Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19199 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19199 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

ha pronunciato la seguente

Ud. 18/05/2018

ORDINANZA

CC

sul ricorso 3732-2017 proposto da:
BECHI LUISA, domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato NICOLA BUQUICCHIO giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

HUMANITAS
2018
1516

MIRASOLE

SPA

in

persona

del

suo

Amministratore Delegato e Legale Rappresentante Dr.
LUCIANO RAVERA, domiciliato ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato VINCENZO PALTRINIERI giusta
procura speciale in calce al controricorso;

1

Data pubblicazione: 19/07/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 3990/2016 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 26/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/05/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO

OLIVIERI;

2

Fatti di causa
Con “doppia conforme” il Tribunale di Milano, con sentenza 28.9.2015 n. 10989, e la
Corte d’appello di Milano, con sentenza 26.10.2016 n. 3990, rigettava la domanda di
risarcimento danni non patrimoniali da perdita del rapporto parentale, proposta da Luisa
Bechi -n.q. di coniuge superstite e di cessionaria del credito al risarcimento dei danni

inadempimento contrattuale alla obbligazione avente ad oggetto la preventiva
informazione adeguata e completa che i medici della struttura sanitaria erano tenuti a
fornire al paziente in ordine ai risultati conseguibili ed ai rischi di esito infausto
dell’intervento di “correzione cardiochirurgica mediante bypass aortocoronarico” cui
si era sottoposto, presso la struttura sanitaria, il marito Rosario Marasà, decedendo in
conseguenza di atto operatorio correttamente eseguito.
Entrambi i giudici di merito pervenivano ad accertare la insussistenza della prova del
nesso causale, tra la condotta inadempiente omissiva e l’exitus, in quanto non erano stati
allegati fatti né fornite prove che il paziente ove tempestivamente e correttamente
informato si sarebbe astenuto dal sottoporsi a detto intervento chirurgico, tanto più che
lo stesso si palesava necessario, che non erano prospettabili soluzioni terapeutiche
alternative, e che il paziente già in occasione di altri precedenti analoghi interventi, era
stato debitamente informato sulle possibili conseguenze letali ed aveva consapevolmente
accettato il rischio di decesso.
La sentenza di appello, è stata impugnata per cassazione da Luisa Bechi con due
motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
Resiste con controricorso la struttura sanitaria.
Ragioni della decisione
Il primo motivo con il quale si censura cumulativamente il vizio di errore di diritto ex
art. 360co 1 n. 3 c.p.c., allegando la violazione di un complesso eterogeneo di norme di
diritto sostanziale (artt. 1175, 1176, 1281, 1375, 2230, 2236, 2727, 2729 c.c.) e
3
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

C
Stef

est.
Jivieri

spettante ai figli- nei confronti di Humanitas Mirasole s.p.a., e fondata sull’allegato

processuale (artt. 91, 92, 112, 115 e 116 c.p.c.) ed il vizio di errore di fatto sotto il
profilo della “illogica e contraddittoria” motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c., deve
ritenersi inammissibile.
Osserva il Collegio che, se la cumulativa denuncia, con il medesimo motivo, di vizi
attinenti alle ipotesi previste dall’art. 360, comma 1, n. 3) e n. 5) c.p.c. (idest :
potuto essere prospettato come un autonomo motivo), non impedisce l’accesso del motivo

all’esame di legittimità allorché esso, comunque, evidenzi distintamente la trattazione
delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto
appropriate alla fattispecie (ex art. 360co1 n. 3 c.p.c.), ed i profili attinenti alla ricostruzione
del fatto (ex art. 360co l n. 5 c.p.c.), così da consentire alla Corte di individuare
agevolmente ciascuna autonoma critica formulata alla sentenza impugnata in relazione ai
diversi vizi di legittimità contestati in rubrica (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 9793 del
23/04/2013; id. Sez.

U, Sentenza n.

