Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19200 del 08/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 08/09/2010), n.19200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G., B.D. in proprio e la s.n.c. Petrucci e

Bucci, in persona del legale rapp.te, elettivamente dom.ti in Roma,

via Bzio 19, presso lo studio dell’avv. Alliegro Michele, unitamente

agli avv.ti Massimo Aragiusto e Federico Frediani che li

rappresentano e difendono giusta mandato speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 27/33/08, depositata in data 8 maggio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Lette le conclusioni scritte dell’Avvocatura Generale dello Stato per

conto dell’Agenzia delle Entrate, della difesa del contribuente e le

successive memorie scritte depositate.

Udito il P.G..

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che i contribuenti epigrafati hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 27/33/08, depositata in data 8 maggio 2008, con la quale è stato accolto l’appello dell’Ufficio e rigettato l’appello dei contribuenti avverso la sentenza della CTP di Firenze, con declaratoria di validità degli avvisi di accertamento emessi sulla base del valore venale dell’azienda; ritenuto che l’Agenzia resiste con controricorso;

ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c in relazione all’art. 360 c.p.c., comma, n. 3 è concluso dal seguente quesito “dica la Corte se il maggior valore di avviamento ai fini dell’imposta di registro relativo ad un’azienda ceduta, definito mediante l’istituto dell’accertamento con adesione (definito dall’acquirente senza intervento del venditore) possa costituire presunzione qualificata, tale di per sè a consentire la rettifica e quindi la determinazione di una maggiore plusvalenza da assoggettare a imposizione diretta.”: ritenuto che il motivo è non solo inammissibile, non ponendosi in correlazione con la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sul principio secondo cui il valore accertato agli effetti dell’imposta sul registro è utilizzabile per giustificare l’accertamento induttivo di plusvalore in sede reddituale, indipendentemente dal fatto che l’accertamento con adesione sia stato definito dall’acquirente, ma è anche, e soprattutto, infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “pur nella diversità dei principi relativi alla determinazione dell’imponibile nel caso di trasferimento di un bene a seconda dell’imposta che si deve applicare – poichè, quando si tratta di imposta sul reddito, ai fini dell’accertamento della plusvalenza patrimoniale di un’impresa (come nella fattispecie) occorre verificare la differenza realizzata tra il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione del bene, mentre, quando si tratta di imposta di registro, si ha riguardo al valore di mercato del bene medesimo, l’amministrazione finanziaria è tuttavia legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro; ed è onere probatorio del contribuente (anche con ricorso ad elementi indiziari) superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto a prezzo inferiore” (Cass. nn. 4914/86, 2101/90, 14448/00, 14581/01, 21055/05, 12899/07, 4057?07); ritenuta l’infondatezza del secondo motivo di impugnazione, articolato per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 324, 325. 326 e 327 c.p.c., per aver la CTR trascurato l’avvenuta formazione di giudicato, essendo stato l’appello proposto da un Ufficio, quello di Firenze (OMISSIS), diverso da quello di Firenze (OMISSIS) che era competente ad emettere l’avviso di accertamento impugnato dal P.. Ed invero, secondo l’orientamento di questa Corte, “In tema di procedimento tributario, la notifica da parte del contribuente dell’atto di impugnazione – nel caso di specie dell’appello – presso un ufficio dell’Agenzia delle entrate non territorialmente competente, perchè diverso da quello che aveva emesso l’atto impositivo, non comporta nè nullità nè decadenza dell’impugnazione. A tale conclusione si giunge sia per il carattere unitario della stessa Agenzia delle entrate, sia per il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità, sia, infine, per il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato” (Cass. 29465/08).

tutto ciò premesso e considerato, ritenuto, in conclusione, che il ricorso deve essere pertanto rigettato per la sua manifesta infondatezza e che a tale declaratoria segue la condanna dei ricorrenti in solido alla rifusione delle spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese che liquida in Euro 2.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2010

 

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