Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19196 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 03/04/2017, dep.02/08/2017),  n. 19196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17339-2013 proposto da:

FINTECHNO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PURI, che lo

rappresenta e difende con procura speciale del Delegato dal Console

Generale d’Italia MANZAN IVANO in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2012 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO,

depositata il 21/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PURI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Fintechno nell’anno 1990 stipulò un contratto con P.G.. In virtù di tale contratto quest’ultimo, in cambio di 6 miliardi di Lire, cedette alla prima il credito futuro ed incerto che vantava nei confronti dell’Università Roma 2, scaturente da una procedura di espropriazione per pubblica utilità.

Il contratto aveva un termine di durata, che scadde prima che si concludesse il contenzioso inerente la determinazione dell’indennità di espropriazione.

Nel 2001 le stesse parti stipularono un secondo contratto, in virtù del quale:

(a) il prezzo della cessione venne ridotto a 4,5 miliardi di Lire;

(b) P.G. contestualmente riconobbe di essere debitore di Fintechno di 4,5 miliardi di Lire, a titolo di restituzione di somme versategli negli anni a titolo di finanziamento;

(c) si stabilì che alla Fintechno sarebbe spettata l’eventuale eccedenza dell’indennità di espropriazione rispetto alla somma di 4,5 miliardi di Lire.

Concluso il contenzioso tra P. e l’Università, l’indennità di espropriazione risultò alla fine di Euro 274.000 luogo dei 2,3 milioni di Euro previsti.

Il contenzioso terminò con una sentenza di ottobre 2003 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che dichiarò inammissibile il ricorso.

2. All’esito di questi accadimenti, la Fintechno iscrisse al passivo del bilancio d’esercizio 2004-2005 una “sopravvenienza passiva” per l’importo di 2 milioni di Euro, pari alla differenza tra il prezzo pagato a fronte del credito cedutole da P., e quanto quel credito alla fine fruttò.

3. Nell’anno 2005 la società Fintechno s.r.l. venne sottoposta ad una verifica fiscale.

Essa si concluse, nel 2007, con un processo verbale nel quale venne contestata alla Fintechno la “non inerenza” della suddetta sopravvenienza passiva. L’Agenzia delle entrate, in particolare, ritenne che la società contribuente avesse “sopravvalutato il credito”, e non ne avesse documentato l’inerenza.

4. Nel 2007 alla Fintechno venne notificato un avviso di accertamento, col quale le si contestò che l'”onere straordinario” rappresentato dalla minore realizzazione del credito che si sperava più fruttuoso, doveva essere iscritta nel bilancio d’esercizio 2003-2004, cioè l’esercizio durante il quale, con la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, era divenuta certa l’entità del credito cedutole.

5. La Fintechno propose opposizione avverso il suddetto avviso di Ci accertamento,che venne accolta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza 20.11.2009 n. 468/46/09.

6. Tuttavia la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, adita dall’Agenzia delle Entrate, con sentenza 21.5.2012 n. 72/9/12, accolse l’appello e rigettò l’opposizione all’avviso di accertamento.

Ritenne la Commissione Regionale:

-) che la Fintechno non avesse mai sostenuto alcun esborso nei confronti di P. (e di conseguenza la circostanza che il credito da questo cedutole non fosse risultato dell’entità attesa non aveva creato nessuna perdita per la Fintechno);

-) che la cessione del credito tra P. e Fintechno fosse sottoposta ad una condizione sospensiva, che non si era mai verificata.

7. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Fintechno, con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce, al riguardo, di avere col ricorso introduttivo del presente giudizio, invocato l’illegittimità dell’avviso di accertamento, poichè in esso erano contenute contestazioni diverse da quelle contenute nel processo verbale conclusivo dell’ispezione; di avere lamentato che questa diversità le aveva impedito di formulare le proprie osservazioni prima che fosse emanato il suddetto avviso; di avere riproposto la questione in grado di appello, ma senza che la Commissione Regionale si pronunciasse su essa.

1.2. Il motivo è infondato.

L’omessa pronuncia su una eccezione preliminare non può dirsi esistente, quando l’accoglimento di quell’eccezione preliminare sarebbe risultato incompatibile con la decisione sul merito.

In tal caso, infatti, l’accoglimento della domanda comporta per necessità logica l’implicita reiezione dell’eccezione preliminare.

Questi principi sono da tempo pacifici nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale si deve ritenere “implicita la statuizione di rigetto ove l’eccezione (…) non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (così Sez. 1, Sentenza n. 17956 del 11/09/2015; nello stesso senso, tra le tante, Sez. L, Sentenza n. 1360 del 26/01/2016).

