Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19203 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.02/08/2017),  n. 19203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28124/2011 R.G. proposto da:

F. GOMME S.R.L. UNIPERSONALE, in persona del suo legale

rappresentante pro tempore F.M., elettivamente domiciliata

in Roma, Via Monte delle Gioie n. 22, presso lo Studio dell’Avv.

Giuseppe Maria Tiraboschi che, con l’Avv. Rino Enne, la rappresenta

e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nonchè

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna n. 56/03/11, depositata il 27 giugno 2011;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 maggio 2017

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta;

udito l’Avv. dello Stato Pietro Garofali, per i controricorrenti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio delibera di adottare la forma della motivazione semplificata.

2. Il ricorso per cassazione è stato notificato anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze che come noto con decorrenza dal 1. gennaio 2001 ha perduto la capacità di stare in giudizio ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, comma 1, istitutivo dell’Agenzia delle Entrate (Cass. sez. trib. n. 22992 del 2010; Cass. sez. trib. n. 9004 del 2007), consegue pertanto la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del MEF.

3. Con l’impugnata sentenza n. 56/03/11, depositata il 27 giugno 2011, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in riforma della decisione n. 39/01/08 della Commissione Tributaria Provinciale di Piacenza, rigettava il ricorso promosso da F. Gomme S.r.l. Unipersonale contro gli avvisi n. (OMISSIS) IVA IRPEG IRAP 2003 n. (OMISSIS) IVA IRPEG IRAP 2004, in particolare accertando la partecipazione della contribuente alla “frode carosello” consistente nell’inesistenza delle operazioni di esportazione di pneumatici, di acquisto e di rivendita degli stessi da parte di “cartiere” italiane, con il conseguente legittimo recupero di IVA indebitamente detratta e per indebito utilizzo del plafond relativo al regime di sospensione d’imposta, appunto a causa delle esportazioni non avvenute, nonchè giudicando legittimo il recupero di costi ritenuti indebitamente dedotti relativi a imprese residenti in Paesi in black list.

4. La contribuente ricorreva sulla base di dodici motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ed il MFE resistevano con controricorso.

5. I motivi sono tutti inammissibili, principalmente per contraddittorietà delle plurime censure esposte in ciascuno di essi (Cass. sez. 3 n. 21803 del 2015; Cass. sez. 1 n. 21611 del 2013), nonchè per difetto di autosufficienza discendente dalla mancata trascrizione dei richiamati documenti, come ad es. l’avviso di accertamento (Cass. sez. 6 n. 16134 del 2015; Cass. sez. 3 n. 8569 del 2013), difatti:

– con il primo motivo si deducono in rubrica plurime censure, tra di loro contraddittorie, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in modo inestricabile, cioè senza distinguerle nel corso della loro illustrazione, peraltro sostenendo che la CTR avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’avviso, causa il “profilo procedurale antecedente” di una non esaudita richiesta di voler avvalersi in modo parziale del procedimento di accertamento con adesione, anche se poi viene ammesso che la CTR non ha su ciò pronunciato, senza comunque denunciare la violazione dell’art. 112 c.p.c.;

– con il secondo motivo ancora si deducono in rubrica plurime censure, tra di loro contraddittorie, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in modo inestricabile, cioè senza distinguerle nel corso della loro illustrazione, peraltro sostenendo che la CTR avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’avviso per difetto di motivazione per. es. in ordine alle critiche rivolte al PVC fonte d’innesco, anche se poi viene ammesso che la CTR non ha su ciò pronunciato, senza comunque denunciare la violazione dell’art. 112 c.p.c., senza inoltre trascrivere il PVC e l’impugnato avviso;

– con il terzo motivo si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, anche qui senza in alcun modo distinguerle nel corso dell’illustrazione, peraltro del tutto contraddittoriamente denunciando una omessa materiale motivazione della sentenza, ma con riguardo invece ad una “mancata pronunzia su di un punto essenziale”, comunque mai specificatamente indicando la violazione dell’art. 112 c.p.c.;

– con il quarto motivo si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche in questo caso senza alcuna loro distinzione nel corso dell’illustrazione, in rubrica ad verba viene però in realtà denunciata un’omessa materiale motivazione, sennonchè, ancora in contrasto, si deduce poi una mancata pronuncia in ordine “agli acquisti in sospensione d’imposta”, peraltro aggiungendo vizi di violazione di legge relativi “all’inversione dell’onere della prova”, facendo inoltre riferimento a un “verbale di perquisizione e sequestro”, comunque non trascritto, ma dal quale dovrebbe “trasparire una diversa realtà”;

