale concernente l’inammissibilità
della contestazione, ricondotta all’art. 345 cpc, concernente l’anteriorità del
credito, la ratio decidendi della sentenza di primo grado è stata correttamente
interpretata, in quanto l’ordinanza con la quale è stato ritenuto che non
sussistessero ragionevoli possibilità che
pronunciata nel perimetro tracciato

l’appello fosse accolto è stata
dall’art. 348bis cpc con espressa

condivisione degli argomenti dal giudice di primo grado;
b.

la censura mossa all’ordinanza come provvedimento autonomo rispetto

alla sentenza impugnata deve essere dichiarata inammissibile non potendo
rilevarsi, nel caso in esame, alcun vizio processuale incompatibile con la logica
del provvedimento in questione: al riguardo, vale solo la pena di richiamare
l’orientamento consolidato secondo il quale “avverso l’ordinanza pronunciata
dal giudice d’appello ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. è sempre ammissibile il
ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 comma 7 Cost.
limitatamente ai vizi propri della medesima costituenti violazioni della legge
processuale che risultino compatibili con la logica (e la struttura) del giudizio
4

dall’esame della sentenza del Tribunale, emerge chiaramente che la

sotteso all’ordinanza in questione, dovendo in particolare escludersi tale
compatibilità in relazione alla denuncia di omessa pronuncia su di un motivo di
appello, attesa la natura “complessiva” del giudizio prognostico,
necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima
sentenza nonché a tutti i motivi di ciascuna impugnazione, e potendo, in
relazione al silenzio serbato in sentenza su di un motivo di censura,

impugnatorio) soltanto un problema di motivazione ( cfr., al riguardo

,

Cass. SU 1914/2016).
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 n° 3 cpc, la
violazione dell’art. 2697 c.c e dell’art. 115 cpc: lamentano che il Tribunale
aveva erroneamente ritenuto che l’anteriorità del credito rispetto alla
donazione non fosse stata contestata e che la Cassa, onerata, non avesse al
riguardo fornito la prova della cronologia necessaria per la dichiarazione di
inefficacia degli atti di liberalità. Aggiungono che la sentenza che aveva
respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo – dalla quale soltanto poteva
ritenersi accertata l’obbligazione – risaliva al 2011, mentre la donazione era di
gran lunga antecedente ( 2009 ).
2.1. Il motivo è infondato.
Il Tribunale di Rovereto ha puntualmente esaminato tutte le emergenze
processuali e, pur dando atto della mancata tempestiva contestazione, ha
correttamente motivato sul punto, esaminando specificamente la questione
concernente l’anteriorità del debito che quindi, è stata ricompresa, attraverso
una coerente argomentazione, nella ratio decidendi della statuizione: il primo
giudice ha motivato sul punto alla luce della documentazione prodotta dalla
quale emergeva che il credito era sorto nel 2008 ed era stato ceduto alla
Cassa nello stesso anno, a nulla valendo la data della sentenza che aveva
respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo, dovendosi aver riguardo alla data
di insorgenza della posizione debitoria.
Al riguardo, anche per la presente censura, deve richiamarsi la giurisprudenza
di questa Corte sopra citata ( Cass. 2748/2005 ; Cass. 17356/2011 ; Cass.
13446/2013 ).

eventualmente porsi (nei termini e nei limiti in cui possa rilevare sul piano

3. Con il terzo motivo,infine, i ricorrenti deducono , ex art. 360 n° 3 cpc la
violazione degli artt. 2901, 2697 e 2729 c.c: censurano la decisione del
Tribunale che aveva ritenuto sussistente in via presuntiva il consilium fraudis,
prescindendo dall’assolvimento dell’onere della prova da parte della Cassa
Rurale di Trento.
Lamentano , inoltre, che nessun rilievo era stato attribuito alla manifestata

ipoteca sui beni.
3.1 La censura è inammissibile nella parte in cui chiede, in sostanza, una
rivalutazione di merito degli elementi dai quali il Tribunale ha ritenuto di poter
trarre argomenti in via presuntiva: la critica, infatti, si traduce in una censura
della motivazione che non può più trovare ingresso nel giudizio di legittimità a
seguito della riforma dell’art. 360 n° 5 , entrata in vigore con la L. 134/2012 ;
è invece infondata nella parte in cui i ricorrenti criticano la mancata
considerazione delle garanzie che volevano fornire ( pagamenti rateali in
favore della Cassa; concessione di ipoteca sui beni oggetto di controversia,
anche di secondo grado, stante l’elevato valore dell’immobile ) al fine di
evitare la dichiarazione di inefficacia degli atti stipulati.
3.2. Questa Corte, infatti, ha affermato, con orientamento ormai consolidato,
che “in tema di azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale
compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il
compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del
credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del
patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso.
Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere
provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore,
per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia
tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore” ( cfr. Cass. 7767/2007;
Cass. 1896/2012; Cass. 1902/2015; Cass. 13172/2017 ).
Tale prova non risulta che sia stata fornita ed il Tribunale ha fatto corretta
applicazione dei principi sopra riportati.
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
6

disponibilità dell’Osti di effettuare pagamenti rateali e della figlia di concedere

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma 1bis dello stesso art. 13.

La Corte,
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in C
9200,00 per compensi oltre accessori e rimborso spese generali nella misura
di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile del

PQM

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