9100 del 06/05/2015), diversamente, il motivo

“formalmente unico” ma articolato in plurime censure di legittimità, si palesa
inammissibile tutte le volte in cui l’esposizione contestuale dei diversi argomenti a
sostegno di entrambe le censure non consenta di discernere le ragioni poste a
fondamento, rispettivamente di ciascuna di esse: in tal caso infatti le questioni formulate
indistintamente nella esposizione del motivo e concernenti l’apprezzamento delle
risultanze acquisite al processo ed in genere il merito della causa, costringerebbero il
Giudice di legittimità ad operare una indebita scelta tra le singole censure teoricamente
proponibili e riconducibili ai diversi mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod.
proc. civ., non potendo sostituirsi la Corte al difensore per dare forma e contenuto
giuridici alle doglianze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (cfr.
Corte cass. Sez. 1, Sentenza n.

19443 del 23/09/2011; id. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del

20/09/2013), trattandosi di compito riservato in via esclusiva alla parte interessata, come

emerge dal combinato disposto degli artt. 360 e 366co1 n. 4 c.p.c. (cfr. Corte cass. Sez. 3,
Sentenza n. 18242 del 28/11/2003 id. Sez. 1, Sentenza n. 22499 del 19/10/2006; id. Sez. 1,

4
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Se

est.
Olivieri

formulazione di un singolo motivo articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe

Sentenza n. 5353 del 08/03/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 18421 del 19/08/2009; id. Sez. 1,
Sentenza n. 19443 del 23/09/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 3248 del 02/03/2012).

In ogni caso, tenuto conto che la censura di “error facti” dedotta in relazione all’art.
360co I n. 5 c.p.c. deve ritenersi ex se inammissibile attesa la preclusione di cui all’art.
348 ter, comma 5, c.p.c. (applicabile al presente giudizio, essendo stato proposto l’appello in

dimostrato il ricorrente che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado
e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, erano tra loro diverse (cfr.
Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 19001 del
27/09/2016), quando anche si dovessero riferire interamente gli argomenti svolti nella

esposizione del motivo in esame alle censure per vizi di errore di diritto, osserva il
Collegio che il motivo non sortirebbe esito diverso.
La prima parte della censura appare totalmente inconferente, in quanto parrebbe che la
ricorrente si dolga, da un lato, della scorretta applicazione dell’onere della prova in
materia di inadempimento contrattuale, non avendo considerato il Giudice di merito la
evidente infondatezza delle difese svolte da Humanitas Mirasole s.p.a.; dall’altro della
mancata considerazione della insufficienza informativa del “modulo” predisposto dalla
struttura sanitaria.
Fermo il principio ormai consolidato di questa Corte secondo cui, in tema di prova
dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione
contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto
provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte,
mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui
pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed anche nel caso in cui sia dedotto non
l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante
sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di
doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza
5
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Cpist.
Stefno ÒIivieri

data successiva all’11.9.2012 : cfr. art. 54 DL n. 83/2012 conv. in legge n. 134/2012), non avendo

dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando
ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento (cfr.
Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001), è appena il caso di osservare
come la Corte d’appello ha ritenuto pienamente provata la condotta di inadempimento
dei sanitari della struttura all’obbligo informativo preventivo, avendo rilevato che il
contenuto del modulo predisposto dalla struttura sanitaria e sottoposto alla sottoscrizione

“la piena conoscenza della natura dell’intervento chirurgico, della sua portata ed
estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze
negative”.

Risultando acclarato dal Giudice di merito l’inadempimento ex contractu, ogni
censura relativa al riparto dell’ “onus probandi” in ordine alla dimostrazione della
mancanza od insufficienza del consenso informato appare inconferente, del tutto
incomprensibile poi essendo la doglianza della mancata considerazione da parte della
Corte di appello che Humanitas Mirasole s.p.a. si era difesa sostenendo invece la
completezza del contenuto informativo del “modulo” del consenso informato.
La Corte d’appello ha, invece, rigettato la domanda risarcitoria, in punto di mancanza
di prova del nesso eziologico tra il danno-conseguenza (perdita del rapporto parentale)
seguito all’exitus del paziente e l’indicato inadempimento contrattuale, non avendo i
danneggiati neppure allegato che il paziente, ove correttamente informato, avrebbe
desistito dal sottoporsi all’intervento chirurgico, né tanto meno che nel caso di specie
fossero praticabili alternative terapeutiche al detto intervento di correzione
cardiochirugica mediante bypass aortocoronarico.
In tal modo il Giudice territoriale si è conformato al principio di diritto enunciato da
questa Corte secondo cui “in tema di responsabilità professionale del medico, in
presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole
dell’arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale
intervento non sia stato preceduto da un’adeguata informazione del paziente circa i
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RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Cc
Stefan

est.
livieri

del paziente presentasse un “contenuto effettivamente generico” tale da non consentire

possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a
risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che,
ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non
potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna
rilevanza causale sul danno alla salute”

(cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2847 del

09/02/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 7237 del 30/03/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 20984 del

13/10/2017; id. Sez. 3 – , Ordinanza n. 2369 de/ 31/01/2018).

Orbene del tutto infondata appare la critica svolta dalla ricorrente laddove ipotizza che
il predetto principio di diritto troverebbe applicazione esclusivamente in ipotesi di danni
alla salute diversi dalla morte del paziente, non essendo ancorata tale asserzione ad alcun
criterio logico-giuridico, non essendo all’evidenza rilevante la mera statistica dei casi
osservati nei precedenti giurisprudenziali in cui il paziente era sopravvissuto, non
essendo tale dato congruente con una diversa applicazione del principio di diritto sopra
affermato che pone l’onere probatorio del nesso di causalità tra inadempimento
contrattuale e danno-conseguenza in ogni caso a carico del danneggiato, e cioè del
soggetto che agisce in giudizio vantando la pretesa risarcitoria (sia esso lo stesso
paziente, siano essi i parenti sopravvissuti al paziente deceduto).
Ed è appena il caso inoltre di osservare come -in contrario a quanto ipotizzato dalla
ricorrente- se, per un verso, l’onere della prova del nesso eziologico non può che gravare
sul danneggiato, in quanto elemento costitutivo della pretesa al risarcimento del danno
(cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 9085 del 19/04/2006; id. Sez. 2, Sentenza n. 17306 del
31/07/2006; id. Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 975 del
16/01/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 17143 del
09/10/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 21177 del 20/10/2015; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 18392 del
26/07/2017; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 29315 del 07/12/2017; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 3704 del
15/02/2018), rimanendo a carico del danneggiato la prova dell’esistenza del contratto e

dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie),
nonchè del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando
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RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Stef

. est.
\Olivieri

27/11/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 2998 del 16/02/2016; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 24074 del

invece a cario del professionista sanitario o dell’ente ospedaliero la prova che la
prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati
determinati da un evento imprevisto e imprevedibile; per altro verso tale soluzione,
avuto riguardo all’oggetto della prova che si risolve nella prognosi postuma dalla scelta
che il paziente in base ad elementi circostanziali inequivoci (che vanno ad investire la
storia, non soltanto clinica ma anche sociale, familiare e più ancora la sensibilità

informato, non può che riversarsi, avuto riguardo al principio cd. della “vicinanza della
prova”, a carico dello stesso soggetto interessato o dei parenti più prossimi i quali in
ogni caso (tanto in caso di sopravvivenza che di decesso del paziente) appaiono
certamente le fonti più idonee e dirette per riferire in ordine ai fatti rilevanti da cui
inferire la scelta che avrebbe compiuto il congiunto.
Del tutto errata e fraintesa è la lettura effettuata dalla ricorrente della proposizione,
estrapolata dall’intero contesto motivazionale, tratta dal precedente di questa Corte cass.
Sez. U, Sentenza n. 577 del 11/01/2008 secondo cui nell’ambito dei rapporti contrattuali,
il soggetto che agisce per il risarcimento del danno è tenuto ad allegare inadempimento
“qualificato” tale cioè da essere compatibile -quale fatto generatore- con l’evento cui si
ricollega il danno-conseguenza di cui la parte contraente chiede il ristoro, mentre spetta
al debitore “dimostrare che tale inadempimento non vi è proprio stato, ovvero che, pur
esistendo, non è stato nella fattispecie causa del danno “.

