Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19195 del 08/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 08/09/2010), n.19195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

Compagnia Europea di Previdenza S.p.a. in l.c.a. in persona del

commissario liquidatore in carica;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 173/26/07, depositata il 26.11.2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Lette le conclusioni scritte dell’Avvocatura Generale dello Stato per

conto dell’Agenzia delle Entrate.

udito il P.G..

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, con la quale e stato respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado della CTP di Roma, con cui era stato accolto il ricorso della contribuente avverso il silenzio rifiuto al rimborso di ritenute d’acconto su interessi maturati nel periodo di procedura concorsuale; ritenuto che la contribuente non si è costituita;

ritenuto che la ricorrente ha lamentato con l’unica doglianza la violazione e falsa a applicazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 125, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 10); ritenuto che il motivo di doglianza merita di essere condiviso alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “I sostituti d’imposta indicati nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, comma 2, hanno l’obbligo di operare le ritenute d’acconto sugli interessi di conti correnti e di depositi bancari e postali anche quando l’impresa a favore della quale sono corrisposti sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, non rilevando in contrario la circostanza che – per il combinato disposto dell’art. 125 T.U.I.R. (approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 18 e art. 31 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 10 – l’accertamento di un effettivo debito d’imposta sul reddito d’impresa dell’ente possa essere compiuto soltanto nella fase di chiusura della liquidazione, ove risulti un “residuo attivo” imponibile. Ad un tal esito, infatti, dall’imposta che risulterà dovuta si scomputeranno gli acconti prelevati dai sostituti nel corso della procedura e versati all’Erario, mentre insorgerà, invece, il diritto dell’ente medesimo al rimborso totale o parziale di dette somme, nell’opposta ipotesi in cui, in base alle risultanze del conto di gestione e del bilancio finale, non siano dovute imposte sui redditi d’impresa o siano dovute imposte per un ammontare inferiore a quello delle ritenute d’acconto, senza che ciò si ponga in contrasto con il principio di capacità contributiva e il diritto di difesa. Nel caso (ricorrente nella specie) del reddito di capitale delle persone giuridiche tassato in base al bilancio, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 4, nel disporre che la ritenuta è eseguita a titolo di acconto, senza menzionare il modo in cui deve avvenire la liquidazione dell’imposta, regolato da distinte disposizioni, comporta che la disciplina della ritenuta d’acconto non è condizionata dalle concrete modalità della liquidazione dell’imposta: le particolari finalità di ordine pubblicistico della procedura concorsuale, pertanto, non assumono rilievo di fronte ad un siffatto quadro normativo, configurante un meccanismo di conguaglio fra somme versate in acconto e somme dovute in base alla liquidazione finale dell’imposta, da applicarsi senza deroghe a tutti i contribuenti in virtù del principio di eguaglianza tributaria, che risulterebbe invece violato ove si accogliesse la tesi della “momentanea intassabilità” degli interessi corrisposti all’avente diritto” (Cass. n. 10974/07 12433/04, n. 57/05);

ritenuto, in conclusione, che il ricorso proposto, alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata; ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della lite proposto dalla contribuente; ritenuto che sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei giudizi di merito in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si è consolidato solo dopo l’introduzione della lite e la definizione dei due gradi di merito mentre, relativamente al giudizio di legittimità le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della lite proposto dalla contribuente. Compensa le spese dei giudizi di merito;

condanna la contribuente alla rifusione del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900.00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2010

 

 

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