Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 192 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 192 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 5575-2008 proposto da:
SCARPA ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TACITO 23, presso lo studio dell’avv. DE MICHELI CINZIA,
rappresentato e difeso dagli avvocati FENZO CHIARA e
NIENGHINI MARIO giusta procura in atti;
– ricorrente –


contro

t9o.Ab
.21(38

PITTERI CORRADO, domiciliato ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’avvocato AUTIERO GENNARO in 30172 VENEZIA
MESTRE, Via Olivi 2, giusta procura in atti;

Data pubblicazione: 09/01/2014

– controricorrente avverso la sentenza n. 785/2007 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 18/06/2007 R.G.N. 898/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRINIA;

AURELIO GOLIA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20 marzo 2003 Pitteri Luciano, premesso di
condurre in locazione dal gennaio 1983 l’appartamento sito in Favaro
Veneto, via Staulanza n. 5, adiva il Tribunale di Venezia per sentir
condannare il locatore Scarpa Angelo alla restituzione della somma di C
17.623,32, oltre interessi, corrisposta in eccedenza, dal mese di gennaio
1993, rispetto al canone legale.
Lo Scarpa resisteva alla domanda, eccependo tra l’altro la prescrizione
e la mancanza di prova dei versamenti fino all’anno 1996 (compreso).
Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 13 dicembre 2004,
accoglieva la domanda e condannava il locatore al pagamento, in
favore del conduttore, della somma di complessivi C 18.848,67, con gli
interessi legali dalle singole scadenze dei pagamenti al saldo, nonché
delle spese di lite.
Il primo giudice, rigettata l’eccezione di prescrizione, riteneva la
documentazione prodotta sufficiente a dimostrare il pagamento del
canone mensile indicato negli estratti conto bancari, da cui risultavano
versamenti, tutti eseguiti il giorno 5 di ogni mese; rilevava che la
determinazione dell’equo canone – emergente dal prospetto prodotto non era stata contestata e che risultava a credito del ricorrente
l’importo pari alla differenza, di mese in mese maturata, tra il canone
corrisposto ed il minor canone dovuto in base ai parametri di legge.
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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Avverso tale decisione Scarpa Angelo proponeva appello, eccependo la
nullità del ricorso di primo grado, per difetto di mandato da parte di
Pitteri Luciano, atteso che il mandato a margine del ricorso risultava
rilasciato da Pitteri Corrado, nonché l’inammissibilità della domanda
per difetto di legittimazione attiva del ricorrente Pitteri Luciano, in

eventualmente spettante a Pitteri Corrado, effettivo conduttore, e
chiedendo comunque il rigetto della stessa perché infondata e, in
subordine, la ridetermina.zione della corresponsione degli interessi dalla
data della domanda.
All’impugnazione

resisteva

Pitteri

Corrado,

deducendo

l’inammissibilità del gravame, rappresentando che per mero errore
materiale, contenuto nel ricorso e perpetuatosi nel corso del giudizio, il
suo prenome era stato indicato come Luciano e chiedendo la
correzione di tale errore.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 18 giugno 2007,
accoglieva per quanto di ragione la proposta impugnazione e, per
l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, che confermava
nel resto, previa correzione del prenome del ricorrente (“Corrado”
anziché “Luciano”), liquidava gli interessi sulla sorte capitale
riconosciuta a decorrere dal giorno della domanda e regolava le spese
del doppio grado di giudizio di merito. •
Avverso la sentenza della Corte di merito Scarpa Angelo ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
Ha resistito con controricorso Pitteri Corrado.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va evidenziato che non può negarsi che sussiste nel caso all’esame
l’interesse ad impugnare del ricorrente, sicché l’eccezione — proposta
3

quanto questi aveva agito facendo valere in nome proprio un diritto

dal controricorrente – di inammissibilità del ricorso per assenza di
interesse, da parte dello Scarrpa ad impugnare, va disattesa.
2. Neppure sono fondati i rilievi sollevati dal ricorrente in relazione alla
procura apposta a margine del controricorso, alla luce del principio più
volte affermato da questa Corte e secondo cui la procura apposta in