Nel caso di specie, appare evidente che la Commissione Regionale, esaminando nel merito i motivi di opposizione del contribuente, abbia implicitamente rigettato l’eccezione preliminare di nullità dell’avviso di accertamento.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 97 Cost.; L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha errato nel ritenere legittimo un avviso di accertamento pronunciato all’esito di una ispezione, ma non preceduto da un invito a dedurre.

Il contribuente, infatti, aveva svolto le sue difese in merito alla contestazione contenuta nel verbale ispettivo (“non inerenza” della perdita), e non rispetto alla contestazione formulata per la prima volta solo nell’avviso d’accertamento (“erronea imputazione della perdita nel bilancio dell’anno successivo”).

2.2. Il motivo è infondato.

Tra il processo verbale di constatazione, conclusivo di un accertamento ispettivo, ed il successivo avviso di accertamento, non esiste alcun vincolo.

Lo hanno affermato ore rotundo le Sezioni Unite di questa Corte, allorchè dichiararono “tesi chiaramente infondata” quella che affermava l’esistenza del carattere “vincolato” dell’avviso di accertamento rispetto al verbale di constatazione sul quale si basa (Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013, in motivazione).

L’avviso di accertamento, pertanto, può contenere contestazioni maggiori, minori o diverse da quelle contenute nel verbale di constatazione.

Una volta esclusa l’esistenza d’un nesso di implicazione necessaria tra processo verbale di constatazione ed avviso di accertamento, ne discende che la Commissione Regionale non ha violato la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Quella previsione, infatti, impone a pena di nullità (come ritenuto dalla ricordata sentenza n. 18184 del 2013) il rispetto di un termine dilatorio minimo tra la comunicazione del verbale e la notifica dell’avviso di accertamento, termine dilatorio che nel caso di specie è stato rispettato, ma non commina alcuna nullità nell’ipotesi di divergenza tra contestazioni contenute nel verbale, e contestazioni contenute nell’avviso di accertamento.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha pronunciato ultra petita, perchè, mentre nell’avviso di accertamento le era stato contestato di avere erroneamente appostato un debito nel bilancio dell’esercizio 2005 invece che, come avrebbe dovuto, in quello dell’esercizio 2004, la Commissione Regionale ha accolto l’appello dell’erario sul presupposto che la Fintechno non avesse mai acquistato alcun credito, dalla cui perdita è derivata la minusvalenza appostata a bilancio.

3.2. Il motivo è fondato.

La Agenzia delle entrate non risulta avere mai contestato al contribuente che la cessione del credito concordata con P.G. fosse fittizia; che il credito non esistesse; che il cedente non gliel’avesse ceduto.

Anzi, nella motivazione dell’avviso di accertamento si legge: “è indubbio che il corrispettivo da pagare per il credito acquisito è pari ad Euro 2.324.056”.

Pertanto affermare in sentenza che il recupero a tassazione fu corretto, perchè il credito (perduto e appostato in bilancio tra le perdita) in realtà non esisteva, ha significato porre a fondamento dell’avviso di accertamento un fatto oggettivamente nuovo.

4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso.

4.1. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Con ambedue questi motivi la ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta, in particolare, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 83,101 e art. 109, commi 1 e 9.

Deduce che la Commissione Regionale avrebbe errato nel ritenere corretto l’operato dell’Agenzia delle entrate, consistito nel ritenere illegittimo il criterio temporale adottato dalla Fintechno per l’imputazione a bilancio della minusvalenza (e cioè nell’esercizio del 2005 invece che in quello del 2004).

4.2. Ambedue i motivi sono inammissibili, per difetto di rilevanza.

La Commissione Regionale infatti non ha esaminato il problema della correttezza del criterio temporale di imputazione. Per la Commissione Regionale, come già detto, la Fintechno semplicemente non aveva il credito che assumeva di avere perduto; e non avendolo perduto, non poteva appostare la relativa minusvalenza.

Pertanto i motivi in questione impugnano in sostanza una statuizione che nella sentenza d’appello non c’è.

5. Il sesto motivo di ricorso.

5.1. Col sesto motivo di ricorso (contraddistinto in ricorso con l’aggettivo ordinale “settimo”) la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 8, e art. 163.

Deduce, al riguardo, che l’avviso di accertamento si sarebbe dovuto dichiarare illegittimo perchè, anche ad ammettere che l’imputazione a bilancio della sopravvenienza passiva fosse avvenuta in violazione del principio di competenza, il credito erariale si sarebbe dovuto “compensare” con la maggior imposta prelevata l’anno precedente, in conseguenza della mancata appostazione a bilancio della sopravvenienza passiva.

5.2. Il motivo è inammissibile.

In esso infatti si prospetta una censura sostanzialmente rivolta non contro la sentenza di secondo grado, ma contro l’avviso di accertamento.

6. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

 

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

(-) rigetta i restanti motivi di ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta civile della Corte di cassazione, il 3 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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