Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19204 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 08/06/2017, dep.02/08/2017),  n. 19204

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9233-2010 proposto da:

SINCRO SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI MONTI PARIOLI

48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIS TOSI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI

VALDAGNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 16/2009 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 12/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

l’agenzia delle entrate notificava alla Sincro s.r.l. un avviso di accertamento basato su cinque rilievi attinenti, per l’anno 2003, alla deduzione di costi non di competenza e di spese non inerenti; la società impugnava l’avviso dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Vicenza;

l’adita commissione accoglieva il ricorso limitatamente a tre dei suddetti rilievi, ma la sentenza, gravata da appello (della contribuente e dell’agenzia delle entrate), veniva riformata dalla commissione tributaria regionale del Veneto previa integrale conferma della ripresa fiscale nel suo complesso;

avverso la sentenza d’appello, depositata il 12-2-2009, la società ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi; l’amministrazione ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, la ricorrente ascrive alla commissione tributaria regionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, di non avere adeguatamente argomentato in merito alle ragioni per cui il costo relativo alle prestazioni fatturate alla società svizzera Ergonos Consulting s.r.l. sarebbe stato da considerare non inerente all’attività e ai beni dell’impresa;

il motivo è inammissibile;

si discute del terzo rilievo di cui al verbale di constatazione trasfuso nell’avviso di accertamento;

in proposito la commissione regionale, richiamando le risultanze di un contratto di compravendita avente a oggetto le azioni di una società croata, ha confermato la valutazione di non inerenza ritenendo il costo imputabile a prestazioni svolte dal direttore di stabilimento della società controllata, per servizi strettamente connessi all’attività e alla produttività della stessa, realizzati all’estero;

la critica della ricorrente è affidata all’affermazione che, invece, si trattava di un costo sostenuto per una due diligence, finalizzata a valutare la convenienza di acquisto del pacchetto azionario di quella società (SKG), e dunque si risolve in un tentativo di revisione del giudizio di fatto in ordine alla causa concreta della spesa;

il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente;

col secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 75 Tuir (testo pro tempore) con riferimento al capo della decisione che ha ritenuto l’indeducibilità del costo relativo al premio per l’assicurazione sulla vita dell’amministratore della società;

col terzo mezzo la ricorrente deduce l’omessa motivazione della sentenza in ordine alla considerazione di essa società per la quale, anche qualora fosse stato modificato il beneficiario della somma liquidata col detto contratto di assicurazione, si sarebbe originato in capo alla società un ricavo imponibile;

i motivi sono infondati e il terzo è anche inammissibile per difetto di pertinenza;

la commissione tributaria ha negato validità all’assunto della contribuente incentrato sulla funzionalità del costo rispetto a ricavi certi;

lo ha fatto esplicitamente esaminando la deduzione di parte da ultimo menzionata, e dicendo che non era stata provata la giustificazione addotta a proposito della eliminazione della clausola previdente la possibilità di modificare in qualsiasi momento il beneficiario della polizza;

in ordine al profilo della deducibilità del costo, la motivazione della commissione tributaria va semplicemente corretta dal punto di vista giuridico;

le doglianze infatti debbono esser disattese per la specifica ragione che, in tema di determinazione del reddito d’impresa, questa Corte ha già affermato che non sono deducibili, ai sensi dell’art. 75 Tuir, i costi relativi all’assicurazione (nella specie, prevista da un accordo sindacale) per infortuni del personale con qualifica di dirigente, impiegato e quadro, pur se inerenti alla gestione dell’impresa, non essendo gli stessi diretti alla produzione del reddito e non trattandosi di spese poste a vantaggio dei lavoratori, come avviene, invece, per i costi per l’assicurazione prevista da norma cogente, poichè, all’eventuale verificarsi dell’evento assicurato, il risarcimento resterà di esclusiva spettanza della società (v. Cass. n. 28004-09);

il principio è sicuramente estendibile, per identità di ratio, al costo riguardante l’assicurazione sulla vita;

possono essere unitariamente esaminati anche il quarto e il quinto motivo, che hanno a oggetto la questione relativa alla ripresa a tassazione del costo di un parcella per prestazioni di consulenza contabile e fiscale;

la commissione tributaria ha ritenuto che le prestazioni fossero state rese nell’anno 2002, e dunque ha confermato che il costo non era di competenza dell’annualità oggetto di accertamento (il 2003);

la ricorrente lamenta che sia stato violato l’art. 75 Tuir nella parte in cui stabilisce che i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, “alla data in cui le prestazioni sono ultimate”, a fronte di fattura asseritamente concernente, appunto, prestazioni svolte “sino a tutto marzo 2003”;

