Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19205 del 08/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 08/09/2010), n.19205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

B.G. e D.D., elettivamente dom.ti in

Roma, viale Mazzini 11, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Maria

Cipolla e rappresentati e difesi dall’avv. Castaidi Laura del Foro di

Firenze giusta mandato speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 67/23/07, depositata il 7 gennaio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Lette le conclusioni scritte dell’Avvocatura Generale dello Stato per

conto dell’Agenzia delle Entrate, della difesa dei contribuenti e le

successive memorie scritte;

Udito il P.G. ed il difensore dei contribuenti.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 67/23/07 depositata il 7 gennaio 2008, con la quale è stato rigettato l’appello dell’Agenzia avverso la sentenza della CTP di Livorno la quale aveva accolto un ricorso dei contribuenti avverso accertamento Iva per l’esercizio 1998; ritenuto che i contribuenti resistono con controricorso; ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 2 e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 è concluso dal seguente quesito: dica la Corte “se … il rinvenimento di dati ed elementi risultanti dai conti correnti bancari riferibili al contribuente non confluiti nella contabilità del medesimo costituisca presupposto di una presunzione legale in favore del Fisco, utilizzabile ai fini della ricostruzione della base imponibile, spettando al contribuente stesso l’onere di provare, in relazione ai singoli movimenti bancari, che degli stessi si sia tenuto conto in dichiarazione ovvero che non si riferiscano a fatti imponibili …”; ritenuto che questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui “in tema di accertamento Irpef e Iva, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, pongono (ai fini degli accertamenti e delle rettifiche previsti dai successivi artt. 38 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) presunzioni legali, ancorchè semplici, in forza delle quali i versamenti su conto corrente bancario, in assenza di prova contraria del contribuente che attesti la loro inerenza all’imponibile dichiarato ovvero ad operazioni non imponibili, si presumono rappresentativi di corrispettivi imponibili in forza di una vincolante valutazione legislativa”. (Cass. n. 18868/07); e che inoltre, in base alla presunzione, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 sia i prelevamenti che i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (cfr Cass. n. 11750/08); considerato che al fine di superare la accennata presunzione legale, in virtù della quale le movimentazioni di denaro risultanti dai dati acquisiti dall’ufficio si presumono costituire conseguenza di operazioni imponibili, occorre che sia il contribuente a fornire la prova liberatoria dimostrando la riferibilità di ogni singola movimentazione del conto ad attività estranee all’impresa commerciale, in quanto la prova deve essere specifica e riguardare quindi analiticamente i singoli movimenti bancari (cfr Cass. 1739/07); considerato che deve pertanto condividersi la doglianza in esame, assorbito il secondo motivo di impugnazione fondato sull’omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio; ritenuto in conclusione, che il ricorso meriti accoglimento con la conseguente cassazione della sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto; ritenuto che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa deve essere rinviata ad altra Sezione della CTR Toscana che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto con rinvio anche per le spese ad altra sezione della CTR Toscana.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2010

 

 

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