Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19205 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23870-2016 proposto da:

COMUNE DI SPEZZANO PICCOLO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI GROTTA PERFETTA 130, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FIERTLER, rappresentato e difeso

dall’avvocato SANDRO DE GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

CAMIGLIARI SRL, con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato FRANCESCO NOTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 234/2016 della COMM. TRIB. REG. di CATANZARO,

depositata il 07/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. Camigliati srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, l’avviso di accertamento ICI n. (OMISSIS) per l’anno di imposta 2008 emesso in data (OMISSIS) dal Comune di Spezzano Piccolo.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Calabria accoglieva l’appello, osservando: a) che l’avviso di accertamento era carente di motivazione in quanto all’atto impositivo non era stata allegata la delibera comunale per la stima dei terreni; b) che in ogni caso non sussistevano i presupposti oggettivi dell’imposta, in quanto erroneamente la sentenza di primo grado aveva ritenuto l’edificabilità delle aree sulla base della mera classificazione del piano regolatore, senza tener conto dei divieti normativi che impedivano in concreto l’utilizzazione edificatoria dei terreni.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Spezzano Piccolo articolando due motivi. Ha resistito la Camigliati srl depositando controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo denuncia la ricorrente violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1992, art. 3 e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare, sostiene il ricorrente che l’obbligo di allegazione all’avviso degli atti richiamati nella motivazione non è assoluto e non si estende a quegli atti amministrativi normativi o collettivi, quali una delibera del consiglio comunale, generalmente conoscibili in quanto pubblicati nelle forme di legge.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito nella L. n. 248 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assume il ricorrente che l’affermazione della CTR circa l’intassabilità dell’area come terreno fabbricabile è in contrasto non solo con la norma sopra richiamata, ma anche con un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale va considerato edificabile il terreno che presenta vocazione edificatoria anche solo potenziale, a prescindere dal fatto che il contribuente possa materialmente utilizzare il terreno a scopo edificatorio.

2 La prima censura coglie nel segno.

2.1 In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), la giurisprudenza è ferma nel ritenere che l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione (Cass. n. 1944/2012, 25371/2008 e 22197/2004).

2.2 La CTR, pur dando atto che l’avviso di accertamento ha richiamato la delibera consiliare di stima dei beni nei suoi estremi identificativi, nell’accogliere il motivo di appello circa la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento non ha fatto buon governo del principio sopra riportato.

3. Il secondo motivo è, parimenti, fondato.

3.1 Presupposto dell’imposta comunale sugli immobili è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli. Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) “per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità”.

3.2 Sulla scorta del consolidato insegnamento di questa Corte, in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel Piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. (Cass. S.U. n. 25506/2006; Cass. n. 16714/2007; n. 20137/2012). E’ stato inoltre affermato che “la nozione di area edificabile di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo, in quanto tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali, connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico – edilizia del suolo, ne presuppongono la vocazione edificatoria, sicchè la presenza di tali vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile” (cfr Cass. 11853/2017).

3.3 La CTR ha confermato in punto di fatto l’incontestato accertamento, già svolto dal giudice di primo grado, dell’inserimento dell’area in contestazione nel piano regolatore come zona di espansione turistica della Sila e si è discostata dai principi giurisprudenziali sopra esposti, in quanto la presenza di vincoli edificatori non esclude del tutto la possibilità di realizzare altri e diversi interventi edilizi compatibili con la particolare destinazione della zona inserita nel Parco Nazionale della Sila. In particolare, ai sensi del D.P.R. 14 novembre 2002, art. 5, istitutivo del parco è consentita, seppure in via di eccezione, la realizzazione di “piccole strutture e attrezzature per la promozione e la commercializzazione di prodotti turistici locali, e di strutture rurali strettamente necessarie per la conduzione delle aziende agro – silvo – pastorali” previa autorizzazione sulla base di apposito regolamento redatto dall’Ente parco, di concerto con la Regione. Non si è quindi in presenza di vincoli assoluti di inedificabilità, nè di vincoli paesaggistici idonei a prevalere sulle previsioni di PRG ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 145.

Altro problema concerne l’incidenza economica dei vincoli sul valore venale dell’area, ma si tratta di questione che esula dal giudizio.

4. L’impugnata sentenza va quindi cassata e la causa, non essendo necessari altri accertamenti in punto di fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente.

5. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente. Vanno invece compensate le spese relative ai giudizi di merito, stante la particolarità della fattispecie e l’assenza di precedenti specifici.

PQM

La Corte:

– Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla società contribuente.

– Condanna quest’ultima al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge. Compensa tra le parti le spese relative ai giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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