rispetta il requisito della specialità, senza che occorra per la sua validità
alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro
la quale si rivolge, atteso che il rispetto di quel requisito è con certezza
deducibile, in base all’interpretazione letterale, teleologica e sistematica,
dell’art. 83 cod. proc. civ. per il fatto che il mandato forma
materialmente corpo con il ricorso od il controricorso, essendo la
posizione topografica della procura idonea – salvo che dal suo testo si
ricavi il contrario – a dar luogo alla presunzione di riferibilità della
procura medesima al giudizio cui l’atto accede, con la conseguenza che
risulta irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio
di merito (Cass. 21 maggio 2007, n. 11741; Cass. 9 maggio 2007, n.
10539; v. anche Cass., 17 dicembre 2009, n. 26504, Cass. 3 luglio 2007,
n. 15692 e Cass.19 aprile 2002, n. 5722, con la precisazione che il
principio è stato talora affermato con riferimento alla procura a
margine del ricorso, ma é chiaramente applicabile anche alla procura
apposta a margine del controricorso).
3. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (18 giugno 2007).
3.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
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calce o a margine del ricorso o del controricorso per cassazione

imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal dIgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo

applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilatfica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
5

stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto

non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso

alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
6

debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è

motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
3.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a

del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 10
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato
qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la

ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
3.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora
tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti
7

pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,

corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è
rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a
nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso

fatto controverso, in relazione al quale si assuma che la motivazione sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non
richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla
illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
4. Con il primo motivo il ricorrente denuncia testualmente “violazione
e la falsa applicazione dell’articolo 414 n. 2 e 83 c.p.c. e delle norme e
dei principi in tema di procura alle liti in relazione all’art. 360 n. 3, 4 e 5
c.p.c.” e pone il quesito di diritto di seguito fedelmente riportato: “dica

la Corte se in caso di diversità del prenome del ricorrente, rispetto al prenome di
colui che ha sottoscritto la procura alle liti, la mancanza di qualsivoglia altro
elemento identificativo, nell’interno del ricorso, atto ad identificare l’effettivo
ricorrente (data di nascita, residenza, codice fiscale) vi sia la nullità di tutti gli atti
per mancaqa di valida procura; se in caso di omissione da parte del Giudice di
merito di qualsiasi valuta.zione su detta circostanza, o di diversa conclusione; lo
stesso debba dar conto con sufficiente compiuteua dei relativi ed argomenti dell’iter
seguito per giungere alla conclusione stessa”.
4.1. Il motivo è inammissibile sia per inidoneità del quesito di diritto, in
quanto non formulato secondo i canoni indicati da questa Corte e
sopra richiamati (v. pure Cass. 30 settembre 2008, n. 24339), sia per
difetto del momento di sintesi (cd. quesito di fatto) in relazione ai vizi
motivazionali cui la stessa rubrica del motivo fa espresso riferimento.
8

previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del

5. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta “omessa insufficiente
motivazione relativamente ad un punto decisivo della controversia
(presenza di Pitteri Luciano a verbale di udienza)” e propone il
seguente quesito, dal medesimo definito “di diritto”: “dica la Corte se vi

sia mancan.za di valida procura alle liti con conseguente nullità dell’intero

sottoscritta da persona diversa dal ricorrente risultante nell’intesta.zione dell’atto e
risultante dal verbale di udien.za”.
5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di idoneo quesito di fatto in
relazione ai vizi motivazionali denunciati, non essendo, all’evidenza,
tale quello appena riportato.
6. Con il terzo motivo Scarpa Angelo censura la sentenza impugnata
per “omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un punto
decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione degli art.
2699 e 2700 c.c. in relazione agli art. 360 n. 3, 4, 5 c.p.c.” e pone il
seguente quesito di diritto, testualmente riportato: “dica la Corte se il