i motivi sono inammissibili perchè supponenti un previo sindacato di fatto;

essi hanno invero a presupposto un fatto – l’ultimazione delle prestazioni nell’anno 2003 – che dalla sentenza appare escluso di riflesso all’osservazione che si trattava, specificamente, del compenso spettante al commercialista della società;

al riguardo la commissione ha precisato che l’attività di consulenza era stata “prestata nell’anno 2002” e ha ritenuto irrilevante la circostanza dell’epoca della relativa fatturazione;

cosi decidendo, il giudice del merito ha fatto corretta applicazione dell’insegnamento secondo cui, in ordine al reddito d’impresa, il principio di competenza (art. 75 Tuir) prescinde dal momento nel quale il documento giustificativo del costo viene acquisito o viene esibito, essendo l’imputabilità del costo da correlare necessariamente a fatti oggettivi, individuabili nel tempo alla stregua della norma, e non alla volontà di soggetti di fornire il documento rappresentativo del costo nel momento da essi ritenuto più opportuno a seconda della convenienza (v. Cass. n. 8577-06);

in altre parole, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito sono inderogabili, sia per il contribuente che per l’ufficio finanziario, e seguono il principio di competenza economica, stabilito in generale dall’art. 75 Tuir (testo pro tempore), il quale implica che gli elementi reddituali (attivi e passivi) derivanti da una determinata operazione siano iscritti in bilancio, non già con riferimento alla data del pagamento o dell’incasso materiale del corrispettivo, ma nel momento in cui esso perviene a completa maturazione, appunto con l’ultimazione della prestazione; sicchè il costo inerisce temporalmente all’esercizio in corso al momento dell’ultimazione della prestazione, indipendentemente dalla data della fatturazione e dell’effettivo pagamento del corrispettivo imputato nel conto economico (v. Cass. n. 24474-06; Cass. n. 16253-07; Cass. n. 24055-09);

col sesto motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2402 c.c. e dell’art. 66 dell’allora Tuir con riferimento al capo della sentenza dichiarativo dell’indeducibilità del costo per compensi del collegio sindacale;

il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della commissione tributaria;

nel ricorso si afferma che il compenso era stato “concordato tra le parti nel luglio 2003 (..) dopo che la società aveva provveduto al pagamento delle imposte per l’anno 2002”, e che pertanto “il maggior onere (..) rilevato nel 2003” costituiva una “sopravvenienza passiva deducibile nell’esercizio in cui si (era) determinata”;

di contro la commissione ha ritenuto che l’aumento del compenso, riferito all’attività prestata dal collegio sindacale nell’anno 2002, era illegittimo: difatti (1) i sindaci erano stati nominati nel 2001 e confermati fino al 2007; (2) il compenso, se non stabilito dallo statuto, era determinato dall’assemblea all’atto della nomina e per tutta la durata dell’ufficio; (3) non era stato provato “il mandato al legale rappresentate della società di concordare il compenso”;

la ricorrente si limita a sottolineare l’ovvia circostanza che in base all’art. 2402 c.c. la retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all’atto della nomina per l’intero periodo di durata del loro ufficio, e che in base all’art. 66 vecchio Tuir si considerano sopravvenienze passive le spese che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;

tutto questo, però, a niente serve nel momento in cui la sopra detta specifica ratio si è distinta nell’affermare che l’aumento del compenso, deciso durante l’esercizio del mandato, era illegittimo perchè non deliberato dall’organo capace di esprimere la volontà assembleare;

col settimo mezzo, infine, la società lamenta un’omissione di pronuncia in ordine alla domanda tesa a far dichiarare l’illegittimità delle sanzioni per “obiettive condizioni di incertezza interpretativa (..) della norma tributaria riguardante i costi di esercizio”; il motivo è infondato, avendo la ricorrente precisato che la domanda era stata formulata “a pag. 14 dell’atto di appello”; non risulta dal ricorso che la domanda suddetta fosse stata già proposta mercè il ricorso contro l’avviso di accertamento;

secondo un principio del tutto consolidato, nel processo tributario, caratterizzato da una domanda impugnatoria dell’atto fiscale per vizi formali o sostanziali, l’oggetto del giudizio è circoscritto dai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’amministrazione che il contribuente deve dedurre specificamente nel ricorso introduttivo di primo grado (v. per tutte Cass. n. 1933711; Cass. 23326-13; Cass. n. 15051-14);

tale oggetto il contribuente può modificare o integrare solo con motivi aggiunti, consentiti, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 24 nella limitata e peculiare ipotesi di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”; consegue che la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. non sussiste;

il ricorso è rigettato;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 4.000,00, per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, su relazione del cons. Terrusi (est.), il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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