– con il quinto motivo si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, senza in alcun modo separarle nel corso dell’illustrazione, peraltro in rubrica si deduce poi del tutto contraddittoriamente un’omessa materiale motivazione della sentenza, peraltro ancora più contraddittoriamente riferita ad “una mancata pronuncia su un punto essenziale della controversia”, senza peraltro esplicitare in alcun luogo la supposta violazione dell’art. 112 c.p.c., comunque mai espressamente indicato nell’illustrazione del motivo, ancora di nuovo richiamando documenti, come il “verbale di perquisizione e sequestro”, senza trascriverli;

– con il sesto motivo di ricorso si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche in questo caso senza alcuna loro distinzione nel corso dell’illustrazione, peraltro sempre in rubrica denunciando un’omessa materiale motivazione della sentenza, laddove poi contraddittoriamente si fa invece riferimento ad un vizio di “mancata pronuncia”, senza peraltro mai espressamente indicare la violazione dell’art. 112 c.p.c., facendo inoltre riferimento centrale a documenti, come ad es. il “verbale di perquisizione”, senza anche in minima parte trascriverli;

– con il settimo motivo di ricorso si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, anche in questo caso senza alcuna loro distinzione nel corso dell’illustrazione, peraltro sempre in rubrica denunciando un’omessa materiale motivazione della sentenza, laddove poi contraddittoriamente si fa invece riferimento ad un vizio motivazionale con riguardo “alla mancanza di prove”, ancora richiamando documenti, come il “verbale di perquisizione e sequestro”, senza però trascriverli;

– con l’ottavo motivo si deducono in rubrica plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, senza in alcun modo distinguerle nel corso dell’illustrazione, peraltro ancora richiamando documenti non trascritti, relativi al trasporto di pneumatici.

– con il nono motivo la contribuente, in rubrica, censurava la sentenza a mezzo di plurime censure ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, peraltro non corrispondenti al diverso vizio, sempre indicato in rubrica, di omessa materiale motivazione della decisione della CTR, in realtà ancora diversamente deducendo una violazione procedimentale nel recupero di costi relativi a imprese residenti in Paesi in black list, sulla quale la CTR nemmeno ha pronunciato, senza che ciò sia stato denunciato per violazione dell’art. 112 c.p.c., senza inoltre riferire, incorrendo nell’evidente difetto di autosufficienza, se ciò fosse stato oggetto dei motivi originariamente proposti con il ricorso davanti alla CTP;

– con il decimo motivo, anche questo contenente in rubrica plurime censure, in particolare quelle contraddittorie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, peraltro nemmeno corrispondenti al diverso vizio, sempre espressamente indicato in rubrica, di omessa materiale motivazione della decisione della CTR, comunque senza alcuna distinzione all’interno dell’illustrazione del mezzo, veniva principalmente, quanto inammissibilmente, contestato l’apprezzamento di prove fatta dalla CTR in ordine all’inesistenza delle operazioni, genericamente richiamando inoltre documentazione senza precisamente individuarla e senza trascriverla;

– con l’undicesimo motivo venivano dedotte plurime censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3 per violazione di legge; e, peraltro, in deroga all’art. 366 c.p.c., senza in alcun modo individuare la legge violata; nonchè, addebitando alla CTR difetto di motivazione della sentenza, in proposito sostenendo, la contribuente, di essere estranea “ai disegni altrui”, mancando in thesi prove a riguardo, richiamando documenti in modo affatto generico, sia facendo specifico riferimento al “verbale di ispezione”, senza però alcuna trascrizione degli stessi;

– con il dodicesimo motivo, anche quest’ultimo contenente in rubrica plurime censure ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, peraltro non corrispondenti al diverso vizio, sempre indicato in rubrica, di omessa materiale motivazione della decisione della CTR, comunque senza alcuna precisa distinzione all’interno dell’illustrazione del mezzo, nel quale peraltro la contribuente faceva inoltre contraddittorio riferimento all’ulteriore vizio di omessa pronuncia circa la “validità dell’avviso di accertamento”, comunque mai espressamente affermando la violazione dell’art. 112 c.p.c., senza poi trascrivere l’avviso, di cui si deduceva mancasse la “pag. 10”, senza indicare, così incorrendo nel difetto di autosufficienza, se tale doglianza era stata tra i motivi del ricorso proposto davanti alla CTP.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per cassazione contro il MEF, nonchè inammissibili tutti i motivi di ricorso proposto contro l’Agenzia delle Entrate; condanna la contribuente a rimborsare ai controricorrenti le spese processuali, liquidate per entrambi in Euro 38.000,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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