verbale d’udienza ha forza di atto pubblico ex art. 2699 e 2700 c.c. sm/ille
dichiarazioni rese al Giudice dalle persone intervenute e, in particolar modo circa,
l’identità delle parti presenti in udien.za e se in caso di omissione da parte del
Giudice di merito di qualsiasi valutazione su detta circostanza, o di diversa
conclusione; lo stesso debba dar conto con su iciente compiuteua dei relativi ed
argomenti dell’iter seguito per giungere alla conclusione stessa”.
6.1. Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto e per
difetto di un distinto e valido quesito di fatto relativo ai vizi
motivazionali denunciati.
7. Con il quarto motivo Scarpa Angelo lamenta “omessa insufficiente
motivazione relativamente ad un punto decisivo della controversia
(atto di precetto in nome e per conto di Pitteri Luciano — mancata
impugnazione da parte dell’appellato)”.
9

procedimento nonché della senten.za relativa nel caso in cui la procura sia

In relazione al motivo di ricorso in esame il ricorrente pone il seguente
quesito di diritto: “dica la Corte se la messa in esectkione di un provvedimento

giudkiale dato a persona con diverso prenome rispetto all’asserito titolare del
rapporto sostanziale integri comportamento avente valore coeessorio ex art. 2730
c. c. circa l’effettiva identità dell’esecutante e costituisca presunzione grave precisa e

Giudice di merito di qualsiasi valuta.zione su detta circostatka, o di diversa
conclusione; lo stesso debba dar conto con

SII

iciente compiuter dei relativi ed

argomenti dell’iter seguito per giungere alla conclusione stessa”.
7.1. Il motivo è inammissibile per quanto già evidenziato in relazione al
terzo motivo.
8. Con riferimento al quinto motivo, rubricato “violazione e falsa
applicazione degli articoli 287 c.p.c., e delle norme in tema di errore
materiale, in relazione all’art. 360 c.p.c.”, il ricorrente formula i
seguenti quesiti di diritto: “dica la Corte se il Giudice, debba offrire adeguata

motiva ione in ordine alle proprie conclusioni sui punti fondamentali della
controversia; contestando la ricostruzione dell’iter logico sotteso alle conclusioni
medesime”; “dica la Corte se in ipotesi di valuta ione dell’errore materiale, le
conclusioni del Giudice di merito debbano dare prevaletka ad atti aventi forza
probatoria privilegiata, quali il verbale di udien.za e, dar conto con sufficiente
compiute.ua dei rilievi ed argomenti dell’iter seguito per giungere alla conclusione
stessa”.
8.1 Il motivo è inammissibile per inidoneità dei quesiti di diritto,
essendo gli stessi stati formulati non in conformità ai canoni indicati
dalla giurisprudenza di legittimità e già sopra richiamati.
9. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta “violazione e falsa
applicazione dell’articolo 416 comma 3 c.p.c. in relazione all’articolo
360 n. 3 e 5 c.p.c”.

10

concordante da valutarsi ex art. 116 c.p.c; e se in caso di omissione da parte del

In relazione al motivo di ricorso all’esame il ricorrente pone il seguente
quesito di diritto: “dica la Corte se ai sensi dell’art. 416 c.p.c. sia sufficiente per

il convenuto contestare i fatti, affermati dall’attore negando gli stessi, o contesta la
veridicità di quanto affermato sen.za dover dedurre altri fatti che si oppongono a
quelli costitutivi della domanda”.

questione di fatto non censurata, essendosi il ricorrente limitato a
richiamare in rubrica il n. 5, oltre che il n. 3, dell’art. 360 c.p.c. ed
avendo però omesso ogni censura in relazione a vizi motivazionali in
relazione ai quali neppure risulta formulato il cd. quesito di fatto.
10. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
11. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità, che liquida in complessivi curo 1.800,00, di cui
curo 200.00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Sup ma di Cassazione, il 23 ottobre 2013.

9.1. Il motivo è inammissibile perché generico ed astratto e relativo a

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