Osserva il Collegio che le

Sezioni Unite non hanno inteso -come invece pare ritenere la ricorrente- operare una
inversione di indirizzo in tema di riparto dell’onere della prova, secondo l’ordinario
criterio desunto dall’art. 2697 c.c., che pone a carico di colui che agisce in giudizio
l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa e quindi, nel caso di specie, anche l’
“eventum damni” e la sua relazione di derivazione causale dalla specifica condotta di
inadempimento: in tal sensi depone la successiva giurisprudenza di legittimità che
richiamandosi all’arresto delle Sezioni Unite ha continuato senza incertezze ad attribuire
il relativo onere probatorio alla parte danneggiata. La proposizione della motivazione
della sentenza n. 576/2008 richiamata dalla ricorrente, deve -infatti- intendersi nel senso
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RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Cons
Stefano tWieri

culturale e psicologica del paziente) avrebbe adottato se fosse stato compiutamente

che, una volta che attore abbia dimostrato (art. 2697 comma 1 c.c.) i fatti che
costituiscono il fondamento del diritto al risarcimento dei danni (prova del titolo —
allegazione dell’inadempimento — prova dell’ “eventum damni” — prova logica della non
incompatibilità della derivazione dell’ “eventum damni” dal fatto di inadempimento
allegato – prova della esistenza “an” e della dimensione “quantum” delle conseguenze
pregiudizievoli riconducibili alla predetta sequenza causale), grava sul debitore l’onere

del diritto fatto valere in giudizio (art. 2697 comma 2 c.c.), tra cui eventuali fatti
generatori dell’ “eventum damni” esterni alla condotta inadempiente e che rivestono
autonoma ed assorbente efficienza causale, in quanto non riconducibili alla sfera di
controllo del debitore e da quello non originati, ed tali anzi da rendere impossibile “in
relazione al titolo dell’obbligazione od alla natura dell’oggetto” (art. 1256 c.c.) la
realizzazione del risultato negoziale programmato avuto riguardo al limite massimo
dello sforzo esigibile dal debitore: in sostanza il debitore per liberarsi dalla
responsabilità contrattuale per il danno derivato dall’inadempimento, deve fornire la
prova del “fatto che ha causato la impossibilità” del corretto adempimento della
obbligazione (art. 1259 c.c.), così da escluderne qualsiasi incidenza causale nella
determinazione dell’ “eventum damni” (cfr., da ultimo Corte cass. id. Sez. 3 -, Sentenza n.
18392 del 26/07/2017; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 29315 del 07/12/2017; id. Sez. 3 -, Sentenza n.
3704 del 15/02/2018).

Venendo alla specifica questione sottoposta all’esame di questa Corte, rileva il
Collegio che, identificato l’ “eventum damni” con il decesso del paziente, ed
incontestato che il paziente ha autorizzato i medici ad eseguire l’intervento chirurgico, e
che l’atto operatorio necessario -in difetto di soluzioni terapeutiche alternative- è stato
condotto correttamente, non potendo quindi ascriversi a colpa medica l’evento infausto
trattandosi di esito rientrante tra quelli “normalmente prevedibili” avuto riguardo alla
tipologia di intervento chirurgico praticato su un paziente che aveva già subito
precedenti analoghi interventi comportanti il medesimo rischio di esito letale (esame
emodinamico diagnostico; angioplastica coronarica), deve ritenersi che la sequenza
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RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Con est.
Stefano livieri

della prova dei fatti contrari o di fatti diversi che comportino la estinzione o la modifica

causale tra inadempimento contrattuale ed evento dannoso non può che essere ricercata
avuto riguardo al fatto-inadempimento della “omessa informazione preventiva del
rischio letale correlato all’intervento chirurgico”, individuato quale fatto idoneo ad
agire nel determinismo causale dell’evento di danno in quanto qualificato dalla ipotesi da sottoporre a verifica controfattuale- che tale rischio se reso noto e considerato non

Dal che deriva in termini di riparto probatorio, richiamate le considerazione sopra
svolte, che :
a) i danneggiati sono onerati della dimostrazione della compatibilità eziologica tra
l’exitus e la omessa/insufficiente informazione fornita preventivamente al
paziente, in quanto fatto di inadempimento causalmente qualificato
b) la struttura sanitaria, una volta dimostrato dai danneggiati il nesso di derivazione
causale tra inadempimento contrattuale ed exitus, è onerata della prova che
l’evento dannoso si sarebbe -comunque- verificato per una causa esterna idonea
ad assorbire integralmente la efficienza causale dell’evento-danno eliminando
quindi qualsiasi incidenza eziologica, anche solo concorrente, della omissione
informativa.
Orbene, come ripetutamente affermato da questa Corte, l’inadempimento
contrattuale da omessa informazione preventiva in ordine ai risultati conseguibili ed ai
rischi di esiti negativi e finanche letali dell’intervento chirurgico, se evidenzia una
relazione causale diretta tra violazione contrattuale e compromissione dell’interesse
giuridico del paziente a compiere in piena autonomia una valutazione complessiva dei
“costi-benefici” dell’intervento, che non si limita soltanto al risultato terapeutico, ma
investe anche aspetti ulteriori quali gli eventuali effetti collaterali invalidanti, la durata
della riabilitazione, il perdurare o riprodursi di sofferenze dovute ai postumi, la
accettazione di eventuali mutamenti irreversibili delle abituali condizioni di vita,
potendo in tal caso lamentare il soggetto leso di aver subito -a causa
dell’inadempimento- un pregiudizio alla propria sfera giuridica per il fatto stesso di non
10
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Cons. est.
Stefi4vieri

sarebbe comunque stato accettato dal paziente.

avere potuto esercitare la autonomia privata, indipendentemente da eventuali ulteriori
conseguenze dannose (cfr. Corte eass. Sez. 3, Sentenza n. 2847 del 09/02/2010; id. Sez. 3,
Sentenza n. 12205 del 12/06/2015 -che individuano il danno in relazione alla lesione del diritto
fondamentale alla autodeterminazione dell’individuo-), non altrettanto evidenzia “ex se”, con

assoluta diretta immediatezza, la relazione causale con altre conseguenze
pregiudizievoli, quali per l’appunto il danno da lesione del diritto alla salute, quale esito

con riferimento a tale evento- la omessa informazione assume di per sé carattere neutro
sul piano eziologico, in quanto la rilevanza causale dell’inadempimento viene a
dipendere indissolubilmente dalla alternativa “consenso/dissenso” che qualifica detta
omissione, laddove, in caso di presunto consenso, l’inadempimento, pur esistente,
risulterebbe privo di alcuna incidenza deterministica sul risultato infausto
dell’intervento, in quanto comunque voluto dal paziente; diversamente, in caso di
presunto dissenso, assumendo invece efficienza causale sul risultato pregiudizievole, in
quanto l’intervento terapeutico non sarebbe stato eseguito -e l’esito infausto non si
sarebbe verificato- non essendo stato voluto dal paziente.
La allegazione dei fatti dimostrativi della opzione “a monte” che il paziente avrebbe
esercitato viene, quindi, a costituire elemento integrante dell’onere della prova del nesso
eziologico tra l’inadempimento e l’evento dannoso, che in applicazione dell’ordinario
criterio di riparto ex art. 2697, comma 1, c.c., compete ai danneggiati.
Ed è tale prova che, secondo la Corte d’appello, è difettata nel caso di specie, in
quanto non soltanto non sarebbe stato neppure allegato, dal coniuge superstite,
l’ipotetico dissenso a sottoporsi all’intervento che avrebbe manifestato il marito, ove
preventivamente informato dei rischi, ma al contrario dalle risultanze istruttorie erano
emersi elementi sintomatici che deponevano per la presunzione del consenso da parte del
paziente, individuati nella assenza di soluzioni terapeutiche alternative possibili, e nella
circostanza che già in precedenza il paziente aveva espressamente accettato il rischio di
esito letale quando si era sottoposto ad interventi analoghi (gli elementi di indagine
11
RG n. 3732/2017
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Con
Stefan Olivieri

negativo prevedibile dell’atto operatorio eseguito “secundum leges artis”, atteso che –

addotti per la prima volta con il ricorso per cassazione -pag. 14- necessitando di
valutazioni di merito ed accertamenti in fatto non sono evidentemente esaminabili in
sede di legittimità e, comunque, vengono a sostanziarsi in mere ipotesi ed illazioni, non
risultando coerente con l’oggetto della prova, la circostanza delle plurime polizze
assicurative sanitarie stipulate dal paziente).

difensivi svolti nel motivo in esame, tutti volti ad affermare che risultava pienamente
accertato l’inadempimento dell’obbligo di fornire al paziente un consenso informato,
fatto questo dato per pacifico dalla Corte territoriale e che non investe, pertanto, il
fondamento motivazionale della decisione impugnata interamente incentrata sul piano
della esclusione del nesso eziologico tra omessa informazione ed exitus.
Secondo motivo : violazione degli artt. 2, 13, 32 Cost. ; art. 54 c.p.; artt. 33 legge n.

833/1978; art. 31 Codice deontologico della professione medica, nonché vizio di omessa
o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360co1 nn. 3 e 5 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso ripete la stessa struttura del precedente motivo,
incorrendo nella stessa sanzione di inammissibilità, non essendo dato eviscerare nello
svolgimento degli argomenti difensivi, quelli a supporto del vizio di “error in
judicando” (art. 360co 1 n. 3 c.p.c.) da quelli svolti a sostegno del distinto vizio di
legittimità contemplato dall’art. 360co 1 n. 5 c.p.c., comunque precluso dall’art. 348 ter
comma 5 c.p.c. applicabile ratione temporis.
Il motivo si palesa comunque inconferente rispetto alla “ratio decidendi”.
La parte reitera le allegazioni concernenti “la mancanza di un adeguato consenso”, il
contenuto del modulo “totalmente generico e non dettagliato nella descrizione
dell’intervento” nonché “privo del benchè minimo riferimento ai rischi mortali ed alle
devastanti conseguenze proprie della terapia interventistica consigliata e praticata “,
ma sul punto non vi è statuizione contraria oggetto di impugnazione: la Corte d’appello

12
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Co
Stefanb livieri

Inconferenti rispetto alla “ratio decidendi” appaiono anche gli ulteriori argomenti

ha infatti pacificamente ritenuto sussistere la prova dell’inadempimento omissivo dei
sanitari.
La giurisprudenza richiamata (Corte cass. III sez. sentenza del 16.5.2013 n. 11950)
non smentisce affatto le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata in ordine alla
necessaria prova del nesso eziologico tra omessa informazione e danno (quale
conseguenza prevedibile) derivato dall’intervento terapeutico (correttamente eseguito),

alla salute, tra la domanda di inadempimento per errata esecuzione della prestazione
terapeutica e la domanda di inadempimento per omessa prestazione avente ad oggetto il
“consenso informato”, quanto “solo nel secondo caso [ndr colpa professionale medica],
a differenza che nel primo [omessa informazione sui rischi ], la lesione della salute si
ricollega causalmente alla colposa condotta del medico nell’esecuzione della
prestazione terapeutica, inesattamente adempiuta, e non alla omessa informazione in sè,
occorrendo altresì provare – e tale onere compete al danneggiato – che l’adempimento
da parte del medico dei suoi doveri informativi avrebbe con certezza prodotto l’effetto
della non esecuzione dell’intervento chirurgico

dal quale lo stato patologico è poi

derivato, (v. sul punto anche Cass. n. 2847/2010 in motivazione). Nel primo caso,
invece, la mancanza di consenso può assumere rilievo a fini risarcitori, anche ove non
sussista lesione della salute (cfr. Cass., nn. 2468/2009) o se la lesione della salute non
sia causalmente collegabile alla lesione di quel diritto, tutte le volte in cui siano
configurabili conseguenze pregiudizievoli (di apprezzabile gravità, se integranti un
danno non patrimoniale) che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale
all’autodeterminazione in se stesso.”.
Rimane quindi una mera asserzione del tutto anapodittica che il paziente, ove
preventivamente informato, avrebbe con certezza rifiutato di sottoporsi all’intervento
chirurgico cui è stato sottoposto con esito infausto.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
13
RG n. 3732/2017
ric. Bechi Luisa c/ Humanitas Mirasole s.p.a.

Con est.
livieri
Stef

essendo ribadita in motivazione la diversità, ai fini della relazione causale con il danno

P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito
dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti
per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso
articolo 13 .

accessori di legge.

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